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da cui
prendano intelligenza tutte le successive; ma in un platonismo solo il
meccanismo della memoria, ossia di una illuminazione apriori condizionata dallo
spunto mnemonico della specie sensibile presente, oppure solo l'accendersi
nella coscienza dei generalissimi lumi agostiniani dell'intelligenza, sono
all'origine delle predicazioni, sicché delle due l'una o l'improvvisa luce
risplendente in noi offre senza liceità di errori la scala discendente
dall'intelligibile sommo all'infimo integra in tutti i gradi intermedi e la
qualità e quantità di predicazioni spettanti ad ogni membro della serie è
determinata a priori e insieme automatica o è lasciato ampio margine
all'errore, come l'intima esperienza che il pensiero di condizione umana ha di
sé dimostra, e in questo caso è lecito parlare di un esplodere improvviso di
intellezione al quale tuttavia manca per lo meno l'ordine della successione;
quanto poi all'aristotelismo, il meccanismo autonomo e svincolato
dell'intelletto deve essere pensato se non altro come caotico dal momento che
largo margine è lasciato agli errori di predicazioni; e allora platonismo e aristotelismo,
nonostante le differenze di funzionamento, vengono a coincidere nel presupposto
di un corpo finito di intelligibili a facce triangolari e a vertice fisso e
immutabile e coincidente con un genere sommo e assoluto, e nel dato di fatto di
una conoscenza umana per le cui rappresentazioni il corpo intelligibile è un
limite, il che impone al pensiero di ritenere tutte le predicazioni, e quindi
tutte le conoscenze delle comprensioni degli intelligibili nella loro
articolazione, condizionate dalla rappresentazione della predicazione del
genere sommo a una specie infima e insieme di concepire quest'ultima un
problematico, essendo sempre lecito che la conoscenza o la particolare
valutazione di un ulteriore intelligibile facciano di questo il nuovo genere sommo
da predicarsi a quelli fino allora assunti a predicati supremi; il dictum de
omni fondato sull'estensione porta seco quindi l' illiceità di giudicare una
predicazione la assolutamente suprema fonte di intelligibilità e la necessità
di accettare sia pure come problematica la liceità di sovraordinare ad ogni
predicazione un'ulteriore predicazione, e questo trasportato nello schema
strutturale di un polisillogismo lo prolunga all'infinito; quando invece si
riporti il fondamento del dictum de omni alla comprensione, la conoscenza in
generale presuppone che l'unità dell'intelligibile non impedisca l'intervento
dell'analisi operatrice della disarticolazione della comprensione in note
generiche e specifiche in rapporto di determinazione: nessun apprendimento meccanico
di natura intuitiva e immediata è più necessario per la rappresentazione degli
intelligibili nel loro ordine regolare, essendo la nozione dei generi inferita
dalla specie infima e spettando all'induzione il primato su ogni altra
dialettica, con la conseguenza che la genesi cognitiva della specie e quindi la
sua esistenza nel pensiero precedono onticamente ed operativamente quelle dei
generi mentre l'intelligenza continua per così dire a piovere dai generi; la
rappresentazione di ogni connotazione in genere e in particolare della
connotazione di una specie infima, costituita com'è da un'unità di molti
eterogenei la cui unificazione non ne cassa la distinzione, anche se è
consentita dall'ignoranza relativa dei nessi unificatori degli specifici ai generici,
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