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quando lo fa segno di un rapporto di ragione di intelligibilità tra B
ed A, alla condizione però che tale rapporto venga considerato non come la
ragione prima ed originaria del rapporto di predicazione, ma come una
conseguenza di uno dei principi condizionatori dell’essenza ontica del rapporto
di predicazione stessa: infatti, se una delle condizioni per porre un nesso tra
una parte e l’unità di un tutto è che la parte sia distinta per eterogeneità
dalle altre componenti organiche e non dal tutto, e se la medesima eterogeneità
è la condizione che dev’essere data perché un’elaborazione analitica possa
esser condotta su di una individualità, è evidente che un medesimo principio
sovrasta e insieme immane al rapporto unitario e al rapporto di
intelligibilità, i due punti di vista sotto cui qui riguardiamo il giudizio
categorico; ma è del pari evidente che se questo giudizio si pone anzitutto
come rapporto di unità, la condizione dell’eterogeneità che gli è implicita gli
dà esistenza ma non ne fa, se non per corollario e per conseguenza, un rapporto
di intelligibilità. E con tutto questo non s’intende colpire di
inintelligibilità la definizione del giudizio categorico come di binomio di
rapporti simultanei, s’intende solo limitare la sua natura a descrizione dei
corollari e delle conseguenze che al giudizio categorico derivano da ciò che esso è e da ciò che esso comporta
in concomitanza con particolari rappresentazioni e discorsi che da esso
derivano. Se ora passiamo a considerare la seconda parte dell’operazione, di
cui finora abbiamo esaminato solo la
prima parte, risulta lecito aspettare maggior luce su quel processo dialettico
che in alcuni logici tra cui il Masci ho trovato indicata col nome di
presentazione dei generi: se la componente astratta, dopo esser stata intuita
nella sua unità semplice, viene per analisi scomposta nella molteplicità delle
parti eterogenee che vi si ritrovano e se uno di questi costitutivi eterogenei
viene separato per essere rappresentato isolatamente, la situazione ripetuta
porta a un nuovo giudizio copulativo che attraverso la connessione del
componente astratto all’unità sottesa al tutto mira a salvaguardare l’unità
attraverso la sintesi senza estromettere dal pensiero il diritto
dell’ulteriormente astratto a sussistere in una rappresentazione a sé stante; per la quale l’intera
operazione può essere rinnovata in un
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terzo giudizio copulativo: e la serie di questi giudizi, che assumono
la veste della categoricità in funzione dell’universalità e necessità
dell’astratto, si pone come continuità ininterrotta, avendo ognuno come
concetto-soggetto il concetto-predicato dell’immediatamente precedente e come
concetto-predicato il concetto-soggetto dell’immediatamente successivo; questo
modo che si dovrebbe chiamare sdoppiamento strutturale piuttosto che
permutazione dei generi, come quello che aduna accanto alla struttura per unità
essenziale e semplicità omogenea la struttura per sintesi organica di
eterogenei e per unità sottesa in ogni conosciuto pel quale sia data la liceità
di assumerlo a predicato e a soggetto di due giudizi copulativi, ha come
ragione del suo diritto ad essere l’esigenza, sovraordinata al giudizio
copulativo in genere, di conservare attraverso l’unità sintetica l’unità abrasa
((??)) dall’astrazione, ed insieme è principio di tutti i processi dialettici,
l’ordinamento per generi e specie degli intelligibili, il discorso per
sillogismo categorico, l’intellezione per sussunzione, il movimento deduttivo e
induttivo, il sedicente giudizio disgiuntivo, ecc. che hanno a loro essenza il
rapporto di parte a tutto -parte a tutto proprio di tre conosciuti che siano
rispettivamente predicato soggetto - predicato soggetto in tre giudizi
categorici successivi. E ancora, il secondo momento dell’operazione dialettica
cui il pensiero è avviato dall’astrazione, se da un lato fonda quella funzione
di intelligibilità che la definizione aristotelica attribuiva al discorso dal
concetto-predicato al concetto-soggetto di un giudizio copulativo-categorico,
in quanto con lo sdoppiamento strutturale il concetto-predicato è uscito
dall’indifferenziato dell’intuizione prima per acquistare la molteplicità
eterogenea condizionale dell’intellezione, dall’altro porta il pensiero a varie
considerazioni di ordine assolutamente formale intorno alla struttura, alla
relazionalità, alla funzionalità degli intelligibili: l’accostamento dei due
momenti operativi genera le seguenti nozioni formali, a) che due intelligibili,
relazionati per copulazione in un giudizio categorico, debbono sempre essere
l’uno parte costitutiva dell’altro, essendo necessario che il concetto B sia
porzione organicamente costitutiva del concetto A onde ne divenga predicato in
un giudizio categorico, con la conseguenza che quando le strutture di due
intelligibili siano in relazione di parte a tutto l’intelligibile che è
struttura-parte debba essere predicato all’altro, b) che due intelligibili,
relazionati per copulzione in un giudizio categorico, debbono essere sempre
l’uno
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fonte di intellezione per l’altro, dovendosi necessariamente dare che
l’articolazione organizzata del concetto-predicato approfondisca la
rappresentazione analitica del concetto-soggetto con ottemperanza alle esigenze
del conoscere per universali e necessari, con la conseguenza che, quando due
intelligibili sono in rapporto tale che l’uno di essi è rappresentazione per
analisi di ciò che in sintesi si dà nell’altro, quello debba acquistare
funzioni predicative ed essere predicato a questo in un giudizio categorico, c)
che di due intelligibili relazionati in un giudizio categorico ciascuno aduna
in sé simultaneamente duplice attributo strutturale e intellettivo mutevole a
seconda della funzione, essendo l’attributo intellettivo una conseguenza
dell’attributo strutturale in quanto la natura di parte dell’intellegibile che
è predicato all’altro è necessariamente principio della sua natura di fonte
dell’intellezione di questo mentre la natura di totalità dell’intelligibile che
come soggetto riceve la predicazione dell’altro è necessariamente principio
della sua natura di punto d’arrivo del discorso intellettivo muovente
dall’altro, con la conseguenza che un intelligibile che sia parte costitutiva
di un altro non solo deve essere a questo predicato in un giudizio categorico
ma deve essere assunto a suo principio di intelligibilità, e insieme un
intelligibile che sia principio di intelligibilità di un altro non solo deve
essere a questo predicato in un giudizio categorico ma deve essere anche
rappresentato come parte costitutiva di esso che si erige a sua totalità
comprensiva. Ora, queste nozioni non sono mere rappresentazioni di modi relazionali
fra concetti, bensì sono conoscenze
consapevoli di meccanismi automaticamente e inconsapevolmente operanti entro il dinamismo dialettico del pensiero e
agenti indipendentemente dalla rappresentazione intelligibile e articolata che
a un certo momento il pensiero viene a possedere su di essi: come la
definizione qui adottata a nozione dell’essenziale di un giudizio categorico
non è che la consapevole immagine articolata dell’universale composizione di
modificazioni e di rapporti cui le conoscenze intelligibili o non assumono
((??)) necessariamente, inconsapevolmente, indipendentemente dal darsi o meno
di una consapevole rappresentazione che tutto ciò riproduca, così la terza
delle considerazioni su elencate, sintesi delle altre due, è il quadro consapevolmente
dato di un’universale composizione di
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rapporti in cui meccanicamente e necessariamente gli intelligibili
entrano anche in assenza di una sua qualsivoglia rappresentazione, la qual
composizione è un meccanismo i cui spostamenti articolati sono messi in moto o
forse meglio montati in connessione e in dipendenza dal primo. Abbiamo dunque a
che fare con concetti di leggi. Tuttavia, il loro possesso consapevole muove la
coscienza a perfezionare un differente ed ulteriore meccanismo presente nel
pensiero: il fatto che un intelligibile parte di un altro sia anche fonte di
intellezione di questo si giustappone sia al fatto che la natura, posseduta dal
primo, di parte gli imponga un’articolazione organica di eterogenei minori per
quantità di quelli che strutturano l’organismo del suo tutto, sia al fatto che
sempre un intelligibile che è parte di un altro si ritrova come parte
costitutiva di totalità intelligibili altre da questo; di qui viene che il
pensiero è necessitato a riportare più intelligibili a un solo intelligibile in
un rapporto di eterogenee totalità a un’invariata e unica parte e
contemporaneamente in un rapporto di eterogenei intelligibili articolati su una
sintesi organica ad un invariato ed unico intelligibile articolato su una sintesi
organica più povera di componenti, e con ciò a montare rapporti di
intelligibilità, tradotti poi in altrettanti giudizi categorici, tra un’univoca
sorgente e una molteplicità dispersa di punti di arrivo la quale ritrova unità
nella comune dipendenza dall’univoca fonte della propria intelligibilità; in
tal modo automaticamente gli intelligibili vengono ordinandosi secondo una
disposizione per la quale intelligibili, dotati di un grado inferiore
dell’attributo che poi sarà chiamato connotazione, si fanno principio di
intelligibilità ciascuno di un certo numero di altri intelligibili dotati del
medesimo attributo ma di grado superiore e destinati a vedere se stessi mutarsi
in principi di intelligibilità e il grado del loro attributo passare dalla
superiorità precedente alla nuova inferiorità; per meccanismo necessario gli
intelligibili si dispongono dunque nello schieramento che una volta
spazializzato si figurerà in triangolo, in esso si sottomettono all’inversione
del rapporto tra connotazione e denotazione ed entrano nei rapporti reciproci
indicati dalle funzioni di genere e di specie. Se nulla si aggiungesse allo
spontaneo allacciarsi in intrecci compositi dei vari intelligibili e alla
simultanea traduzione degli allacciamenti nei verbali giudizi categorici,
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