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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 101 -150
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[[Nota a matita dell'autore:” sostituireadesione” all’errato terminecoesione” “]]

congruente con le esigenze formali del pensiero di condizione umana, il quale, una volta trovatosi di fronte alle categorie da un lato come a vari eterogenei, di cui neppure ((la??)) sussunzione sotto la nozione dell’ontico intelligibile in generale è sufficiente ad elidere totalmente l’eterogeneità, costantemente superstite nelle denotazioni specifiche irriducibili completamente a un’unità che ponga per essi un’equazione reciproca, dall’altro come a rappresentazioni correlate  per interdipendenza, trova naturale presupporre il paradigma di un’unità organica di parti e modellare su di esso il complesso della nozione  di ontico intelligibile in generale, delle nozioni delle categorie, della nozione dell’interdipendenza tra le categorie, l’insufficienza del modello e la scomparsa di alcuni aspetti essenziali che presenti nel fatto primario dei tre gruppi di nozioni ancora irrelati  vengono tralasciati quando al fatto vien indossato lo schema modello onde da esso tragga ragione e spiegazione, dimostrano che il criterio quantitativo geometrico permane sempre inadatto per imparità ai fini da raggiungere; si prendano pure due categorie in successione immediata e in interdipendenza, si geometrizzino in solidi ideali, diciamo così in prismi rettangolari il cui volume sia l’ontico intelligibile che li pervade, si giustappongano in modo che costituiscano una totalità geometricamente continua e si pensi necessaria la congiunzione per l’apoditticità della coesione che li conserva giustapposti; non tutto in siffatto modo verrà spiegato e non tutto verrà  tradotto nell’immagine: se l’interdipendenza è resa intelligibile, se la necessità dell’unità per continuità ha a suo principio la coesione, se la coesione stessa è giustificata dalla presenza nelle categorie di una zona comune, il loro generico, che costituisce attraverso la giustapposizione una fascia continua, non solo resta ancora inintelligibile  la ragione della necessità per cui la coesione debba valere anche per quella fascia discontinua che separa quanto di eterogeneo si nello specifico delle varie categorie - e l’inintelligibilità si fa ancora più grave se si osserva che l’interdipendenza tra gli eterogenei delle categorie non è simmetricamente raffigurata nella giustapposizione geometrica per complanarità -, ma non si può provvedere neppure con l’intervento sussidiario di un modello biologico-organico che trasferisca la necessità dall’unicità del fine e dall’individualità del tutto alla coesistenza delle parti, perché l’interdipendenza delle categorie non appare né del tipo dell’interdipendenza degli organi né in funzione dell’unità di un tutto che si sovraordini alla loro serie e insieme a ciascuna di esse; l’errore cui vita

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il ricorso al criterio quantitativo-geometrico, sta di fatto in questo che l’equivalenza da esso posta tra la necessità della coesione tra due eterogenei distinti e l’interdipendenza tra due categorie l’una delle quali è principio di ontità intelligibile per l’altra e ha questo a principio della sua integrità rappresentativa, fa della differenza tra i due intelligibili eterogenei la distinzione spaziale che passa o fra un tutto composito e una sua parte e fra due parti di un più esteso tutto composito; ma ciascuna delle due categorie o ancor meglio ciascuna sfera di denotazione specifica delle due categorie non è per niente fuori dall’altra o da una parte dell’altra, in quanto la rappresentazione di un eterogeneo coabbraccia la rappresentazione dell’altro e viceversa e non è lecito pensare la totalità di uno dei due eterogenei senza al tempo stesso avere in atto la rappresentazione dell’altro: è vero che si parla di una facoltà d’astrazione del pensiero di condizione umana, ma il suo risultato, che è la liceità di porre la rappresentazione di un eterogeneo senza la concomitante rappresentazione dell’altro o degli altri eterogenei apoditticamente vincolati al primo, è al tempo stesso una menomazione dell’intelligibilità totale, menomazione che consiste nella lavorazione di un intelligibile entro uno stato di ignoranza della sua integrità cognitiva e nella lavorazione dell’altro in uno stato di ignoranza della legittimità del suo pensamento, menomazione che fa di tutti i processi  dialettici che sotto di essa si danno altrettanti stati di equilibrio instabile destinati a rifluire in quella condizione di equilibrio statico in cui ciascuna rappresentazione parziale è integrata dall’altra, e l’azione astrattrice è sospesa - delle due categorie aristoteliche, la qualità e la quantità, per le quali sia stato convalidato questo ordine di successione, l’interdipendenza della seconda dalla prima che si pone a fondamento della sua ontità intelligibile e ((??o??))della prima dalla seconda che è integrazione della sua parzialità rappresentativa, non è spiegabile con un semplice nesso correlatore che intervenga tra il qualitativo e il quantitativo  a unificarli entro la totalità, comprensiva di entrambi, o della qualità o della quantità o dell’essere, nello stesso modo  con cui una invincibile adesione lega in continuità una sezione al suo prisma  o due sezioni al loro prisma; infatti, la rappresentazione della quantità abbraccia tanto ontico intelligibile, quanto ne abbraccia la rappresentazione della qualità e viceversa, e non è consentito, se non per

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un’astrazione labile e deformatrice della struttura intelligibile intuita in atto, scindere la quantità dal qualitativo o viceversa senza perdere contatto con l’ontità intelligibile in cui entrambi esistono coestensivamente; lo stesso si dice delle due categorie kantiane della relazione sostanziale e della relazione causale, per le quali, se è vero che la loro eterogeneità fondata sulla struttura cronica pare elidere qualunque identità per unicità di sottofondo  rappresentativo, è pure vero che non possono essere pensate come due agenti operanti su distinte sfere, ma debbono esser pensati come operanti su di un’unica sfera, e in condizioni tali che l’intelligibile sostanziale sia principio di ontità intelligibile per l’altro o riceva da questo integrità rappresentativa, con la conseguenza che, una volta assunta, come base ontologica, l’indefinita sfera del sensoriale tradotto in autoconsapevolezza ad opera di un’ attività connettrice, non è lecito attribuire al rapporto sostanziale un’estensione diversa da quella del rapporto causale: anche qui, solo l’astrazione li scinde ma temporaneamente e artefattamente -; la metafora spaziale-geometrica, cui il pensiero di condizione umana è ineluttabilmente sottomesso, opera ancora sulle categorie analizzate sotto il punto di vista qualitativo, ma alla condizione di ridurre ciascuna di due categorie a un piano distinto per eterogeneità qualitativa dall’altro e capace di trasfondersi e confondersi con l’altro fino ad acquistare con esso le proprietà geometriche di un unico piano, donde segue  che la medesima immagine traslata, riconducendo a sé tutte le categorie fa di queste un ente geometrico monoplanare da cui solo per astrazione su base qualitativa è lecito sollevare ad uno ad uno differenti piani quasi che l’unico piano dell’essere fosse un solido; solo questa immagine geometrica è di sussidio a comprendere l’interdipendenza dei categoriali eterogenei; che siffatta struttura soddisfi le esigenze del pensiero, non si può dire, appunto perché costituita di due componenti contrarie che non si riesce ad accordare e tanto meno ad unificare, da un lato l’eterogeneità che distingue categoria da categoria, dall’altro l’unità o materialità intelligibile  che le identifica, componenti che, assunte ognuna in autonomia dall’altra in forza del diritto della loro opposizione, consentono due opposte valutazioni degli ontici intelligibili sommi, da un lato, quando si parta dall’eterogeneità, la definizione dei loro reciproci rapporti come di una struttura per giustapposizione di distinti e unificazione per continuità di base e inscindibilità di coesione, dall’altro, quando si parte dalla loro materialità intelligibile, la 

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descrizione dei loro rapporti come di una struttura polimorfica di un tutto semplice la cui unità impone ad ogni forma qualitativa di coesistere e sussistere nelle altre e di caratterizzare il tutto secondo un’estensione che è identica a quella di tutte le altre; d’altra parte la contrarietà delle due componenti s’accompagna  alla necessità della loro dipendenza reciproca, in quanto l’eterogeneità delle proprietà dell’ontico supremo intelligibile provoca, per sua definizione, lo sparpagliamento delle proprietà in un molteplice irrelato e ovvia ai suoi effetti distruttori di intelligibilità mediante il nesso dialettico secondo cui costantemente il pensiero, con il diritto che gli viene dall’unità polimorfica, sposta la sua attenzione dall’una proprietà all’altra e dalla molteplicità delle proprietà all’unità del loro complesso fondata dai nessi dialettici, mentre l’unità polimorfica genera una impossibilità di analizzare il tutto semplice per la coestensione delle forme e la trasfusione dell’una nell’altra e ovvia a questo stato di inintelligibilità attraverso la separazione che il pensiero introduce tra forma e forma sulla base del diritto che a ciò gli l’eterogeneità distinguente forma da forma; è, di conseguenza lecito, parlare di due processi analitici condotti dal pensiero sulla rappresentazione dell’ontico intelligibile supremo e, quindi, su qualsiasi rappresentazione di ontico intelligibile in genere, un processo analitico operato sul diritto offerto dalla componente dell’eterogeneità e, con ciò, condotto secondo un canone che fissi la priorità sull’unitaria e semplice struttura polimorfica dall’eterogeneità delle forme, la quale in tal modo diviene il punto di vista dominante ed esclusivo, valentesi dell’opposto solo come fondamento sussidiario ed integritativo delle deformazioni che l’assunzione esclusiva del canone introdurrebbe sull’intelligibile intuito  in atto; un processo analitico operato sul diritto offerto dalla componente contraria della semplice struttura polimorfica e, per questo, condotto su di un canone fissante la priorità sull’eterogeneità delle denotazioni intelligibili della loro unità in struttura semplice polimorfica la quale diviene il punto di vista dominante ed esclusivo, che conserva valore al suo opposto contrario solo come criterio sussidiario utile a rilevare l’eterogeneità delle forme, che deve pur essere tenuta sott’occhio se si vuole impedire all’unità semplice di convertirsi in un’inintelligibile omogeneità per indifferenza e per confusione; il primo processo disarticola l’intelligibile




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