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[[Nota a matita dell'autore:”
sostituire “adesione” all’errato termine “ coesione” “]]
congruente con le esigenze
formali del pensiero di condizione umana, il quale, una volta trovatosi di
fronte alle categorie da un lato come a vari eterogenei, di cui neppure
((la??)) sussunzione sotto la nozione dell’ontico intelligibile in generale è
sufficiente ad elidere totalmente l’eterogeneità, costantemente superstite
nelle denotazioni specifiche irriducibili completamente a un’unità che ponga
per essi un’equazione reciproca, dall’altro come a rappresentazioni
correlate per interdipendenza, trova
naturale presupporre il paradigma di un’unità organica di parti e modellare su
di esso il complesso della nozione di
ontico intelligibile in generale, delle nozioni delle categorie, della nozione
dell’interdipendenza tra le categorie, l’insufficienza del modello e la
scomparsa di alcuni aspetti essenziali che presenti nel fatto primario dei tre
gruppi di nozioni ancora irrelati
vengono tralasciati quando al fatto vien indossato lo schema modello
onde da esso tragga ragione e spiegazione, dimostrano che il criterio
quantitativo geometrico permane sempre inadatto per imparità ai fini da
raggiungere; si prendano pure due categorie in successione immediata e in
interdipendenza, si geometrizzino in solidi ideali, diciamo così in prismi
rettangolari il cui volume sia l’ontico intelligibile che li pervade, si
giustappongano in modo che costituiscano una totalità geometricamente continua
e si pensi necessaria la congiunzione per l’apoditticità della coesione che li
conserva giustapposti; non tutto in siffatto modo verrà spiegato e non tutto
verrà tradotto nell’immagine: se
l’interdipendenza è resa intelligibile, se la necessità dell’unità per
continuità ha a suo principio la coesione, se la coesione stessa è giustificata
dalla presenza nelle categorie di una zona comune, il loro generico, che
costituisce attraverso la giustapposizione una fascia continua, non solo resta
ancora inintelligibile la ragione della
necessità per cui la coesione debba valere anche per quella fascia discontinua
che separa quanto di eterogeneo si dà nello specifico delle varie categorie - e
l’inintelligibilità si fa ancora più grave se si osserva che l’interdipendenza
tra gli eterogenei delle categorie non è simmetricamente raffigurata nella
giustapposizione geometrica per complanarità -, ma non si può provvedere
neppure con l’intervento sussidiario di un modello biologico-organico che
trasferisca la necessità dall’unicità del fine e dall’individualità del tutto
alla coesistenza delle parti, perché l’interdipendenza delle categorie non
appare né del tipo dell’interdipendenza degli organi né in funzione dell’unità
di un tutto che si sovraordini alla loro serie e insieme a ciascuna di esse;
l’errore cui dà vita
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il ricorso al criterio quantitativo-geometrico, sta
di fatto in questo che l’equivalenza da esso posta tra la necessità della
coesione tra due eterogenei distinti e l’interdipendenza tra due categorie
l’una delle quali è principio di ontità intelligibile per l’altra e ha questo a
principio della sua integrità rappresentativa, fa della differenza tra i due
intelligibili eterogenei la distinzione spaziale che passa o fra un tutto
composito e una sua parte e fra due parti di un più esteso tutto composito; ma
ciascuna delle due categorie o ancor meglio ciascuna sfera di denotazione
specifica delle due categorie non è per niente fuori dall’altra o da una parte
dell’altra, in quanto la rappresentazione di un eterogeneo coabbraccia la
rappresentazione dell’altro e viceversa e non è lecito pensare la totalità di
uno dei due eterogenei senza al tempo stesso avere in atto la rappresentazione
dell’altro: è vero che si parla di una facoltà d’astrazione del pensiero di
condizione umana, ma il suo risultato, che è la liceità di porre la
rappresentazione di un eterogeneo senza la concomitante rappresentazione
dell’altro o degli altri eterogenei apoditticamente vincolati al primo, è al
tempo stesso una menomazione dell’intelligibilità totale, menomazione che
consiste nella lavorazione di un intelligibile entro uno stato di ignoranza
della sua integrità cognitiva e nella lavorazione dell’altro in uno stato di
ignoranza della legittimità del suo pensamento, menomazione che fa di tutti i
processi dialettici che sotto di essa
si danno altrettanti stati di equilibrio instabile destinati a rifluire in
quella condizione di equilibrio statico in cui ciascuna rappresentazione parziale
è integrata dall’altra, e l’azione astrattrice è sospesa - delle due categorie
aristoteliche, la qualità e la quantità, per le quali sia stato convalidato
questo ordine di successione, l’interdipendenza della seconda dalla prima che
si pone a fondamento della sua ontità intelligibile e ((??o??))della prima
dalla seconda che è integrazione della sua parzialità rappresentativa, non è
spiegabile con un semplice nesso correlatore che intervenga tra il qualitativo
e il quantitativo a unificarli entro la
totalità, comprensiva di entrambi, o della qualità o della quantità o
dell’essere, nello stesso modo con cui
una invincibile adesione lega in continuità una sezione al suo prisma o due sezioni al loro prisma; infatti, la
rappresentazione della quantità abbraccia tanto ontico intelligibile, quanto ne
abbraccia la rappresentazione della qualità e viceversa, e non è consentito, se
non per
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un’astrazione labile e deformatrice della struttura
intelligibile intuita in atto, scindere la quantità dal qualitativo o viceversa
senza perdere contatto con l’ontità intelligibile in cui entrambi esistono
coestensivamente; lo stesso si dice delle due categorie kantiane della
relazione sostanziale e della relazione causale, per le quali, se è vero che la
loro eterogeneità fondata sulla struttura cronica pare elidere qualunque
identità per unicità di sottofondo
rappresentativo, è pure vero che non possono essere pensate come due
agenti operanti su distinte sfere, ma debbono esser pensati come operanti su di
un’unica sfera, e in condizioni tali che l’intelligibile sostanziale sia
principio di ontità intelligibile per l’altro o riceva da questo integrità
rappresentativa, con la conseguenza che, una volta assunta, come base
ontologica, l’indefinita sfera del sensoriale tradotto in autoconsapevolezza ad
opera di un’ attività connettrice, non è lecito attribuire al rapporto
sostanziale un’estensione diversa da quella del rapporto causale: anche qui,
solo l’astrazione li scinde ma temporaneamente e artefattamente -; la metafora
spaziale-geometrica, cui il pensiero di condizione umana è ineluttabilmente
sottomesso, opera ancora sulle categorie analizzate sotto il punto di vista
qualitativo, ma alla condizione di ridurre ciascuna di due categorie a un piano
distinto per eterogeneità qualitativa dall’altro e capace di trasfondersi e
confondersi con l’altro fino ad acquistare con esso le proprietà geometriche di
un unico piano, donde segue che la
medesima immagine traslata, riconducendo a sé tutte le categorie fa di queste
un ente geometrico monoplanare da cui solo per astrazione su base qualitativa è
lecito sollevare ad uno ad uno differenti piani quasi che l’unico piano
dell’essere fosse un solido; solo questa immagine geometrica è di sussidio a
comprendere l’interdipendenza dei categoriali eterogenei; che siffatta
struttura soddisfi le esigenze del pensiero, non si può dire, appunto perché
costituita di due componenti contrarie che non si riesce ad accordare e tanto
meno ad unificare, da un lato l’eterogeneità che distingue categoria da
categoria, dall’altro l’unità o materialità intelligibile che le identifica, componenti che, assunte
ognuna in autonomia dall’altra in forza del diritto della loro opposizione,
consentono due opposte valutazioni degli ontici intelligibili sommi, da un
lato, quando si parta dall’eterogeneità, la definizione dei loro reciproci
rapporti come di una struttura per giustapposizione di distinti e unificazione
per continuità di base e inscindibilità di coesione, dall’altro, quando si
parte dalla loro materialità intelligibile, la
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descrizione dei loro rapporti come di una struttura
polimorfica di un tutto semplice la cui unità impone ad ogni forma qualitativa
di coesistere e sussistere nelle altre e di caratterizzare il tutto secondo
un’estensione che è identica a quella di tutte le altre; d’altra parte la
contrarietà delle due componenti s’accompagna
alla necessità della loro dipendenza reciproca, in quanto l’eterogeneità
delle proprietà dell’ontico supremo intelligibile provoca, per sua definizione,
lo sparpagliamento delle proprietà in un molteplice irrelato e ovvia ai suoi
effetti distruttori di intelligibilità mediante il nesso dialettico secondo cui
costantemente il pensiero, con il diritto che gli viene dall’unità polimorfica,
sposta la sua attenzione dall’una proprietà all’altra e dalla molteplicità
delle proprietà all’unità del loro complesso fondata dai nessi dialettici,
mentre l’unità polimorfica genera una impossibilità di analizzare il tutto
semplice per la coestensione delle forme e la trasfusione dell’una nell’altra e
ovvia a questo stato di inintelligibilità attraverso la separazione che il
pensiero introduce tra forma e forma sulla base del diritto che a ciò gli dà
l’eterogeneità distinguente forma da forma; è, di conseguenza lecito, parlare
di due processi analitici condotti dal pensiero sulla rappresentazione
dell’ontico intelligibile supremo e, quindi, su qualsiasi rappresentazione di
ontico intelligibile in genere, un processo analitico operato sul diritto
offerto dalla componente dell’eterogeneità e, con ciò, condotto secondo un
canone che fissi la priorità sull’unitaria e semplice struttura polimorfica
dall’eterogeneità delle forme, la quale in tal modo diviene il punto di vista
dominante ed esclusivo, valentesi dell’opposto solo come fondamento sussidiario
ed integritativo delle deformazioni che l’assunzione esclusiva del canone
introdurrebbe sull’intelligibile intuito
in atto; un processo analitico operato sul diritto offerto dalla
componente contraria della semplice struttura polimorfica e, per questo,
condotto su di un canone fissante la priorità sull’eterogeneità delle
denotazioni intelligibili della loro unità in struttura semplice polimorfica la
quale diviene il punto di vista dominante ed esclusivo, che conserva valore al
suo opposto contrario solo come criterio sussidiario utile a rilevare
l’eterogeneità delle forme, che deve pur essere tenuta sott’occhio se si vuole
impedire all’unità semplice di convertirsi in un’inintelligibile omogeneità per
indifferenza e per confusione; il primo processo disarticola l’intelligibile
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