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nelle sue
connotanti generiche della specie infima e polisillogismo un nuovo rapporto da
ragione a conseguente che è fra il complesso dei giudizi che son conclusioni
relative e l'illazione dell'episillogismo infimo che è conclusione assoluta,
dal qual punto di vista i moti pendolari della dialettica non sono più semplici
strumenti di mediazione fra la disarticolata specie infima e il polisillogismo,
ma sono essi stessi il principio e la ragione; il polisillogismo ripieno di una
finalità riflessa vede la sua dialettica non solo sdoppiarsi in due momenti a
funzioni eterogenee, ma addirittura spaccarsi in tante fasi disgiunte, se pur
omogenee nelle funzioni, quanti sono i sillogismi componenti, ed ogni fase
assumere la propria autonoma finalità di porsi a ragione del diritto di una
delle premesse della fase immediatamente successiva; l'interpretazione
teleologica da un lato capovolge l'andamento della dialettica polisillogistica
che da discendente e procedente dal
polisillogismo supremo si fa ascendente e procedente dall'episillogismo infimo
- la valutazione meccanicistica del polisillogismo concepisce la dialettica
come procedente dal rilievo dato all'immanenza nella specie infima della nota
che è genere del genere immediato di essa, in quanto immanente nel genere
immediato, o dal rilievo dato all'immanenza del generico assoluto nella specie
mediata dalla specie immediata in quanto il primo immane in questa, verso
l'immanenza del generico assoluto nella specie infima, mentre la valutazione
finalistica concepisce la dialettica come procedente dall'immanenza del
generico assoluto nella specie infima verso le altre immanenze -, dall'altro
assegna alla conclusione di ogni membro e quindi alla premessa maggiore o
minore di ogni episillogismo la natura di enunciato problematico che attende
diritto di razionalità dalla sua inferenza dalle premesse del prosillogismo
sovraordinato, con la conseguenza che, mentre nella visione meccanicistica la
premessa maggiore o minore dell'episillogismo e la conclusione del
prosillogismo sono tappe obbligate del processo dialettico, arresti temporanei
del precedente moto pendolare e inizi del nuovo periodo di identico moto
pendolare, il punto di vista finalistico ne fa degli incerti e degli invalidi
di per sé che attendono legittimità e l'attendono non già dalla loro sorgente
naturale, la connotazione disarticolata della specie infima, ma da un moto
pendolare identico a quello di cui esse sono stati momenti o estremi
provvisori; è naturale allora che, messa da parte la specie infima con le
condizioni in cui viene a trovarsi la sua connotazione e preposto come fonte di
conoscenza e come origine di intelligibilità il pendolo della dialettica, tutte
le proposizioni e in particolare le premesse restino costantemente in attesa di
una loro inferenza da un pendolo presupposto, il quale, costituito com'è da un
periodicità formale indifferente agli effettivi contenuti che ne sono gli
estremi, si pone come capace di una ripetizione all'infinito che vizia di infinità l'intero
polisillogismo; questo in verità è celato sotto l'affermazione
scettico-kantiana che se la premessa maggiore o minore di ogni episillogismo
rimanda a una conferma ad opera delle due premesse del prosillogismo, ogni
prosillogismo deve essere al tempo stesso episillogismo, il che, anche se non è
del tutto invalidato
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dalla descrizione
meccanicistica del processo polisillogistico perché è sempre lecito
sottolineare come le due interpretazioni siano ciascuna il frutto del
particolare punto di vista in cui il pensiero di condizione umana viene a
installarsi per analizzare se stesso in quanto conformato secondo un
polisillogismo, riceve la sua più forte invalidazione dal fatto che deve
apparire molto strano che un processo, traente la sua ragione e la sua origine
dalla tendenza a necessitare ogni enunciato che lo compone e non a trarre
conseguenze dalla disarticolazione in cui l'unitaria connotazione di un
intelligibile è stata ridotta, soddisfi alle esigenze che lo hanno posto per
tutti i suoi enunciati tranne che per alcuni, precisamente le premesse maggiori
del polisillogismo regressivo e le minori del progressivo, i quali hanno un
peso altrettanto decisivo di tutti gli altri e ciononostante non riescono a
ricevere legittimità e razionalità né dal complesso di cui fan parte né dal
complesso opposto, e quest'ultima osservazione ci porta alla terza condizione
che pone l'infinità del polisillogismo: vi son due modi di valutare il rapporto
che connette la struttura formale pura e la struttura formale cognitiva del
polisillogismo; la prima struttura che fissa il percorso della dialettica indipendentemente
da qualunque rappresentazione determinata e che può essere anche chiamata
incondizionata come quella che si costruisce su un certo rapporto costante fra
intelligibili variabili, è all'infinito e costituisce la trama indefinita con
cui deve coincidere la seconda struttura in cui alle variabili rapportate si
sostituiscono intelligibili noti e definiti nella loro connotazione i quali
vanno a ricoprire le sedi delle variabili alle condizioni che essi verifichino
il rapporto che accomuna le variabili stesse; evidentemente questa seconda
struttura è in funzione della quantità e qualità delle note che son date nella
rappresentazione della connotazione di una specie infima e perciò è finita,
racchiusa com'è fra il generico assoluto e la totalità unitaria della
connotazione; il punto di vista finalistico deve assegnare non tanto il primato
alla struttura incondizionata e infinita sull'altra, quanto l'esclusività e
l'unicità ontica nell'ambito del pensiero, essendo la struttura cognitiva e
condizionata un modo la cui validità sta tutta nell'aderire totalmente alle
leggi e alle forme della prima: con ciò viene completamente ignorata la
dipendenza funzionale dell'esecuzione della struttura formalistica dai limiti
imposti dalla rappresentazione della connotazione finita della specie infima ed
è illuminato soltanto l'ascendere all'infinito della struttura formale pura;
sotto ciò si cela evidentemente il presupposto di marca razionalistico-classica
che l'ontico delle rappresentazioni materiali è tenuto a uniformarsi ai modi
delle rappresentazioni formali che costituiscono ((sostituiscono??)) l'ontico
per eccellenza, e il presupposto si pone a principio della stessa
interpretazione finalistica; donde deriva necessariamente che il pensiero di
condizione umana, indipendentemente dall'effettiva liceità di operare in questo
modo, è tenuto, nell'impossibilità di muovere da un prosillogismo assoluto, a
orientare il moto della sua dialettica in direzione dei prosillogismi e a fare
di ciascuna premessa di episillogismo un giudizio che attende conferma
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e legittimità
dall'inferenza del prosillogismo immediato; nulla impedisce però di assumere a
fonte sia della validità dell'intero processo sia dell'analisi da farsi su di
esso per comprenderlo la connotazione stessa della specie infima, e di trovarsi
così costretti a modificare profondamente il rapporto di unificazione delle due
strutture in un rapporto strumentale, per il quale la struttura cognitiva o condizionata appare l'unico fine lecito,
stante la materia data della conoscenza, e insieme un fine la cui validità
dipende dal suo rispetto ai dati gnoseologici della specie infima e ai modi
della struttura formale pura; questa si pone allora meno come una falsariga o
intelaiatura in atto che come una legge di costanza e ((??o??)) uniformità o di
ripetizione di rapporti in un divenire dalle componenti mutevoli, sicché il
rapporto di subordinazione si trasforma in un rapporto di mezzo a fine in cui
la struttura formale pura si pone mezzo; questa in quanto legge di validità
formale non ha nessun limite di attuazione, nel senso che il pensiero è tenuto
al suo rispetto tante volte quanti sono i gruppi triadici di note che immanenti
in una connotazione rivestono il rapporto di cui la legge è espressione
assoluta e incondizionata; per questo un pensiero che intenda rappresentarsi
l'inferenza della legge in sé sugli intelligibili procede all'erezione di una
scala all'infinito di episillogismi connessi a prosillogismi il cui valore
rappresentativo sta soltanto o nel modo in cui dev'essere pensata una
qualsivoglia successione di intelligibili variabili in rapporto di genere a
specie o nella preordinata elaborazione di un apparecchio di controllo cui ogni
polisillogismo costruito in ottemperanza alle condizioni materiali dev'essere
riportato per saggiare la sua assoluta ottemperanza alle condizioni formali,
apparecchio di controllo la cui scala graduata dev'essere all'infinito se vuole
valere per un organismo dialettico di cui non è lecito prefissare a priori il
numero massimo di componenti; ridotta così la funzione dello schema formale
infinito del polisillogismo a un ruolo puramente strumentale o tutt 'al più
descrittivo dell'essenza in sé del necessario rapporto triadico degli
intelligibili, i modi essenziali del polisillogismo dovranno essere ricercati
altrove e precisamente nello schema formale condizionato e nel suo principio
che è la connotazione della specie infima, con la conseguenza che l'infinità
del polisillogismo vien meno; che se poi si chiede quali ragioni si abbiano per
preferire come punto primo di analisi o la legge formale pura o la connotazione
della specie infima, si risponde che qualsivoglia logica è tenuta a ignorare
che le sue formule sono sempre in funzione della loro ottemperanza alla forma e
alla materia, il che non pare faccia la logica del razionalismo classico quando
ignora la seconda a tutto favore della prima.
Ci sembra quindi di avere sufficientemente
dimostrato, sia pure limitatamente al caso del polisillogismo categorico, che l'attribuzione
di infinità al polisillogismo non è vera.
L'interpretazione kantiana del principio
del dictum de omni consente una definizione della forma del giudizio categorico
che sgancia la dialettica del pensiero di condizione umana da qualunque subordinazione
a strutture prefisse e preordinate e insieme la subordina alla materia ontica
del dato di rappresentazione
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