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di quella del
reale, consistendo in uno schematismo relazionale che oltrepassa di gran lunga
quello verificato dall'ontico in sé, con la conseguenza che nessun diritto ha
il pensiero di condizionare la sua conoscenza dell'ontico in sé con la propria
razionalità né di lasciarsi condizionare dalla razionalità dell'ontico in sé e
tanto meno da una razionalità puramente pretesa di esso. Se il giudizio
categorico è il gioco dialettico della simultanea concentrazione di attenzione
su di una rappresentazione e su di una sua parte componente, il suo schema puro
è il rapporto di immanenza che passa tra una nozione totale e una nozione che
vi immane come parte, i suoi effetti, sono in ordine al pensare in generale il
diritto che il pensiero ha di pensare la parte-predicato in seguito al
pensamento del tutto soggetto, ossia la pensabilità o esistenza nel pensiero
del predicato e in ordine al conoscere in generale il diritto che il pensiero
ha di sostituire alla rappresentazione del tutto sintetica e perciò confusa la
rappresentazione dello stesso tutto articolato però nelle sue parti componenti.
Allora al pensiero di condizione umana da un
lato è dato l'arbitrio di incasellare nel sito il cui carattere apodittico è di
accettare l'incastro solo di ciò che è rappresentato come un tutto qualsivoglia
rappresentazione che sia riempita dalla denotazione formale di totalità e di
sistemare nel sito il cui carattere apodittico è di accogliere l'incastro solo
di ciò che è rappresentato come parte del primo tutto qualsivoglia
rappresentazione denotata dal modo formale di parte della prima, dall'altro è
imposta la necessità di sistemare nei due incastri e di connettere secondo il
rapporto che essi impongono tutte le coppie di rappresentazioni che al pensiero
si danno denotate dai due attributi della totalità e della parzialità; il
pensiero, cioè, se è libero di sviluppare arbitrariamente le modalità o
particolari o generali di due rappresentazioni nel senso rispettivamente di
un'essenziale natura di totalità spettante all'una e di essenziale natura di
parzialità spettante all'altra e con ciò di sistemare se stesso nella necessità
di trattare la prima come un noto da correlarsi all'altra come soggetto a
predicato di un giudizio categorico, è insieme automaticamente determinato a
trattare senza alcuna preordinata valutazione come soggetto e predicato dello
stesso giudizio due rappresentazioni che si offrono in spontaneità e
immediatezza affette della nota della totalità e della parte; è lecito ritenere
che i due modi dialettici siano costantemente e uniformemente coincidenti non
essendo la prima elaborazione arbitraria se non la presa di coscienza della
seconda elaborazione coatta, ma è lecito anche ritenere che questa coincidenza
non si dia e che il secondo dei due modi di utilizzare lo schema formale puro
del giudizio categorico non sia se non uno dei casi da affiancarsi ai molti cui
il primo dà esistenza;la distinzione non è né capricciosa né falsa né inutile,
perché all'asserita coincidenza corrispondono sempre un'equazione fra
l'esistere dell'ontico in sé e la pensabilità con la conseguenza che diritto di
essere pensato e primato nell'esistere in sé fan tutt'uno e il primo non è che
un'inferenza del secondo, e fra la razionalità dell'ontico in sé e l'intelligibilità
con la conseguenza che il processo del razionale in sé
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