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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 101 -150
    • 133
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diritto, quello che abbiamo chiamato rapporto di intelligibilità, per cui l’un intelligibile consente l’intelligenza dell’altro e quindi si pone a ragion sufficiente  della validità delle sue pretese di universalità e necessità, garantendone la pensabilità di diritto, e come rapporto di pensabilità di fatto o rapporto di esistenza, per cui l’un intelligibile  pone l’esistenza in sé e il pensamento in generale ad esistenza per il pensiero dell’altro, delle cui pretese ad esistere e ad essere rappresentato, in quanto antecedente logico e logico-diacronico, si erige a ragion sufficiente; dal punto di vista aristotelico, il fatto che l’intelligibile, conseguente in ordine di intelligibilità, stia al principio come un tutto che lo contiene come sua parte, impone che quello sia pensato come principio dell’esistenza e della pensabilità di fatto di questo  con un capovolgimento del rapporto di ragione già esistente tra i due, che ritrova  la propria validità, già data per la conoscenza di tipo umano che muove dalla acquisizione in atto intuitiva dell’intelligibile totale ed autosufficiente, confermata nell’ontico in sé in cui la relazione da attuale a potenziale tra il denotante escluso dal rapporto di intelligibilità nel conseguente e lo stesso denotante nel principio assegna una priorità ontica al primo: se è evidente che il conseguente in ordine di intelligibilità è il punto di applicazione dell’astrazione isolante il principio e consenziente l’analisi immediata di questo, sicché nella sfera del pensiero di condizione umana al rapporto da principio a conseguente ai fini della pensabilità di diritto corrisponde un rapporto inverso  ai fini dell’esistenza e della pensabilità di fatto, è altrettanto evidente che in un universo in cui tutto l’attuale non è se non la definizione di un indistinto alle delimitazioni parziali di questo dev’essere anteposta una totale sua elaborazone in vista di una sua totale definizione che non è se non l’attualità del contenente a cui poi potranno seguire, sia pure acronicamente, definizioni ed atti della stessa materia che sono sue parti e suoi contenuti;anche la teoria platonica dice qualcosa di genericamente identico, quando afferma esistere tra il conseguente di intelligibilità e il suo principio il rapporto di un tutto indistinto ed omogeneo a una sua parte che acquista distinzione ed eterogeneità  relativa per l’atto della sua separazione dal tutto, sicché, anche se il rapporto in cui i livelli di intelligibilità si pongono per inserirsi in una relazione da principio di intelligibilità a conseguente è il capovolgimento di quello affermato dalla teoria aristotelica, resta qui come valido che il rapporto da principio a conseguente conserva lo stesso ordine sia in vista dell’intelligenza, sia in vista dell’esistenza in quanto quest’ultima si rifà al rapporto da contenente a contenuto dei due;

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solo tuttavia sul piano dell’ontico in sé, in quanto nel pensiero di condizione umana sia in forza dell’acquisizione per memoria sia perché il conseguente ripete in sé, come sua parte, quanto di evidente si nel principio, lo spontaneo rapporto di esistenza resta il capovolgimento del rapporto di intelligibilità; di qui la quarta condizione che vuole che due intelligibili siano principio di intelligibilità l’uno per l’altro quando al secondo sia lecito porsi come principio dell’esistenza e pensabilità di fatto del primo, come quello dei due che è contenente e tutto dell’altro, sua parte e suo contenuto; la qual condizione non è che un corollario della prima. Il giudizio, che è espressione del rapporto di intelligibilità, a segno della funzione di principio di intelligibilità pone la funzione di soggetto assunta dalla parola indice dell’intelligibile principio, a segno della funzione di conseguente pone la funzione di predicato assunta dalla parola indice dell’intelligibile conseguente, a segno del rapporto di intelligibilità o una parola specializzata o una certa uscita del predicato o la tonalità secondo cui le due parole meramente giustapposte sono pronunciate, essendo la funzione del soggetto e la funzione del predicato non necessariamente stabilite, sotto il punto di vista formale, dalla posizione reciproca assunta dalle due corrispondenti parole: ((nota a matita dell’autore:”indagare la frase nominale in Platone e nei prearistotelici “)) siffatta struttura ricalca oggi generalmente l’interpretazione e l’analisi date del rapporto di intelligibilità dalla teoria aristotelica. E’ logico, quindi, che il giudizio riscontri anch’esso, nella sua forma, tutte le condizioni cui il rapporto di intelligibilità deve sottostare: perciò, la parola con funzioni di predicato designa insieme l’intelligibile che è principio di intelligibilità e contenuto o porzione  o sfera denotante della comprensione della parola-soggetto; la parola-predicato è indice di un intelligibile, articolato su denotazioni concatenate necessariamente tra loro e insieme con la denotazione  che nell’intelligibile, indicato dalla parola-soggetto, è sovrabbondante, sicché la parola-soggetto è il segno dell’unità dell’intelligibile corrispondente in sé e in unione con l’intelligibile di cui la parola-soggetto è indice; la parola-predicato deve porsi a soggetto di tante parole-predicati quante sono introdotte nel linguaggio ad indicare gli intelligibili che son principi di intelligibilità del suo intelligibili ((intelligibile??)), e ciascuno di questi nuovi termini  deve porsi  a predicato della parola-soggetto e generare un identico numero di giudizi, ciascuno rispettante le due precedenti condizioni; la parola-soggetto indica un intelligibile che è principio dell’esistenza o pensabilità di fatto dell’intelligibile indicato dal predicato. Se come punto di riferimento della

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connessione degli intelligibili in quanto rapportati secondo intelligibilità si assume il sistema degli intelligibili strutturati nell’ordine scalare da genere a specie ossia in rapporti di sovraordinazione, stabilita dall’identità ed isolamento dei denotanti che sono assunti ad essenza e condizione fondamentale di tutti gli intelligibili dati nei due livelli, e di subordinazione, stabilita dall’articolazione sulla denotazione essenziale di tutte le note che ne sono integrazione complementare, indipendentemente dal fatto che l’intreccio secondo  intelligibilità sia generatore del nesso sistematico  o ne sia generato appare evidente esserci tra i due una dipendenza funzionale se non altro perché l’ordine sistematico ripete quell’identità di una porzione delle comprensioni e quelle relazioni da contenuto a contenente che sono l’essenza e la condizione dell’altro ordine: la descrizione aristotelica delle strutture dei generi e delle specie assegna ai primi la funzione di principi di intelligibilità, alle seconde  la funzione di conseguenti e verifica in qualsiasi rapporto da genere a specie le quattro condizioni che debbono esser date perché un nesso tra intelligibili sia di intelligibilità, inferendo da ciò la liceità di costruire su di un genere e su una sua specie il giudizio, che ha a soggetto la specie, contenente il genere, costituente con questo un’unità assoluta, tollerante tutti i predicati del genere, principio dell’esistenza e della pensabilità di fatto del genere, e a suo predicato il genere, contenuto nella specie, strutturato secondo un’unità relativamente assoluta e integrantesi in unità con la specie, conseguente di intelligibilità dei suoi generi, principio dell’intelligibilità e della pensabilità di diritto della specie. La quarta condizione, del capovolgimento del rapporto di intelligibilità in un rapporto che è fondamento della pensabilità di fatto di entrambi i rapportati, non è apodittica e univoca se non in forza di una teoria la quale identifichi il concetto logico-formale della struttura del rapporto di pensabilità di fatto con il concetto gnoseologico della genesi nel pensiero o acquisizione del pensiero degli intelligibili in generale, e quest’ultimo con il concetto ontologico della genesi ontica degli intelligibili l’uno dall’altro: solo se si afferma che il pensiero di condizione umana acquisisce gli intelligibili per intuizione immanente, cioè con un atto di contemplazione che offre la rappresentazione dell’essenziale delle percezioni fenomeniche, si pongono all’origine della cognizione per universali noti la cui connotazione totalmente integra e assolutamente autosufficiente sciorina la successione delle denotazioni in una serie disarticolabile  in membri condizionati e in membri condizionanti e assicura la liceità dell’astrazione e dell’isolamento dei secondi, col che

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si descrive l’arricchimento ed ordinamento degli intelligibili come un’inferenza dei generi dalle specie: la genesi allora degli intelligibili è dalle specie al genere, e il giudizio in cui il predicato rimanda al genere come al principio dell’intelligibilità è garantito in tutt’ e quattro le condizioni, compresa l’ultima che la specie-soggetto sia principio di esistenza per il predicato-genere; solo se si afferma che nell’ontico in sé l’intelligibile avente in atto la quantità più elevata di denotazioni antecede tutti gli intelligibili in cui inferiore è il numero delle denotazioni attuali, si erigono le specie in sé a principi di esistenza dei generi in sé e, di conseguenza, si assegna all’ontico indipendente dal pensiero umano un ordine reciproco che è quello dell’ontico per il pensiero e al giudizio formulato dal pensiero il diritto di esprimere entrambi i sistemi, quello del pensiero e quello dell’ontico in sé. Ma, una volta fondata la legittimità del rapporto da specie a genere come rapporto dal principio di esistenza al suo conseguente sull’equivalenza di esso, in quanto pura condizione che dev’essere verificata onde  sia legittimo l’inverso rapporto di intelligibilità, con la relazione di identica direzione  e verso che tra specie e genere si   sul piano cognitivo e sul piano dell’ontico assoluto, perché siffatta equiparazione fosse apodittica  non dovrebbe mai essere intuita nel pensiero nessuna operazione che non verificasse un’acquisizione di una specie da un genere e che, per questo, rompesse la costante simmetria fra l’ontico generarsi dei concetti l’uno dall’altro e l’affermazione della loro genesi secondo lo schema speciegenere: ma ci sono casi in cui il pensiero, partendo dalla contemplazione dell’intera articolazione in denotanti della connotazione di un intelligibile genere e dalla rassegna analitica di tutte le specie e di tutti i rapporti in cui le specie tra loro e le specie col genere vengono ad allacciarsi col genere entro il fenomenico naturale, deve operare un’inferenza apodittica di una specie ignota dal genere, rompendo in tal modo il suo orientamento, che dovrebbe essere classico, dalle specie per risalire ai generi; è vero che in siffatti casi la specie si pone sempre come un’ipotesi che attende verifica con l’intuizione, ma è pur vero che l’intuizione ha il compito ben limitato di garantire l’esistenza della specie, non di darne conoscenza secondo tutte le sue denotazioni la quale è già anticipata dall’inferenza; d’altra parte, ci sono operazioni, condotte con elaborazioni sulle denotanti di un generico,




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