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giudizi “l’uomo è mammifero “ e “il gatto è mammifero “
chiarisce quanto è stato detto fin qui -; ora, se il “nota notae” non può
designare soltanto una dialettica a base geometrica, ma deve anche essere
indice di un’opposta dialettica a base funzionale, e se, per conseguenza
immediata, il predicato pone la propria qualità in funzione delle qualità delle
altre connotanti e cessa di essere una nota giustapposta alle altre per porsi
come una nota condizionante e condizionata rispetto alle altre, in ogni
giudizio categorico il predicato è condizionato e definito dalla restante
connotazione del soggetto e, mentre dalla sua immanenza in questa trae il
diritto a farsi principio della sua intelligibilità, dalla stessa immanenza
trae la condizione di dover necessariamente esser pensato come un limitato a
quella particolare predicazione, sicché qualora lo stesso predicato sia
ritrovato come nota di una connotazione altra da quella del soggetto la sua
qualificazione ne risulterà modificata e la sua funzione di principio di
intelligibilità cesserà di essere univoca per acquistare tante modalità quante
sono le connotazioni in cui entra come
nota: è dunque la stessa condizione degli intelligibili di darsi con
connotazioni che solo in parte sono identiche, che comporta che una nota che si
dia identica in più connotazioni debba farsi principio di intelligibilità per
tutte, il quale è da un lato ricco di univocità fin che il pensiero inferisce
dall’indefinita sua inerenza in tutte
la generica e indefinita sua attitudine
a procurare un’intelligenza parziale a tutte, il che è quanto
chiamiamo estensione o classe dell’intelligibile
che è nota e predicato, è dall’altro preda di equivocità non appena il pensiero
inferisce dai vari modi dalla ((della??))sua inerenza in tutte definite ed
eterogenee attitudini a fornire una completa intelligenza a tutte, il che è
quanto chiamiamo quantità della nota o del predicato o parte della sua classe;
ma poiché a lato della funzione generica il predicato in quanto nota di una
connotazione specifica ha funzioni specifiche e poiché con queste funzioni esso
è destinato a connotare connotazioni che varieranno solo per sovraggiungenti
specificazioni mutanti la sua funzione specifica in generica e permarranno
identiche in ciò che di generico hanno,
un predicato con funzioni specifiche vede identificarsi la sua funzione di
principio di intelligibilità parziale e indefinito con la sua funzione di
principio di intelligibilità integro e definito, e ha identiche l’estensione e
la classe da un lato, la quantità e la parte della classe dall’altro; ma la
dipendenza funzionale, valendo non solo per la nota in rapporto con le altre
connotanti, bensì anche per le altre connotanti in rapporto
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con la nota, provocherà l’insorgere di un nuovo punto di
vista per il soggetto, il quale, fattosi da semplice totalità comprensiva di
una parte conseguente di intelligibilità in virtù sia della nuova dialettica
dalla nota alla connotazione sia della qualificazione peculiare venuta alla
nota dai suoi nessi con le altre, avrà la propria connotazione totalmente
ripiena di intelligibilità qualora la nota abbia funzioni generiche o funzioni
specifiche univoche, avrà la sua connotazione limitatamente ripiena di
intelligibilità qualora la nota designi uno specifico a funzioni non univoche,
con la conseguenza che nel primo caso se si danno più intelligibili che ripetono
nella propria connotazione la connotazione rappresentata nel soggetto, se cioè
si dà un’estensione del soggetto, tutti gli intelligibili dovranno avere il
predicato a loro principio di intelligibilità e a loro predicato come quello
che è nota necessariamente immanente nella loro connotazione, e quindi dovranno
verificare l’identità dell’estensione e della quantità del soggetto, mentre nel
secondo caso gli intelligibili
ripetenti la connotazione del soggetto non avranno necessariamente il predicato
come loro nota e quindi come principio della loro intelligibilità, e non
verificherano più l’identità dell’estensione e della quantità del soggetto;
donde le conseguenze-corollari, 1) che
un giudizio con predicato a funzioni di
generico fonda l’identità dell’estensione
e della quantità del soggetto, ma distingue l’estensione e la quantità del predicato, assegnando al
primo una distribuzione totale e al
secondo una distribuzione parziale, cosicché se sono ignoti i giudizi aventi a
loro soggetto i vari conclassari del soggetto del giudizio dato l’estensione del predicato è data apriori e
per principio, ma restano ignoti la sua totale distribuzione e i differenti
modi qualitativi con cui la sua
rappresentazione vien data, distribuzione e modi che sono conosciuti solo se al
pensiero è data la serie totale dei giudizi che hanno a predicato la nota del
primo e a soggetto tutti gli intelligibili di cui la nota è generico; 2) che un
giudizio con predicato a funzioni di specifico univoco, ossia definente la modalità
qualitativa propria del generico della connotazione, pone identiche
l’estensione e la quantità del soggetto e del predicato, bastando perciò la
rappresentazione dell’unico giudizio a offrire la conoscenza dell’intera classe
del soggetto e dell’intera classe del predicato; 3) che un giudizio con
predicato a funzioni di specifico non univoco, ossia definente non
apoditticamente la modalità propria dello specifico della connotazione, fonda
l’identità dell’estensione e della quantità del predicato che in tal modo ha
distribuzione totale, ma
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distingue l’estensione dalla
quantità del soggetto, sicché o sono dati assieme al primo tutti i giudizi
aventi a predicato le note specifiche sostitutive della prima e allora il
soggetto ha una estensione nota nella forma e nella materia e ha distribuzione
totale, o è dato il solo giudizio primo e allora il soggetto ha estensione a
priori e di diritto, cioè formalmente, ma non di fatto e materialmente e
resta con una distribuzione solo
parziale; la locuzione “nota notae” del principio kantiano designa dunque 1)
una dialettica di tutto a parte dal
soggetto al predicato, 2) una dialettica di principio di intelligibilità a conseguente dal predicato al soggetto, 3)
una qualificazione del predicato in sé in quanto intelligibile astratto e una
qualificazione del predicato in funzione dei nessi che lo unificano alle altre
note della sua connotazione, 4) il darsi di un’estensione del predicato che è la serie di tutti gli intelligibili
che ripetono la connotazione rappresentata nel soggetto, in quanto conseguente
di intelligibilità del predicato qualificato astrattamente, il darsi come
estensione del predicato della serie
degli intelligibili ripetenti la connotazione
del soggetto in quanto conseguente di intelligibilità del predicato
unitariamente o funzionalmente qualificato, il darsi con identità delle due se
il predicato ha funzione di specifico univoco o non univoco, identità che si
traduce nella conoscenza integra del predicato, il darsi con distinzione delle
due se il predicato ha funzione di generico, distinzione che si traduce in una
parziale ignoranza del predicato sotto il punto di vista qualitativo e
quantitativo, 5) il darsi di una estensione del soggetto come serie degli
intelligibili ripetenti la connotazione
rappresentata nel soggetto in quanto conseguente di intelligibilità del
predicato astrattamente qualificato, il darsi di un’estensione del soggetto
come serie degli intelligibili ripetenti la connotazione del soggetto in quanto
conseguente di intelligibilità del predicato unitariamente e funzionalmente qualificato, il darsi di
una identità delle due quando il predicato sia con funzione di generico o di
specifico univoco, il darsi di una distinzione delle due quando il predicato
abbia funzione di specifico non
univoco, distinzione che provoca la parziale ignoranza del soggetto sotto il
punto di vista qualitativo e ((??o??)) quantitativo; gli stessi cinque
caratteri che sono altrettante strutture formali, universali e necessarie,
peculiari del rapporto tra l’intelligibile primo e l’intelligibile secondo
rispettivamente designati dal termine “nota” e dal termine “notae” della
locuzione “nota notae “,
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debbono essere ritrovati nel rapporto tra i due
intelligibili rispettivamente designati dal termine “notae” e dal termine “rei”
della locuzione “ notae rei” implicita nella formula kantiana (nota notae rei
est nota rei ipsius ) e nel rapporto
tra i due intelligibili rispettivamente designati dal termine “nota” e dal termine “rei
ipsius” della locuzione “ est nota rei ipsius “; per abbreviare l’intera
analisi, terrò conto solo dei predicati che hanno funzione di generico e dei
sillogismi a conclusione universale, non tenendo conto dei sillogismi in Darii, Ferio, Festino,
Baroco, ecc.; il “ notae rei “ sarà allora definito:1) da un rapporto da parte
a tutto fra l’intelligibile della “nota” e l’intelligibile della “res” o
soggetto; 2) da un rapporto di principio di intelligibilità a conseguenza di
intelligibilità fra il primo e il secondo; 3) da un’estensione del predicato
astrattamente qualificato e da un’estensione del predicato funzionalmente
qualificato, essendo le due estensioni distinte; 4) da un’estensione del
soggetto in quanto conseguente di intelligibilità del predicato astrattamente
qualificato e da un’estensione del soggetto in quanto conseguente di
intelligibilità del predicato funzionalmente qualificato, essendo le due
estensioni identiche; essendo il predicato con funzione di generico, il
confronto fra il rapporto reciproco delle note
in quanto l’una soggetto e l’altra predicato della premessa maggiore e
il rapporto fra la nota e la cosa in quanto l’una predicato e l’altra soggetto
della premessa minore rende noto che la distribuzione dell’intellegibile comune
ad entrambe non è identica essendo totale
nel primo giudizio e parziale
nel secondo; ma l’osservazione che la distribuzione parziale del secondo è in
funzione del nesso da generico a specifico con cui l’intelligibile comune
immane nella connotazione del soggetto
garantisce che l’intelligibile comune, anche se non totalmente distribuito,
conserva anche nella minore la funzione
di generico sotto cui è stato considerato nella maggiore entro la quale
l’inerenza del predicato in esso come nota generica è stata la ragione della
sua distribuzione totale; ma allora le due
differenti distribuzioni non infirmano la costante genericità con cui
l’intelligibile comune è stato assunto nei due diversi rapporti, e, poiché la
prima predicazione fissa non solo un’inerenza ma una qualificazione della
genericità, è legittimo attribuire al primo predicato la stessa inerenza nella
medesima connotazione del soggetto che è stata affermata del secondo predicato;
che se le dialettiche capovolte della premessa maggiore e della premessa minore
assegnano la funzione di principio rispettivamente al predicato in nome
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