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che dev’essere attribuita a ciascuna delle note sovraggiunte al fine
di fondare la loro intelligibilità su di una ragione sufficiente, sia un
ineluttabile stato che insorge antecedentemente o successivamente
all’arricchimento determinativo operato sulla connotazione del generico ad
opera della nota specificante; la prima questione riguarda la definizione del
rapporto intercorrente fra la connotazione generica e la nota specifica, e la
sua soluzione deve decidere se il rapporto debba dirsi contingente oppure
razionale - nel primo caso, il rapporto non è sussumibile sotto il principio di
ragione e non si pone come specie di esso, risultando impossibile l’equazione
sillogistica tra il rapporto dato e il rapporto di ragione: R: C ≠ G: S,
essendo R, C, G, S i segni rispettivamente della ragione, della conseguenza,
del generico e dello specifico; nel secondo caso, la legittima sussunzione del
rapporto fra la connotazione generica e la nota specificante pone di diritto
sia la funzione di specie del rapporto nei confronti del principio di ragione
sia l’equazione proporzionale e sillogistica tra il rapporto di ragione e il
rapporto considerato: R: C = G: S -; la seconda questione investe la
legittimità della predicazione di intelligibilità alla connotazione,
predicazione per la quale si tratta di stabilire se nessuno dei predicati di
cui legittimamente gode la nota specificante si ritrovi tra i predicati della
connotazione generica oppure se alcuni dei primi compaiano anche tra i secondi,
e in questo caso se almeno uno dei predicati comuni appartiene all’ordine dei
generi sommi fondanti l’intelligibilità generale di un pensato - la prima
soluzione fonda l’eterogeneità assoluta tra la connotazione generica e la
denotazione specificante, la seconda può definire un’omogeneità parziale fra le
due -. Le due questioni sono sostanzialmente diverse e distinte, perché se la
transizione da omogeneo ad omogeneo è una delle condizioni necessarie a che
venga interpretata come rapporto di ragione, non tutti i rapporti dialettici
tra omogenei rivestono la modalità di un rapporto di ragione e un rapporto di
ragione non esclude, almeno per un pensiero di condizione umana, la dialettica
da eterogeneo ad eterogeneo, con la conseguenza in primo luogo che la
definizione dell’apoditticità o contingenza del passaggio dal generico allo
specificante in nulla determina l’omogeneità o eterogeneità
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dei due, in secondo luogo che l’omogeneità o eterogeneità del generico
e della nota specificante nulla ci dice della necessità o contingenza del
passaggio dall’uno all’altra. Se le teorie di cui Platone e Aristotele si
valsero per inquadrare in un’interpretazione totale l’insieme degli intelligibili
non attingessero la loro intelligibilità da immagini e nozioni di natura
metafisica e quindi diversa dai dati che l’analisi di tale insieme offre,
sarebbe comodo servirsene per risolvere la prima questione nel senso di
un’apoditticità del divenire del genere nella specie e dell’accettazione
dell’equazione R: C = G:S: la naturale dicotomia platonica degli intelligibili,
determinazione o rifrazione nella sfera del razionale di un universale
principio di epifania o di involuzione cosmica, segna la necessità imperante
sull’intelligibile generico di esplicitarsi in una denotazione specificante,
così come l’ineluttabile determinarsi della materia sotto l’azione causatrice
di un attuale porta le denotazioni specificanti ad attuarsi necessariamente
nella specie. Ma la problematicità delle due teorie lascia allo stato di
possibilità la giustificazione del necessario divenire della specie dalla
connotazione generica, e, mentre soddisfa l’esigenza umana di determinare per
deduzione da una nozione totale e completa un dato di fatto indotto e solo
parzialmente connotato, lascia celato quel che in fondo più interessa, ossia
l’evidenza intuitiva del rapporto di ragione tra la connotazione generica e il
sovraggiungersi della denotazione specificante: la soluzione della questione
può venire solo dall’analisi diretta di ciascuna componente. Ad un pensiero di
condizione umana il rapporto tra la connotazione di un genere e la denotazione
specificativa della specie appare come una determinazione, come un atto di
circoscrizione annullante l’indefinitezza qualitativa o quantitativa
provocante, se ripetuto attraverso altre denotazioni specificative, la
suddivisione dell’indistinto generico in sfere eterogenee: sembrerebbe, dunque,
che si abbia che fare con l’apporto di un intelligibile qualitativo o
quantitativo il quale elide l’indefinito e l’indistinto del generico; tuttavia
questa interpretazione è superficiale e fondata esclusivamente sulle
connotazioni del generico e dello specifico in quanto in reciproco rapporto:
queste deficienze si rivelano nella relatività che affetta la nozione di
determinazione,
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la quale è da un lato fondata sulla giustapposizione della specie al
genere, dall’altro è destinata a non giungere mai a un limite assoluto;
infatti, se si fa eccezione per gli intelligibili che coincidano con una
percezione sensoriale, tutti gli altri ricavano la determinatezza o
indeterminatezza della loro connotazione dal fatto che sussumano sotto di sé
altri intelligibili oppure non trovino
nell’ammasso degli intelligibili noti altri intelligibili da sussumere:
sotto questo punto di vista la nota formale della determinatezza non è un
denotante necessario di nessun intelligibile in sé; d’altra parte, non essendo
data al pensiero di condizione umana la certezza che la suddivisione nota di un
generico sia completa, non è lecita la predicazione di determinatezza totale
per nessun intelligibile generico e resta quindi sul piano della possibilità un
costante residuo di indeterminato, con la conseguenza che il rapporto tra nota
specificante e connotazione generica non ritrova nella nozione di
determinazione una ragion sufficiente che ne fondi l’intelligibilità; argomento
di questo è l’inutilità del concetto di determinazione a stabilire la necessità
del determinante, in quanto la relatività della determinazione comporta la
relatività dell’indeterminatezza e con ciò l’impossibilità a definire
contingente o apodittica la specificazione del generico. Fin che si continua a
riguardare la composizione della denotazione specifica con la connotazione
generica come una articolata giustapposizione determinante, la dialettica dal
generale allo speciale resta un aposteriore effettuale, sulla cui necessità
nulla può essere detto di probante e nulla può essere argomentato a priori: da
tal punto di vista, l’assenza di specie infime in nulla viene a modificare lo
stato della connotazione del genere di immediata sussunzione, la cui
indeterminatezza non deve concepirsi come assoluta se il pensiero è capace di
pensarlo come genere senza nozione delle specie. Ora, al punto di vista della
determinazione, meramente formale e relazione, è lecito sostituire un
differente punto di vista, nato da una valutazione della connotazione generica
che non attende l’esistenza e la conoscenza della specie per arguirne il modo di essere formale: la
connotazione di un intelligibile è sempre strutturata in modo tale da offrire
un certo numero di rappresentazioni; queste analizzate, rivelano un complesso
di fattori impliciti,
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la cui enumerazione il pensiero è in grado di rendere completa pur che
con attenzione tenga presente tutti i rapporti con cui ciascun fattore si lega
con le nozioni possedute relazionabili; due situazioni insorgono a questa fase
del processo di analisi: si dà che la serie totale delle nozioni che debbono
ritrovarsi entro l’unità dell’intelligibile dato siano effettivamente e, con
esplicitazione mediata o immediata, rappresentate entro la sua connotazione; si
dà invece che in numero maggiore o minore le nozioni la cui totalità deve esser
data entro l’unità dell’intelligibile non siano né per esplicitazione immediata
né per esplicitazione mediata offerte alla conoscenza dalla sua connotazione;
la prima situazione consente di attribuire al concetto un’intelligibilità
totale, la seconda solo un’intelligibilità parziale. Dato un intelligibile di
intelligibilità totale nessuna rappresentazione intelligibile comparirà mai
come esplicitazione immediata o mediata
a lato di quella già esplicitamente presente nella sua connotazione, tranne nel
caso che al pensiero sfuggano alcune delle relazioni in cui i noti espliciti
dell’intelligibile entrano con altri intelligibili non attualmente dati, il qual modo dipende dall’apparenza
dell’intelligibilità totale dell’intelligibile e quindi dalla condizione umana
del pensiero; dato un intelligibile di intelligibilità parziale dovrà
attendersi una giustapposizione esplicitata di tutte le nozioni che neppure
implicitamente compaiono nella sua
connotazione e che son poste dalle relazioni in cui le denotazioni esplicite
dell’intelligibile entrano con quelle tra le rappresentazioni possedute che
sono relazionabili con esse; poiché la giustapposizione si traduce in una
dialettica dal genere in altrettante specie, il pensiero ha il diritto di
attendersi la rappresentazione di siffatti intelligibili speciali, in nome di
uno degli attributi dell’ontità
intelligibile, appunto la completezza di tutti i rapporti, sinonimo di unità
totale e non frazionaria, traducibile nel concetto di sostanzialità o
sufficienza ontica. L’analisi della connotazione di un qualunque generico
rivela il suo stato di intelligibilità incompleta o insufficienza ontica e
insieme manifesta o definitamente o
indefinitamente le modalità
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