- 132 -
[pag.132 F1]
fuor da questo e fuor dalle sue specie nell’ontico in
sé, con ripetizione in sé e in tutte le sue specie nel pensiero -; per
l’interpretazione qualitativa, si ripete la situazione aristotelica di un
ontico in sé in cui l’inerenza non s’accompagna a ripetizione, ma dal punto di
vista dell’intelligibile per il pensiero l’immanenza è biunivoca in quanto, se
la complementarità dello specifico esige la presenza del generico da esso
integrato, con conseguente rapporto di parte a tutto del genere rispetto alle
specie, anche il generico si pone come un complementare rispetto allo specifico
e lo contiene allo stesso modo che un integrando in vista di una integrazione
definita ha in sé il proprio integrante che è uno ed uno solo, con la
conseguente immanenza della specie nel genere; che, se l’integrazione è
variabile in funzione di una certa variazione delle deficienze qualitative
dell’integrando, la variazione degli integranti non esclude l’immanenza delle
corrispondenti specie nel genere - dal
punto di vista qualitativo, l’intelligibile procariota è in rapporto di
inerenza con l’organismo, in quanto da un lato la denotazione della
riproduzione in particolare e in genere tutte le note dell’organismo sono note
della sua comprensione, dall’altro la modalità della scissione e insieme quella
della produzione di gameti o cellule
specializzate sono necessariamente complementari della riproduzione e si danno
simultaneamente ad essa, sicché la specie del procariota è da ritenersi anche
immanente nel genere. Tutto questo porta le sue conseguenze entro la
rapportazione dialettica di due intelligibili che stiano come genere a specie,
e quindi entro il segno di tale rapportazione, il giudizio: ogni dialettica da
concetto a concetto, quando i due siano
in rapporto di genere a specie, realizza un certo stato del pensiero che non
necessariamente è un fine volontariamente perseguito, e subordina la validità
propria e dello stato realizzato a un certo numero di condizioni che sono
altrettanti principi della sua verità formale; lo spostamento dell’attenzione
cognitiva dalla comprensione dell’uno alla comprensione dell’altro attua la
simultanea rappresentazione dei due intelligibili in quanto connotati ed impone
la rappresentazione delle denotazioni dell’uno alla rappresentazione
dell’altro, dal che deriva che alla conoscenza uniformizzata e disarticolata di
questo si sostituisce una sua conoscenza distinta in eterogenei e articolata in
denotanti, il che chiamiamo intellezione ed intelligibilità; poiché la
sostituzione non è né casuale né arbitraria ma necessaria, onde in essa siano
ripetute le leggi ultime del discorso razionale, devono essere verificate
alcune modalità sia entro le strutture dei due intelligibili sia entro la loro rapportazione dialettica,
modalità che acquistano
[pag. 132 F2]
la forza di condizioni preordinate e preesistenti
all’atto del rapporto dialettico e che, non essendo se non definizioni speciali
dei grandi principi di ragione, agiscono come leggi formali danti all’atto
validità logica e cognitiva: in primo luogo, deve essere data alla conoscenza,
entro la connotazione dell’intelligibile uniforme e inarticolato, almeno o una
o due delle note dell’altro, onde divenga lecito sostituire alla comprensione
ignota e apparentemente omogenea del primo la comprensione nota e discreta
nell’eterogeneità delle denotanti del secondo, essendo fondamento dell’operazione la connessione
necessaria con cui le denotanti si vincolano reciprocamente in qualsiasi
connotazione, ed essendo ragione del numero necessario e sufficiente delle note
già date prima della rapportazione il fatto che se l’intelligibile da
rapportare è un immediatamente sussunto sotto una categoria è necessaria la
conoscenza della sua differenza specifica per ritrovare il categoriale che gli
è complementare, mentre per gli intelligibili di tutti gli altri livelli
sottoordinati la nozione della differenza specifica è bastevole, ma non
necessaria a rimandare a un sovraordinato, raggiungendosi la necessità che il
sovraordinato sia immediatamente successivo
solo con l’ulteriore nozione di
almeno una nota di questo; ora, la necessità della conoscenza di due note
dell’intelligibile conseguente che siano identiche a due note
dell’intelligibile principio, comporta che l’intelligibile principio sia
inerente all’altro e che la sua comprensione sia una parte e un contenuto di
quel tutto contenente che è la comprensione dell’altro: infatti, o i due
concetti rapportati sono due identici, il che è o oggettivamente assurdo o solo
relativamente valido, o i due concetti sono due diversi, di una diversità
soltanto parziale in quanto è presupposta una loro parziale identità; ma allora
dei due intelligibili che non sono assolutamente identici, e che s’identificano
solo in una parte della loro connotazione, o ciascuno ha una comprensione che
solo in parte è ripetuta identicamente nella comprensione dell’altro, il che è
assurdo giacché dovrebbe esser data nella connotazione dell’intelligibile
principio almeno una denotante che non deve trovarsi nella connotazione
dell’altro e che insieme deve trovarsi in forza dell’apodittica connessione fra
tutte le note, o l’uno trova la propria comprensione ripetuta totalmente nella
comprensione dell’altro, senza che questa si esaurisca in tale ripetizione;
necessariamente ammesso questo, resta che si debba equiparare la differenza
[pag.132 F3]
delle due comprensioni a un resto, ossia alla differenza
quantitativa fra il tutto e una parte; il che porta a definire la condizione,
come la necessità che l’intelligibile principio sia immanente nella
comprensione dell’intelligibile conseguente e ne sia parte; in secondo luogo,
se l’intelligibile principio è sostitutivo di una parte dell’intelligibile
conseguente, esso deve realizzare nel
proprio seno una connessione necessaria tale che tutte le rappresentazioni che
lo costituiscono si pongano come
momenti di un solo ed unico atto di pensiero, tale cioè che al pensiero sia
lecito correre dialetticamente lungo tutta la loro serie superando la
discontinuità qualitativa pel medio della continuità offerta dalla formale
interdipendenza o biunivocità necessaria, e inoltre deve ripristinare identica
connessione necessaria fra la propria unità e le denotazioni immanenti nella
connotazione dell’intelligibile conseguente, ma esteriori alla sfera della
connotazione del principio: se la connessione apodittica viene a mancare nell’intimo stesso dell’intelligibile
principio, questo cessa di essere fonte, almeno totale ed esaustiva, di
intelligenza per il conseguente come quello che ne è esso stesso privo; se non
è data, invece, la connessione necessaria tra la connotazione del principio e
la denotazione sovramondante ((???sovramontante?? sovrabbondante??)) del
conseguente, è assente uno dei
fondamenti di diritto della dialettica di rapportazione; di qui, la seconda
condizione sovraordinata alla dialettica
di due intelligibili, che essi debbono
e ciascuno nella sua assolutezza ed entrambi nell’unità della
rappresentazione simultanea porsi come dei continui unitari, ossia come dei
compositi eterogenei i cui differenti elementi son ridotti a unità da una
connessione reciproca di qualsivoglia forma, ma costantemente necessaria; in
terzo luogo, l’intelligibile da cui il pensiero muove dialetticamente deve
avere tutta la sua connotazione eterogeneizzata ed articolata secondo rapporti
di apodittica dipendenza reciproca, il che è verificato istantaneamente nel
caso che l’intelligibile principio sia di intelligibilità immediata; se questa
non è data, il principio deve risultare eterogeneizzato ed articolato in
seguito alla sua rapportazione a fine di intelligibilità a un suo principio il
quale sia di intelligibilità immediata o sia a sua volta conseguente di un
altro principio, e così di seguito fin che il principio, primo del processo
dialettico, non conduca a un suo principio primo per intelligibilità immediata;
in forza del rapporto da contenuto a contenente che deve essere verificato onde
l’un intelligibile sia principio dell’altro, il pensiero deve instaurare tra i
principi del principio e il principio un’ uniforme relazione di
[pag.132 F4]
contenuto a contenente, con la conseguenza che
nell’intelligibile, ultimo del processo dialettico, devono darsi immanenti
tutti i principi del principio; di qui la terza condizione che l’intelligibile
conseguente deve accettare a suoi principi tutti i principi dell’intelligibile
che è stato posto a suo principio da un
primo atto dialettico, e deve porsi a contenente del principio e di tutti i
principi di questo; sembra che si dia una quarta condizione: posti due
intelligibili l’uno principio di intelligibilità dell’altro, poiché siffatta
relazione ha a fondamento di legittimità l’equazione qualitativa e qualitativa
del primo con una parte della comprensione del secondo e il trasferimento a questa
parte della rappresentazione analizzata e ordinata cui la connotazione del
principio è stata ridotta, la relazione di dipendenza non può essere ridotta
alla mera dialettica di intelligenza, anzitutto perché al pensiero di
condizione umana risulta la rappresentazione, della cui portata oggettiva o
soggettiva qui non si vuol fare un problema, di un patrimonio di intelligibili
che non si dà fin dalle origini del suo conoscere con il totale intreccio delle
articolazioni, suddivisioni, sovraordinazioni con cui è posseduto in atto a una
certa fase del suo sviluppo, ma viene conquistato a poco a poco con transizioni
dialettiche che concludono dalla
contemplazione ed elaborazione di un noto all’esistenza di un intelligibile,
entrante nella cittadinanza delle nozioni razionali, in secondo luogo perché
l’analisi della comprensione di un intelligibile in generale rivela un nesso
dialettico da denotazione a denotazione implicante una successione logica da
condizionante a condizionato la quale, per quanto si spogli, una volta
sottratta alle condizioni diacroniche del pensiero umano e proiettata in un
ontico in sé la cui acronia elide il cronologico subentrare del secondo come
condizionato e quindi posteriore al
primo come condizionante e quindi anteriore, del movimento in atto e quindi di
qualunque trasformazione esigente successione temporale, conserva sempre un
ordine di priorità tra diversi irrapresentabile dalla mente umana, ma da questa
affermabile secondo simultaneità per una ragione che sia principio ontico di
tutte le cose: perciò o che si parta dal pensiero di condizione umana o che ci
si situi nelle condizioni di un razionale metafisico acronico, è pur sempre
data una genesi dell’un intelligibile dall’altro, sicché una volta riconosciuta
l’intima affinità che connette due intelligibili in rapporto di principio di
intelligibilità a conseguente, è naturale che lo stesso rapporto venga
analizzato per inferirne la valutazione
che di esso deve farsi come rapporto genetico, ossia come relazione da
principio di esistenza a conseguenza: in altre parole, un rapporto in genere
tra due intelligibili si pone al tempo stesso come rapporto di pensabilità di
|