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non è fondata
né sull'indefinitezza perché questa precluderebbe l'analisi compiuta, né
sull'infinitezza che contraddirebbe alla completezza e determinatezza
dell'intelligibile in generale, e, di conseguenza, la successione delle note
deve essere posta apriori come definita e limitata: donde deriva che, se è vero
che ogni predicazione trae la sua intelligibilità dalla precedente predicazione
che riferisca come predicato una nota più generale al precedente predicato sia
che la prima predicazione connetta due intelligibili in immediata successione
sia che i due intelligibili legati dal primo nesso predicativo siano mediati da
altri, e insieme è condizionata dalla validità di ulteriori predicazioni
affermanti l'immanenza dei medi nel soggetto e del predicato nei medi quando la
predicazione di partenza sia per nesso mediato, è del pari vero che, essendo
data necessariamente una prima nota assolutamente generica, deve esser data una
predicazione assolutamente prima di questo assoluto generico a un qualsivoglia
intelligibile da essa sussunto che non è condizionata da nessuna predicazione
precedente che pretenda porre l'intelligenza del suo predicato, ma rimanda per
dir così solo a quelle predicazioni che la fondano stabilendo la sussunzione
del suo soggetto sotto gli intelligibili sussunti sotto il suo predicato, il
che null'altro significa che il processo ascendente delle predicazioni che
muovono da una specie e quindi la costruzione di un polisillogismo non sono per
presupposto se non finiti e limitati al vertice da un giudizio il cui predicato
è un genere sommo e il cui soggetto è una sua specie infima; se una teoria
della predicazione, ad es. quella kantiana, ne pone il principio -fondamento nel
dictum de omni a base comprensiva e insieme pretende argomentare dal principio
l'infinitezza della serie procedente da una qualsivoglia predicazione e quindi
di un polisillogismo a qualsivoglia giudizio infimo, riesce a ciò solo se
stabilisce la liceità di predicare un intelligibile a una successione se non
infinita, almeno indefinita di intelligibili una volta che tale intelligibile
sia stato predicato a un certo altro intelligibile determinato, e non può
fondare la liceità se non sull'infinità o indefinitezza che debbono essere
assunte apriori come attributi della comprensione di quest'ultimo; con ciò
contraddice al principio già assunto della finitezza quantitativa delle note
articolate e distinte nell'unità della comprensione di un intelligibile; la contraddizione,
che nulla ha che fare con un'antinomia perché non insiste su di uno stato
naturale ed originario del concetto, sta in una immotivata trasposizione del
primato dall'induzione alla deduzione, ossia nella pretesa di conservare alla
dialettica pullulante dall'analisi scompositrice della connotazione quella
funzione di diffonditrice di luce intelligibile che appartiene all'altra
dialettica, e di ignorare che la nuova dialettica ha tutt 'al più il compito di
ricomporre per giustapposizione l'unità disarticolata dall'analisi, compito di
cui l'illuminazione è un effetto secondo e derivato: in parole più semplici,
quando Kant afferma esplicitamente che una predicazione ha il suo diritto in
una seconda predicazione che la rende necessaria per la necessità della
attribuzione del predicato a un intelligibile che è necessariamente predicato
al soggetto,
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