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in cui il soggetto sia un contenuto dell’estensione del
predicato, dev’essere verificata la condizione o principio generale di
un’estensione, che la rappresentazione dell’intelligibile nella cui estensione
è pensato il soggetto sia ripetuta entro la connotazione di questo; ora, poiché
affermare un intelligibile contenuto nell’estensione di un altro significa
dichiarare quello sussunto sotto questo
e porre il secondo a principio dell’esistenza universale e necessaria e del
modo di esistenza universale e necessario del primo, il concetto di estensione
gode di due denotazioni, la prima delle quali è principio e ragione e
condizione dell’essere della seconda, una strutturale-formale che definisce il
rapporto da contenuto a contenente tra l’intelligibile la cui estensione è
posta e l’intelligibile posto entro l’estensione dell’altro, una
operativo-dialettica che definisce la dialettica del pensiero
dall’intelligibile della cui estensione si parla all’intelligibile posto entro l’estensione dell’altro, in
quanto dialettica da un principio a un conseguente di intelligibilità, da un
esistente universale e necessario ed
esistente necessariamente e universalmente secondo un certo modo a un esistente che deriva dal primo la necessità e
l’universalità del proprio esistere e
del proprio modo di esistere come quello che contiene il primo come sua parte;
donde deriva che è lecito descrivere il giudizio come la contenenza del
soggetto nell’estensione del predicato, alla condizione però che i concetti di
estensione di un intelligibile e di contenenza
di un intellegibile nell’estensione di un altro siano pensati non
secondo una rappresentazione
metaforico-immaginativa, ma secondo le
loro ontiche denotazioni, di ripetizione dell’intelligibile cui è attribuita l’estensione entro le
comprensioni degli intelligibili contenuti nell’estensione di un altro intelligibile, di questo intelligibile
come nota costitutiva della comprensione, di funzione di principio di
intelligibilità dell’intelligibile della cui estensione si parla nei confronti
degli intelligibili contenuti nella sua
estensione che di esso son conseguenze, del rapporto da principio a conseguente
tra il rapporto strutturale e il rapporto intellettivo; la descrizione del
giudizio categorico deve racchiudere sia i rapporti di comprensione che i rapporti di estensione: predicato e
soggetto debbono essere riguardati dal punto di vista strutturale-formale, in
forza del quale l’attenzione del pensiero è proiettata sulle comprensioni che
li costituiscono, con la conseguenza che deve risultare, o immediatamente o
mediatamente,
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l’inerenza della comprensione del predicato nella
comprensione del soggetto, e il rapporto del giudizio si pone legittimo in
quanto rapporto tra una nota di una comprensione e la comprensione stessa;
predicato e soggetto debbono essere riguardati
dal punto di vista operativo-dialettico, in forza del quale l’attenzione
è spostata sulle loro estensioni e sul rapporto in cui queste si pongono, con
la conseguenza che l’estensione del soggetto è pensata contenuta entro
l’estensione del predicato e il
predicato è concepito come principio di intelligibilità del soggetto in virtù
della relazione di contenenza tra le due estensioni; il rapporto
strutturale-formale tra soggetto e predicato e il loro rapporto
operativo-dialettico, dev’essere riguardato dal punto di vista dell’unità di
due distinti e quindi del principio di ragione, in forza del quale il primo si
pone a principio del secondo e i due si riducono in unità; qualunque
descrizione del giudizio che si sforzi di prescindere dal rapporto tra le
comprensioni per elevare il rapporto tra le estensioni ad unico esponente o
denotazione del concetto di giudizio categorico, o pretenda escludere il
rapporto tra le estensioni onde fare del rapporto tra le comprensioni l’unica
nota specifica dello stesso concetto, pecca di incompletezza; di qui deriva la
descrizione che dev’essere data del concetto di quantità di un intelligibile in
generale e del concetto di distribuzione di un intelligibile in genere:
escludendo qualunque analisi dei componenti di un giudizio in quanto mere
espressioni verbali o parole, la rappresentazione del giudizio categorico in
quanto esclusivo rapporto tra l’estensione dei suoi intelligibili rende
manifesto che nell’atto stesso in cui un intelligibile entra nella
rapportazione di un giudizio non necessariamente l’intera sua estensione è
interessata o affetta dalle conoscenze che la rappresentazione del rapporto suscita;
se si assume un giudizio categorico come sussunzione del soggetto sotto il
predicato e come contenenza del soggetto nell’estensione del predicato, deriva
da un lato che, assunto il predicato come una sfera di molteplici intelligibili
ciascuno individuato secondo quel modo ontico intelligibile la cui
rappresentazione è assunta a principio mediatore della rappresentazione totale
di ciascuna, la sfera del predicato è rappresentata come abbracciante la sfera
dei molteplici intelligibili ciascuno dei quali è individuato
dall’intelligibile del soggetto in quanto rappresentazione assunta a principio
mediatore della rappresentazione di ciascuno deriva dall’altro che è((??l’??))
assunto
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il predicato a rappresentazione privilegiata come quella
che è principio di intelligibilità di una determinata molteplicità di
intelligibili, lo stesso predicato si pone a principio di intelligibilità della
rappresentazione -soggetto, assunta a sua volta come principio di
intelligibilità per una sua propria determinata molteplicità di intelligibili;
sotto entrambi i punti di vista cui la definizione per estensione-sussunzione
del giudizio conduce, la sfera dei molteplici intelligibili del predicato
dovrebbe coincidere con la sfera dei molteplici intelligibili del soggetto, ma
non coincide necessariamente, e la molteplicità degli intelligibili conseguenti
di intelligibilità del predicato dovrebbe coincidere, ma non coincide
necessariamente con la molteplicità degli intelligibili conseguenti di
intelligibilità del soggetto; dunque, da un lato l’estensione del predicato in
sé, intelligibile rappresentabile astrattamente dal soggetto cui si vincola nel
giudizio pel medio di tutti gli intelligibili costitutivi di siffatta
estensione non è connessa da nessun rapporto di equazione universale e
necessaria con l’estensione del predicato in quanto predicato al soggetto del
giudizio, intelligibile rappresentabile pel medio degli intelligibili
costitutivi dell’estensione del soggetto, negazione che vale anche per
l’estensione del soggetto, dall’altro la rappresentazione del predicato come
principio di intelligibilità in sé, intelligibile che è ragione di
intelligibilità di tutti gli intelligibili pei quali riveste di diritto
siffatta funzione, non è connessa da un rapporto equazionale necessario e
universale con la rappresentazione del predicato come principio di
intelligibilità degli intelligibili del soggetto; poiché nel giudizio il
soggetto e il predicato valgono per quel che le estensioni di entrambi sono in
funzione dell’estensione del rispettivo correlato e non in funzione di se stesse e per quel che il loro ruolo di
principio e di conseguente di intelligibilità è in funzione del ruolo del
rispettivo correlato e non in funzione di se stesse, è necessario
contraddistinguere la rappresentazione dell’estensione e del ruolo di
intelligibilità di un intelligibile in quanto termine di un giudizio
categorico; la quantità indica siffatta estensione e siffatto ruolo; poiché la
quantità del predicato e del soggetto è in funzione del rapporto di
predicazione del giudizio, è lecito parlare di una quantificazione del
predicato e del soggetto ad opera del rapporto di predicazione, ossia di una
delimitazione dell’estensione in genere
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di entrambi ad opera del rapporto stesso; la quantificazione
è univoca e pone la quantità universale del soggetto e del predicato se il
rapporto di predicazione rispettivamente o coinvolge tutte le rappresentazioni
dell’estensione del soggetto nell’atto in cui impone simultaneamente il
pensamento delle rappresentazioni del predicato o coinvolge tutte le rappresentazioni del predicato nell’atto in cui impone simultaneamente il pensamento delle
rappresentazioni del soggetto; la quantificazione è particolare e pone una
quantità particolare o parziale del
soggetto e del predicato se il rapporto di predicazione rispettivamente o coinvolge alcune solo
delle rappresentazioni del soggetto nella simultaneità di pensamento delle
rappresentazioni del predicato o coinvolge alcune solo delle rappresentazioni del
predicato nella simultaneità di pensamento delle rappresentazioni del soggetto;
le due quantità sono rispettivamente equivalenti o inequivalenti alle due
estensioni; è evidente che la mia descrizione respinge la nozione della logica
formale classico-aristotelica che tien conto solo dell’azione quantificatrice
del giudizio sull’estensione del predicato, astraendo dall’azione
quantificatrice del giudizio sull’estensione del soggetto, e, con ciò,
attribuendo una attività quantificatrice solo all’intelligibile del soggetto e
privandone l’intelligibile del predicato; ciò non si dà a caso, ma per il ben
preciso impegno della logica formale
classica ad escludere qualunque intervento decisivo e primario della
comprensione dell’intelligibile in genere nella costruzione del giudizio, e per
il suo ben delineato canone di anteporre
la sussunzione di un intelligibile sotto suo generico essenziale a
qualsivoglia sussunzione di intelligibili sotto un generico meramente formale e
quindi di prendere in considerazione come autonomastici solo i giudizi
universali il cui predicato e il cui soggetto entrino nell’estensione e sotto
l’azione di principio intelligibile della categoria della sostanza o
dell’intelligibile in sé, facendo di tutti gli altri giudizi o universali o particolari
dei corollari o delle conseguenze irrilevanti dei primi; ma questi due principi
operativo-funzionali non rendon conto delle diverse quantificazioni che il
predicato patisce nel giudizio, né tanto meno rendon ragione del fatto che lo
stesso soggetto con la stessa estensione venga quantificato in differenti modi
secondo che venga ricondotto entro l’estensione di differenti predicati; il
motivo di ciò sta nell’
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