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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 101 -150
    • 112
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 data la convertibilità di modo semplice, dovrebbe esser lecita un’identica utilizzazione di ciascuno dei due giudizi e in particolare l’utilizzazione che li erige ((??esige??)) a premesse maggiori di un univoco sillogismo che ai due intelligibili dati  ne giustapponga un terzo il che però non si verifica - infatti, dato B C.. N son A, sarà possibile procedere affermando che X è B e che X è A e servendosi del giudizio come di una premessa maggiore che è costitutiva di un sillogismo in Barbara e che ha il proprio soggetto con funzioni di medio; ma dato il giudizio A è B C...N o si deve conservare alle due altre proposizioni del precedente sillogismo, e in questo caso il sillogismo cessa di essere in Barbara, oppure pretende di conservare l’univoca struttura in Barbara, e allora diventa o impossibile o assurdo. -; d’altra parte, è lecita un’altra considerazione: il discorso sillogistico è una prosecuzione del moto dialettico iniziato nel giudizio stesso che fa da premessa maggiore, sicché, poiché il verso  del moto dialettico di un giudizio  categorico  è dal predicato al soggetto, cioè dal genere alla specie, i sillogismi che ne derivano conservano tutti il medesimo verso continuando  nella direzione delle specie; se il giudizio fosse equazionale come si pretende sia a prima vista, esso dovrebbe contenere sia la dialettica di orientamento specie-genere sia la dialettica di orientamento contrario, e i sillogismi che derivano da esso come da premessa  maggiore dovrebbero costruirsi sia secondo il primo che secondo l’altro orientamento - essendo X un genere di A ed Y una specie sottoordinata a B C...N specie immediatamente sussunte sotto A, se il giudizio A è B C...N fosse equazionale o di identità assoluta dovremmo poterlo assumere a premessa maggiore sia di un sillogismo che prenda in considerazione X, sia di un sillogismo che si costruisca su Y; dovrebbero esser leciti sia il sillogismo “ A è B C...N, X può essere A, X può essere B C...N “, sia il sillogismo “ A è B C...N, Y è A, Y è B C..N “ -; ma dei due solo il sillogismo di orientamento speciegenere è intelligibile; quindi, il nostro giudizio non è di identità assoluta. Il nostro giudizio con soggetto a funzione generica rimanda, per la sua intellezione, a quanto or ora si diceva che la rappresentazione autoriflessa delle leggi sovraordinate alle dialettiche espresse sia dal giudizio copulativo categorico sia dalle strutture sintattiche riguardanti le conseguenze formali di questo finisce o per approfondire e completare i risultati

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della dinamica naturale o automatica che sta alla base di tali dialettiche, o per provocare dinamiche nuove, avventizie, che si determinano in dialettiche eterogenee: mentre, infatti, la dinamica automatica è un movimento o spostamento di rappresentazione attentiva che da un intelligibile di connotazione determinata si porta ad un intelligibile di connotazione più povera per poi riflettersi  spostandosi  da questo a quello secondo un rapporto di parte a tutto e secondo un’inversione per la quale il secondo intelligibile viene a denotare l’altro e a possedere un’estensione più ricca come quella che è estensione uno altra dall’estensione zero del primo, e mentre la medesima dinamica automatica grazie alle nozioni consapevoli delle sue modalità necessarie si fa più complessa e completa allargandosi a un numero crescente di intelligibili che si interrelazionano ai già connessi secondo i medesimi nessi di rapporto inverso tra connotazione e denotazione, tra genere e specie, la contemplazione consapevole di un ordine piramidale di intelligibili fornisce, per analisi, rappresentazioni e interpretazioni nuove di rapporti che impongono dialettiche nuove: in una gerarchia concettuale assunta come perfetta e compiuta risulta che un intelligibile denota una serie di nozioni; dal punto di vista meramente formale e quantitativo, questa denotazione non significa se non da un lato che l’analisi degli intelligibili  denotati rivela nella connotazione di ciascuno la presenza del denotante vincolato a tanti modi qualitativi ordinatamente antecedenti quanti sono gli intelligibili sussumenti il denotante e ordinatamente seguito da un modo qualitativo particolare del denotato in esame, dall’altro che l’intellezione di ciascuno degli intelligibili denotati è condizionata dall’intellezione del denotante comune a tutti, il quale risulta dotato di intellezione già in atto in quanto totalità analiticamente rappresentata attraverso la contemplazione degli intelligibili sotto cui è sussunto. In quest’ultimo moto dialettico a finalità intellettiva l’intelligibile denotante è posto come principio mentre i denotati risultano punti di arrivo, consistendo il diritto di tale spostamento d’attenzione non tanto nella permanenza del denotante opposta alla variabilità dei denotati quanto nella modalità del moto, univoca come quella che si ripete costantemente ad ogni tentativo ((??)) di intellegibilità di un denotato, e insieme necessariamente antecedente come quello che trae la propria determinazione dalle molteplici differenze specifiche: dunque, la componente generica

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comune alla connotazione di tutti i denotati è connessa a ciascuna delle differenze specifiche non per semplice giustapposizione bensì per virtù di un rapporto, il cui particolare carattere è di fissare sia la modalità sia la condizione dalle quali i modi qualitativi del generico denotante ricevono la liceità di sussistere; questo rapporto, chiamato impropriamente di determinazione, non è un nesso di causalità, in quanto di questo possiede solo la simultaneità e non l’autosussistenza di due eterogenee modalità di due sussistenti distinti, è un nesso conformativo, nel senso che la nota speciale, che di diritto formale è un eterogeneo dal generico cui si applica, trae la necessità della propria esistenza dalla necessità della qualità generica di atteggiarsi e conformarsi in un certo modo e non dalla mera necessaria simultaneità dell’esistenza propria con l’esistenza di un eterogeneo-causa; in altre parole, la differenza specifica sta alla denotazione generica come un ordine sta a una struttura, essendo l’ordine un modo secondo cui la struttura può e deve esistere e quindi un’ appendice, per dir così necessaria, che la struttura deve trarre da se stessa se vuole sussistere, e non un eterogeneo sovraggiunto dall’esterno; è certo, allora, che il generico continuerà a funzionare da principio per l’intellezione sia della nota speciale che di tutto l’intelligibile denotato dal generico, ma è pure certo che l’attenzione intellettiva non ha bisogno di fuoriuscire dal generico per trovare la sorgente esistenziale della nota speciale e specifica, la quale quindi dev’essere pensata come parte esistente già nel generico stesso - siffatto modo di guardare agli intelligibili risulta dall’interpretazione che, ad esempio diamo, dell’animalità o vegetalità che possono giustapporsi alla vitalità in genere, oppure della qualità rettangolare o acutangolare o scalenangolare nei confronti della triangolarità in genere: è evidente che se da un punto di vista meramente formale è sufficiente la giustapposizione delle prime rappresentazioni alle seconde, dal punto di vista dell’intendimento della giustapposizione occorre una certa interpretazione del generico che è qualcosa di più e di diverso dalla mera elencazione ordinata delle note denotanti giustapposte nella sua connotazione; l’interpretazione sarà relativamente facile e certa quando si abbia che fare con rappresentazioni geometriche per le quali  intuizione del particolare e intellezione

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dell’universale coincidono, sicché basta la rappresentazione immediata di tutti i modi di relazionalità spaziale che è lecito assumano i modi concepiti come essenziali per rendersi conto che questi non sono che un impoverimento artificiale di quelli e i primi i modi che necessariamente debbono assumere i secondi (una figura a tre angoli supplementari non potrà avere ciascun angolo di misura autonoma rispetto alle misure degli altri; potrà variare la dimensione di un angolo entro quei limiti che la sua supplementarità con gli altri consente, limiti che son racchiusi tra l’angolo piatto come limite dello scaleno e l’angolo piatto come limite dell’angolo acuto); la stessa interpretazione potrà essere invece difficile e problematica per i generici non geometrici pei quali, non essendo data un’intuizione immediata coincidente con la rappresentazione essenziale, l’interpretazione consisterà sempre in un rilievo dato a un essenziale anziché a un altro senza però che tale rilievo riesca a fuoriuscire dalla natura formale di mera ipoteticità (come si verifica, ad esempio, nell’interpretazione che Bergson del vitale, entro la  cui connotazione giacciono evidentemente il vegetale e l’animale)-; d’altra parte, la liceità di assumere la differenza specifica da altro fuori di sé, la liceità cioè che la connessione tra la denotazione generica e la denotazione specifica venga rappresentata come la confluenza con adattamento per incastro di due correnti di intelligibilità di distinta origine, non può né formalmentematerialmente essere attribuita a un intelligibile generico; dal punto di vista materiale, infatti, ad un genere potrebbe essere assicurata la facoltà di attingere una differenza specifica da una sfera di intelligibilità altra da quella cui esso appartiene, alla condizione che denotazione generica e denotazione speciale godessero di una certa modalità dell’eterogeneità. Veniamo qui a toccare il discorso una delle cui foci è la nozione di intelligibile trascendentale. Il pensiero di condizione umana, riflesso su di una rappresentazione intelligibile a ruolo generico e destinata, per questo, a veder arricchita la propria connotazione dal sovraggiungere di ulteriori note per le quali la rappresentazione si fa specie di se stessa, è portato a porsi due domande: in primo luogo, deve chiedersi se l’aggiunta, che chiamiamo determinazione, sia un evento contingente e indeterministico, oppure sia un necessario divenire cui all’intelligibile non è lecito sottrarsi; in secondo luogo, deve chiedersi se la predicazione,




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