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un rapporto che è da protoplasmatico assimilante ad
eterogeneo assimilato, da protoplasmatico assimilante ad omogeneo assimilato,
da protoplasmatico assimilante ad omo- ed eterogeneo assimilati, sicché la
denotazione dell’assimilazione, nell’atto stesso in cui pone sé, articola su di
sé, secondo il medesimo tipo di complementarità, le qualità della glicosintesi,
dell’organoassimilazione, della simultaneità di entrambe; per questo punto di
vista, la specie dell’autotrofo, allora, si riduce al genere, in quanto però
privato di due sue denotazioni -; dunque il criterio qualitativo ha il diritto
di riguardare al genere come a un contenente della specie, che sta a questa
come un principio di esistenza e di intelligibilità al suo conseguente, e,
benché ripristini il rapporto formale di ragione tra genere e specie secondo le
denotazioni analitiche sotto cui il platonismo le guarda, si distingue nettamente
dal platonismo in quanto conserva l’articolazione delle connotazioni in
distinti qualitativamente eterogenei senza cadere nella discrezione
aristotelica eguagliante l’eterogeneità a una separazione geometrica: grazie a
ciò, il punto di vista qualitativo dà ragione dell’immanenza della specie nel
genere secondo le esigenze analitiche
del pensiero di condizione umana, a differenza del platonismo che quando si
tratta di fondare la relazione da contenente a contenuto tra genere e specie
fallisce in quanto contravviene al criterio razionale pel quale l’unico
rapporto tra due semplici ciascuno dei quali omogeneo a se stesso è l’identità
assoluta o l’eterogeneità assoluta; comunque, anche il punto di vista
qualitativo assegna al giudizio lo schema “ A è B” in cui A, genere, sta a B,
specie, come un principio di esistenza e di intelligibilità sta al conseguente
in forza del rapporto da contenente a contenuto che vincola il genere alla
specie.
Se gli essenziali di un rapporto di intelligibilità fra
due intelligibili [[Nota a matita dell'autore:”Esaminare la
definizione di Giudizio: A è B = Contenente è contenuto = conseguente di
intelligibilità a principio di intelligibilità = principio di esistenza a
conseguente di esistenza = é così? Aristotele e Platone e qualitativo -
indagare a fondo e correggere. Per la correzione partire di qui “.]] sono
l’immanenza dell’uno nell’altro, secondo una proporzione per la quale
l’intelligibile che accoglie in sé l’inerente sta all’intelligibile inerente come
un contenente a un contenuto, e la disarticolazione dell’unità intuitiva del
contenente al fine di identificare una delle sue denotazioni componenti con la
rappresentazione globale dell’altro e dell’unità intuitiva del contenuto al
fine di ridurre la continuità inarticolata della denotazione privilegiata in
una discontinuità articolata ed eterogenea, al pensiero di condizione umana è
imposta l’analisi di tutte le sue rappresentazioni intelligibili come punto di
partenza per i successivi abbinamenti che son fonte di intelligibilità; si pone
qui la questione di quali rappresentazioni debbano
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essere analizzate per prime onde sia posta la più
semplice condizione necessaria e sufficiente per un abbinamento di
intelligibilità: evidentemente le prime rappresentazioni la cui analisi è
condizione di dialettiche di intelligibilità sono quelle che dovranno offrire
con la propria disarticolazione i diversi denotanti che, separati dal tutto e
riportati al tutto come parti e contenuti, consentono la genesi di un rapporto
da contenuto a contenente; la successiva analisi del contenuto serve a rendere
completo il rapporto di intelligibilità, ma resta sempre subordinata alla prima
come quella che ritrova in essa la ragione del suo essere; ora, il pensiero di
condizione umana non è né univocamente
determinato nell’assunzione di rappresentazioni che siano assolutamente prime
nell’ordine dell’analisi e che rispetto a questo si diano come esclusivamente
contenenti né totalmente indeterminato rispetto al primato da attribuirsi a
rappresentazioni sì da poter a suo arbitrio
mutevole porre a primi or questi or quelli tra gli intelligibili; il
nostro pensiero ha due serie di rappresentazioni su cui iniziare l’atto
dell’analisi, da un lato le percezioni
o individualità composite
sensorialmente intuite in quanto dotate di una componente composita
universale e necessaria e quindi intelligibile e costituenti ciascuna un
autonomo autosufficiente, dall’altro le stesse percezioni nelle stesse modalità
cognitiva e forma intelligibile, in quanto interdipendenti e con ciò
insufficienti ad esistere in
un’autonomia isolata, fuori del complesso che le comprende ed entro cui son
colte: è vero che un pensiero di tutte le rappresentazioni intelligibili
attraverso cui pretende di rappresentare
il nucleo intelligibile delle
rappresentazioni percettive ha il diritto di isolarne una, rompendo tutti i
legami di interdipendenza che la
connettono alle altre ed erigendola ad ente a se stante concepibile per sé e
non per altro, in forza dell’individualità della percezione corrispondente, ma
è altrettanto vero che gli è dato anche il diritto di sovraordinare alle
rappresentazioni dei nuclei
intelligibili delle percezioni altre rappresentazioni mediante le quali tende a
fissare il nucleo intelligibile delle totalità a contenuto sensoriale, costituite dalle unità in cui le
percezioni vengono a legarsi per i
vincoli di interdipendenza che le
stringono l’una all’altra; stando a quel che ci dice Kant, questi concetti di
unità a contenuto di molteplicità percettiva, non sarebbero né originari né logicamente primari, ma
sarebbero la risultante, o simultanea o successiva, di varie operazioni
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che l’insufficienza delle singole percezioni e delle
rappresentazioni intelligibili loro corrispondenti alle condizioni della
facoltà del sillogismo imporrebbe alla
coscienza conoscente; avremmo quindi
che fare con una produzione secondaria di rappresentazioni
intelligibili formalmente legittime,
materialmente assurde per l’assenza di un ontico contenuto intelligibile
simmetrico a quel che di universale e necessario si dà in una corrispondente
percezione intuitiva; volendo privare di validità queste rappresentazioni di
unificazioni di percezioni, volendo negare l’equipollenza del loro diritto a
porsi come degli intelligibili con il
medesimo diritto di cui godono le
rappresentazioni delle percezioni, non c’è bisogno di un meccanismo tanto complesso com’è quello del
polisillogismo che tra l’altro non rende ragione affatto dell’adunata dei concetti
delle percezioni nella composizione di un concetto che collettivamente li
abbraccia, basterebbe definire questi concetti collettivi i prodotti dell’analogia che identifica il
rapporto tra le sensazioni di una percezione e l’unità individuale della percezione
con il rapporto tra le percezioni e una loro unità individuale entro una,
diciamo così, percezione di percezioni, e con ciò dà esistenza a un’unità
fenomenico-intuitiva di percezioni, cui deve corrispondere una rappresentazione
intelligibile; ma come la giustificazione kantiana dà una vacillante
ragione di certi concetti
collettivi cui evidentemente non
corrispondono rappresentazioni intuitivo-fenomeniche, ma non riesce a
cancellare l’esistenza di rappresentazioni immediate ed intuitive di collettivi
di percezioni, allo stesso modo il
processo analogico non riesce ad escludere che l’intuizione delle percezioni
sensoriali sia non di ontici giustapposti e irrelati, ma di ontici
interdipendenti che da una modificazione essenziale del tutto ricevono
necessariamente una modificazione intima a ciascuna: certo all’intuizione
sensoriale non sono mai date rappresentazioni di collettivi di percezione, che
godano di quei caratteri di individualità, integrità, autosufficienza di cui
l’immagine isolata di una percezione è dotata, ma una rappresentazione di
percezioni collegate per interdipendenza è sempre data con immediata
simultaneità, insieme all’intuizione di ogni percezione; d’altra parte, per
parlare di totalità sovraordinate alle
rappresentazioni dei nuclei intelligibili delle percezioni, non c’è neppure
bisogno di muovere dal problema della genesi degli intelligibili per risolverlo
o nel senso di una loro effettiva esistenza
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nel nostro pensiero con la concomitante introduzione di
concetti innati, che null’altro sarebbero se non il collettivo di tutti i
concetti rappresentabili, o nel senso di una loro pretesa ad esistere nel nostro pensiero, tuttavia non
riscontrata entro il percepito
fenomenico con tutti i modi che essi aspirano a possedere, con la
concomitante negazione di concetti innati ((??)) e quindi di collettività di
concetti; chi, come Hume o Kant, nega rappresentazioni che si sovraordinano ad
altre come loro unità comprensive, introduce
poi le nozioni o di associazione o di legge causale le quali inseriscono
le percezioni in unità superiori che non si vede come possano essere presenti
al pensiero se non tramite un atto immediato che sarà pur sempre dato con
l’intuizione sensoriale; l’esperienza
che ogni giorno facciamo dell’intuizione fenomenica prova che questa è fatta di
percezioni apprese sia nella modalità di gruppi sensoriali individuali sia
nella modalità di unità per interdipendenza: e non si vede il motivo per cui,
come il pensiero ritiene legittimo l’erigere di contro ad ogni percezione una
rappresentazione intelligibile della sua essenzialità, così non gli sia dato il
diritto di contrapporre alle unità collettive delle percezioni, immediatamente
apprese al pari delle percezioni e insieme con esse, rappresentazioni altrettanto
intelligibili della loro essenzialità; qualunque ragione s’adduca del fatto che
le percezioni sono interdipendenti, si dà nel nostro conoscere che le
percezioni vengano intuite come facenti
parte di unità superiori che le conglobano e che è lecito rappresentarsi, attraverso concetti, nella
loro essenzialità [[Nota a matita dell'autore:” spazio,
tempo, coscienza, sistema solare, ecc.”]]; il pensiero, allora, ha a sua
disposizione due ordini di intelligibili da sottoporre ad analisi, gli
intelligibili delle percezioni e gli intelligibili dei collettivi per
interdipendenza delle percezioni; di qui i due differenti processi di analisi e
i due loro diversi risultati: se
l’oggetto primo dell’analisi è l’ontico intelligibile simmetrico di una percezione sensoriale, la rottura
dell’unità intelligibile nelle due fazioni dell’essenza e dell’essenziale,
della condizione e del condizionato, provoca le tre rappresentazioni del
genere, della specie, dello specifico, pone le minime condizioni
necessarie e sufficienti per un
giudizio, dello schema A è B di tipo aristotelico, e apre la via all’analisi
del genere, con conseguente insorgere di tre altre rappresentazioni, quella del
genere in funzione di specie, quella del genere del genere -specie, quella
dello specifico entro il genere; il processo di impoverimento progressivo del
quanto di cognizione
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