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in generale e in particolare l’intelligibile categoriale in una
moltitudine di eterogenei e conserva l’unità da un lato mantenendo, in costante
rapporto di contenuto parziale a contenente totale, la molteplicità nei
confronti della totalità analizzata,
dall’altro introducendo entro il binomio di due denotazioni eterogenee in
immediata successione un rapporto apodittico la cui necessità ha a principio il
concetto di determinazione o, come meglio sarebbe dire, di integrazione della
parzialità di rappresentazione, con la conseguenza che se con la prima
dialettica fonda il giudizio in generale, con la seconda legittima il concetto
di sussunzione e la ordinazione
gerarchica degli intelligibili; quantunque l’integrazione delle due operazioni
abbia luogo attraverso la differente funzione che sussumenti e sussunti
acquistano entrando a far parte del giudizio e che, attraverso lo spostamento
d’attenzione dall’analisi del concetto-soggetto all’analisi del
concetto-predicato, consente quella serie di giudizio in continuità che integra
il giudizio singolo entro
l’intelligibile integra((??)) e sufficiente del ragionamento, tuttavia né le
due operazioni né la loro integrazione ricostituisce l’unità assoluta e integra dell’intelligibile data,
anteriormente all’analisi, dall’intuizione di esso in altro, giacché costringe
il pensiero a rappresentarsene la totalità secondo una connotazione che è
rassegna di denotanti in rapporto da generico a specifico, tutti da sussumersi
sotto almeno due categorie la cui eterogeneità e quindi distinzione non sono superabili sotto nessun
punto di vista, come dimostra il fatto che la connotazione di un intelligibile
a qualsiasi livello subordinato trae intelligibilità da almeno due serie
convergenti di correnti di intelligibilità a sorgenti distinte e giustapposte,
la cui confluenza è un apodittico aposteriori che in nulla l’intelligibilità a
priori giustifica e spiega e che ha a sua ragione l’appello alla comune
sussunzione delle due serie di denotanti confluenti sotto uno o altro dei
trascendentali: il fatto stesso che l’intelligibilità della connotazione di un
intelligibile subordinato di qualsiasi livello si dia per una dialettica di
sussunzione sotto distinti eterogenei, con conseguente trasferimento nel corpo
dell’intelligibile dell’insanabile contraddittorietà delle categorie
sussumenti, e il fatto stesso che il superamento di questo contraddittorio, sia
a livello delle categorie che a livello dell’intelligibile analizzato, si dia
per l’universale sussunzione di tutti gli intelligibili sotto uno dei
trascendentali e provochi un’unità per unificazione che però in nulla s’accorda
con la precedente dialettica e quindi non ne elide la persistente
contraddittorietà, come quella che non può
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porre in unità la propria
portata formale con il contenuto materiale -rappresentativo dell’altra,
rivelano il persistere di un dualismo insanabile di cui ogni analisi per
criterio di eterogeneità è preda, dualismo che oppone l’eterogeneità dei
denotanti la connotazione di un intelligibile in generale alla loro unità sia
intrinseca e assoluta sia relazionale e relativa e che è il riflesso
dell’originario dualismo sotto cui si
son riguardate la struttura reciproca e
la reciproca interdipendenza delle categorie; il secondo processo, invece,
muove dall’impegno di conservare, nonostante l’analisi, l’unità per semplicità
della nozione di essere -razionale, e salvaguardare l’eterogeneità con cui le
forme si conservano entro la connotazione della nozione da un lato ponendo una
forma denotante rispetto sia alle altre con cui essa denota un
intelligibile sia all’intelligibile da
essa denotato sia alle denotanti la sua stessa connotazione in un rapporto che
è ancora di parte contenuta a tutto contenente, ma secondo una parzialità,
questa volta, puramente formale e non materiale-geometrica, dall’altro
introducendo anch’essa un vincolo di sussunzione da generico a speciale entro
gli intelligibili che denotano la
connotazione di un intelligibile, con la precisazione però che i fasci di
correnti di intelligibilità non sono dotati di confluenza per divergenza
originaria, ma sono, per dir così, coestensivi e sovrapposti di quella stessa
coestensione e coincidenza che caratterizzano
i generi sommi da cui le varie correnti prendono origine: se la prima
operazione fonda il giudizio, la seconda fonda la gerarchia ordinata degli
intelligibili, e l’integrazione delle
due operazioni ha luogo per la continuità legittima della serie dei giudizi,
con la differenza però che sia nel giudizio isolato che nella concatenazione
continua dei giudizi non necessariamente la funzione di soggetto è assunta solo
dagli intelligibili sussunti e quella di predicato dagli intelligibili
sussumenti, in quanto a rigore è indifferente
porre a soggetto del giudizio primo nella serie l’intelligibile di infima
sussunzione o l’intelligibile di suprema sussunzione; una logica che
costituisca se stessa attraverso la determinazione dei rapporti costanti
intervenenti in siffatta analisi dialettica non mi pare che sia stata ancora
sistematicamente costruita e forse sarebbe interessante tentarla, ma anch’essa
rileverebbe un dualismo persistente, reciproco dell’altro, tra l’unità per
struttura polimorfica e l’eterogeneità delle forme strutturanti, dualismo che
insorgendo nella definizione e
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descrizione delle categorie
e delle loro reciproche interdipendenze riemerge entro i risultati delle
elaborazioni analitiche degli intelligibili a livello subordinato, e manifesta
in genere se stesso nell’insufficienza che i giudizi isolati a predicato
monomico sarebbero destinati ad avere e nell’impossibilità di pensare un
intelligibile in rapporto con una sola sua denotante formale; sta di fatto,
tuttavia, che il pensiero di condizione umana ha sempre preferito il ricorso
all’analisi del primo tipo e che, di conseguenza, la logica fomale tradizionale e anche quella formalizzata
hanno scelto come terreno per le loro induzioni e le loro costruzioni le dialettiche di quel tipo, finendo col
rafforzare e quasi unicizzare l’originaria propensione del pensiero; ma sta
anche di fatto che il pensiero di condizione umana procede talvolta
spontaneamente ad alcune rapportazioni dialettiche che non è dato legittimare
se non presupponendo un processo analitico del secondo tipo, avente a criterio
la struttura unitaria semplice e polimorfica dell’intelligibile in generale: ad
esempio, i giudizi che a predicato di un intelligibile generico assumono una
denotante della connotazione di una specie
di questo, del tipo “l’uomo è poeta” o “l’organismo è autotrofo” in cui
il termine del soggetto è indice della classe in genere e non di uno dei membri
di essa, o i giudizi in cui concetti che son denotanti specifiche
contraddittorie sono predicati al genere delle specie che essi definiscono e
distinguono, del tipo “l’agire è bene e male “, in nessun modo possono essere
coonestati con le strutture prese in considerazione dalla logica formale e
formalizzata, e si giustificano solo come tracce di uno sporadico ricorso
all’analisi del secondo tipo e come
operazioni particolari, che le due logiche consuete non considerano e non
descrivono, ma che il pensiero compie in armonia con i principi dell’analisi
seconda ogniqualvolta predica intelligibilità, in un giudizio, a un
intelligibile assunto come genere; ne è da credersi che il fatto che
l’interpretazione platonica della genesi delle specie dal genere sia tale da
consentire a un genere di porsi a soggetto delle specie, sia testimonianza di
una sotterranea rivalutazione del secondo processo di cui il pensiero umano è
capace, giacché tale teoria sottintende una disarticolazione dell’intelligibile
in eterogenei, disgiunti e geometrizzati che, anche se nel genere sussistono in
unità indifferenziata, non per questo sono in essi coesistenti e coestensivi,
come è dimostrato da ciò che la simultanea sussistenza delle
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specie a lato del loro
genere riproduce il genere ma per una giustapposizione che ricostituisce il
genere stesso al di fuori però di esso e per una continuità di distinti, è
dimostrato, in parole semplici, dal fatto che tra il genere e le specie si pone una equivalenza
spaziale-geometrica, pari a quella che si dà tra un prisma uniforme e un prisma
uguale ma strutturato dalla somma di
due prismi eterogenei complementari, e
giustificante la predicazione delle specie al genere. Ma quel che qui interessa
è una conseguenza particolare nascente dall’interpretazione
dell’interdipendenza delle categorie in
chiave qualitativa, conseguenza che potrebbe porsi anche come uno dei principi
della logica di un pensiero analizzante in generale sotto siffatto criterio: se
due categorie, che rispetto alla definizione dei loro reciproci rapporti vanno
pensate secondo una successione in serie per cui il primato e l’antecedenza
sono assegnati a quella che è principio di ontità intelligibile e fondamento della pensabilità all’altra,
debbono, ancor prima di essere poste in
siffatto ordine che le scinde in una
eterogeneità insuperabile, venir pensate come coesistenti e coestensive
nell’unità semplice dell’unico intelligibile supremo, la apoditticità che
accompagna i due attributi formali della coestensione e della coesistenza e la
cui generica rappresentazione è integrata dal rapporto di interdipendenza che
lega le connotazioni materiali delle due categorie, comporta che la
rappresentazione dell’una astratta dal tutto sia un modo puramente artefatto e
provvisorio del loro pensamento e che la rappresentazione dell’una faccia
tutt’uno con la rappresentazione dell’altra, non tanto in forza del vincolo di
interdipendenza, quanto in virtù della unità semplice sotto cui le due
connotazioni materiali debbono essere riguardate -le categorie aristoteliche
del qualitativo e del quantitativo rivelano un’interdipendenza, della prima dalla
seconda per l’integralità rappresentativa e della seconda dalla prima per
l’ontità ontologica, e l’interdipendenza non è se non l’aspetto che la loro
coestensione e coesistenza nell’essere e nella sostanza assume quando viene
tradotta in una continuità per giustapposizione tra due eterogenei; il fatto
che i due eterogenei sian pensati interdipendenti pone l’unità
geometrico-organica che comporta la simultaneità della dialettica dalla
rappresentazione del qualitativo alla rappresentazone del qualitativo e
viceversa, e che impone l’impossibilità di un’astrazione assoluta dell’una
dall’altra e la necessità della coesistenza o corappresentazione dei due
intelligibili; ma il fatto che sia sotto qualunque punto
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