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delle categorie sussunte e non solo quella del presunto genere;
il che, d’altro canto, ha la sua giustificazione, per ciò che riguarda una
serie completa di specie, nell’abbinamento delle rispettive sussunzioni e nella
dialettica dall’una all’altra ritrovanti la propria apoditticità fuori dalle
specie stesse in quanto specie, per ciò che riguarda una serie completa di
categorie, nella dialettica necessaria dall’una all’altra sussunzione, la cui
necessità è dalle categorie stesse in quanto sussunti e non da altro - nel
sistema categoriale dei Pitagorici, se si esclude dall’elenco delle sussunzioni
sotto la nozione di numero-essere la predicazione di questo a una delle
categorie espressa con la negazione di una o delle altre, se cioè si indica la
coppia del pieno-vuoto con il contraddittorio per negazione “ ciò che non è né
determinato-indeterminato né pari-dispari, e si esclude dalla serie dei giudizi
sottoposti ad attenzione, “ il determinato -indeterminato è essere “, “ il
pari-dispari è essere “, “ ciò che non è né determinato-indeterminato né
pari-dispari è essere “, quest’ultima sussunzione, lo stato di intelligibilità
in cui il pensiero viene a trovarsi è preda di una deficienza che non affetta
lo stato di intelligibilità proprio di
un pensiero che elidesse da sé il giudizio di forma negativa “la non-lunghezza
è grandezza fisica “ giustapposto al giudizio contraddittorio e sostituente i
giudizi “ il tempo, la forza, la massa sono grandezze fisiche “ -; si liberino
ora le categorie dalla dipendenza dal concetto di essere e si considerino tutte
nell’ordine con cui si susseguono, sia l’uno o l’altro tra quelli che il
pensiero fin qui ci ha offerto: il primo aspetto che il pensiero ritrova in una
serie categoriale assolutamente presa è la necessità della sua concezione
unitaria, la necessità cioè che tutti i membri della serie siano pensati con un
atto sintetico, il che comporta, dal momento che ci troviamo dinanzi a distinti
e diversi, che necessario sia il nesso che lega le une alle altre le categorie stesse; è tradizionale
ricondurre i nessi apodittici fra intelligibili distinti al principio di
ragione sufficiente nella consueta sua articolazione in principio di intelligibilità
immanente nei rapporti da genere a specie e in principio di causalità; ma
bisogna chiedersi se il principio di ragione con le sue due specie sia
sufficiente a fondare l’intelligibilità di tutti i nessi apodittici fra
diversi: mi pare, ad esempio, che nel rapporto tra due variabili tale che per
ogni definizione dell’una sia data una ed una sola definizione dell’altra,
ossia nel rapporto apodittico di funzione, si abbia il diritto di parlare di
un’apodissi per principio di ragione, se per questo s’intende la necessità di
una costante e uniforme dialettica del pensiero dall’un intelligibile all’
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altro, la necessità cioè della costante ed uniforme dialettica
dalla definizione della variabile indipendente alla definizione della variabile
dipendente, ma non sia legittimo né ridurre tale dialettica alla denotazione
della variabile dipendente da parte della variabile indipendente, alla quale
quindi non è lecito sussumere l’altra sotto di sé come suo genere, né
interpretare tale dialettica come una simultaneità apodittica dell’esistenza di
due eterogenei, vale a dire a un rapporto causale, in quanto l’assunzione, da
parte della variabile dipendente, di una certa definizione in concomitanza con
una definizione della variabile indipendente non necessariamente si dà solo ed
univocamente entro quella relazione funzionale, ma si verifica in altre
circostanze e in differenti subordinazioni funzionali, sicché la definizione
della variabile dipendente dovrebbe agire da causa non univoca, con palese
offesa al principio di ragione
sufficiente in generale e in particolare al principio di causa; ora, la stessa
impossibilità a lasciarsi sussumere sotto un principio di ragione si dà per il
nesso tra due categorie: ponendo sotto attenzione l’una, il pensiero si rende
conto di avere il diritto di rappresentarsela solo a patto di relazionarla
all’altra per una subordinazione fondata su una ragione che è o
condizionamento nell’esistere, in
quanto l’una categoria non è che uno dei modi secondo cui si dà l’esistere dell’altra,
o condizionamento dell’esistere, in quanto l’una categoria è un esistere dai
molteplici modi di cui uno è rappresentato e concepito nell’altra, o
condizionamento nella coesistenza, in quanto l’una categoria pone una
simultaneità del rappresentato con altri il diritto della quale è rappresentato
nell’altra, o condizionamento del coesistere, in quanto l’una categoria pone il
diritto pel quale è lecita la simultaneità con altri che la seconda categoria
rappresenta; se poi l’attenzione vien spostata dalla prima alla seconda
categoria, ricompare la medesima necessità di rappresentarsi l’intelligibile in
unità con l’altro per una subordinazione che ha il suo principio in una delle
quattro
ragioni indicate, altra però dalla precedente; si deve quindi
parlare di due dialettiche distinte, reciproche ma non biunivoche, vincolanti a due a due le categorie in modo
tale che la prima sia principio d intelligibilità dell’altra sulla base di una
certa ragione o la seconda sia principio di intelligibilità della prima sulla
base di una ragione diversa; se infine si nota che ogni categoria deve essere
vincolata alle precedenti per una relazione apodittica costituita da una delle
suddette ragioni, risulta che viene a inserirsi lungo tutta
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la serie categoriale, una sorta di dialettica scalare
che la rende sintetica per un unico atto intellettivo e che può essere per dir
così rovesciata in modo che la categoria che nella prima trasposizione
dialettica era conseguente ultimo si pone nella nuova dialettica principio
primo - nella teoria pitagorica delle categorie, la coppia intelligibile del
pieno -vuoto condiziona nell’esistere l’intelligibile del determinato
-indeterminato, in quanto è uno degli aspetti che si ritrovano necessariamente
nell’esistenza o rappresentazione di questo, così come questo secondo
intelligibile condiziona nell’esistere
la coppia del dispari-pari della quale è un necessario modo di esistere,
sicché la concezione del dispari-pari è preceduta immediatamente dalla
concezione del determinato -indeterminato e mediatamente dalla concezione del
pieno-vuoto, e il pensiero deve necessariamente spostare dialetticamente la sua
attenzione dalla prima alla seconda coppia e dalla seconda alla terza; di
contro, poiché per esistere, ossia per essere rappresentato, la coppia del
pieno-vuoto dev’essere pensata come inerente alla coppia del determinato -
indeterminato e questa a sua volta come inerente nella coppia del dispari-pari, il pensiero è costretto ora a una
transizione dialettica, imposta dal punto di vista del condizionamento
dell’esistenza di ciascuno da parte dell’esistenza del precedente, che dal
pari-dispari si porta al determinato -indeterminato e di qui al pieno-vuoto,
con un capovolgimento dell’ordine
intelligibile, che comunque in nulla muta la subordinazione necessaria e quindi
l’apodittico pensamento unitario di tutte le categorie; identica connessione
apodittica vincola la quantità alla qualità, la qualità alla relazione, e la
relazione alla sostanza nell’ordine categoriale di Aristotele e la causalità
alla sostanza in quello di Kant -; di qui, in primo luogo si deve concludere
che il dubbio sulla portata di specie delle categorie è convalidato e
trasformato in certezza dal momento che l’ordine delle categorie ignora la
connessione paratattica propria di tutte le specie in serie, considerate in
assoluto, in secondo luogo si è tenuti a interpretare il nesso di
interdipendenza delle categorie: se le categorie sono unitariamente connesse
tra di loro per un vincolo di ipotassi complementare e perciò reciproco, il
punto di vista geometrico -quantitativo è destinato solo a distorcere
l’effettiva situazione, in quanto porta a staccare ogni membro dagli altri
interdipendenti e a tradurre la loro unità in una giustapposizione, sicché,
come
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nell’angolo retto i cui componenti sono complementari
ed esistono in modo tale che il pensiero non può pensare l’uno senza
rappresentarsi simultaneamente gli altri, l’atto sintetico, che necessariamente
vincola in interdipendenza la rappresentazione degli angoli complementari
distinti, trova la sua ragione fuori da questi, in quel risultato ultimo della
loro giustapposizione che è l’angolo retto il quale genera l’unità dei
costituenti con l’unità intrinseca posseduta antecedentemente ai costituenti e indipendentemente da
questi, così l’interpretazione quantitativa della complementarità delle
categorie non solo finisce per negare
la loro ipotassi assoluta in quanto la riconduce alla generazione dell’essere
pel tramite della loro unificazione per giustapposizione, ma riesce a privare
di intelligibilità il rapporto fra la nozione di essere e le categorie, le
quali dovrebbero da un lato porsi a principio dell’essere come sue condizioni e
generanti, dall’altro dovrebbero rifarsi all’essere come al principio la cui
preesistente unità assicura loro un’unità per unificazione; siffatto criterio
quantitativo-geometrico è valido per l’interpretazione dell’unità di una serie
di specie quale si dà in un pensiero di condizione umana - infatti, la
giustapposizione di ciascuna specie alle altre cogeneri trae ragione di se
stessa come unificazione dalla preesistente unità del genere e insieme assicura
al genere il completamento della sua intelligibilità, prima ridotta alla
rappresentazione unitaria di una connotazione parziale e deficiente a se
stessa, poi, in seguito alla totale copertura della sua area intelligibile ad
opera di tutte le sue specie, elevata alla rappresentazione unitaria di una
connotazione completa e autosufficiente; occorre assumere un differente
criterio, un criterio qualitativo che interpreti ciascuna categoria come un
campo di ontità intelligibile qualificato secondo un certo colore o tono che si
estende coestensivamente a un altro campo di identica ontità intelligibile ma
di differente colore e tono e si fonde con esso non perché smarrisca la propria
individualità confondendola con l’individuazione dell’altro, ma perché la sua
individuale esistenza trae ragione e necessità solo dall’individuale esistenza
dell’altro e insieme si pone come fonte di ragione e di necessità per
l’individuale esistenza di questo, essendo questo reciproco rapporto di
apodissi e di intelligibilità delle due esistenze il segno di una loro
intrinseca unità; e poiché tutte le categorie
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