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come succedaneo equivalente alla connotazione intera di ciascuno, e ciò
in ottemperanza al criterio di identificare linguaggio e dialettica tra le
immagini, con la conseguenza che la rappresentazione della ragione della
classe, ossia del genere, accuratamente disgiunta dalla totalità della classe
ed eretta a fonte di intelligibilità della medesima in forza della sua
estensione e non della sua partecipazione alle connotazioni dei conclassari, si
arricchisce della liceità di unirsi a una rappresentazione che ne fissi un modo
di esistenza per la qualità e simultaneamente perde quella capacità che pur
dovrebbe conservare di legarsi alle rappresentazioni di tutti i modi secondo
cui la qualità del generico è atta ad esistere: perciò la logica aristotelica
riduce la dialettica tra le classi di una classe e la classe delle classi al
giudizio disgiuntivo, che nessuna delle forme delle dialettiche date al
pensiero è sufficiente a informare come essenza, e che sembra rispondere meno
all'impegno di enucleare le modalità universali e necessarie cui le dialettiche
del pensiero di condizione umana sono subordinate che al criterio di mantenersi
matematicamente ossequienti a quei principi che si son voluti cogliere inverati
nel giudizio categorico, tant'è vero che la conversione del giudizio
disgiuntivo mantiene inalterato quel rapporto fra intelligibili consentito
dall'essenza del giudizio categorico appunto perché si attua secondo una serie
di giudizi categorici ognuno dei quali, assumendo a soggetto uno dei predicati
disgiunti, pone la legittima immanenza del soggetto del giudizio disgiuntivo in
una delle sue specie e al tempo stesso stabilisce che tale immanenza è in
funzione dell'articolazione di una differenza specifica la cui attuazione
esclude quella degli specifici ad essa cogeneri e ne è esclusa -il giudizio
"A è o B o C" si converte legittimamente nei giudizi categorici
"B è A " " C è A " la cui giustapposizione è indice
dell'impossibilità che A immanga in B nello stesso modo in cui immane in A in
forza della differente attuazione di B1, differenza specifica che
potenziale in A si è fatta attuale in B, e di C1, differenza
specifica che potenziale in A si è fatta attuale in C, e dell'impossibilità che
l'attuazione di B1 e di C1 si dia simultaneamente ed
entro la stessa sfera di connotazione -; non altrettanto lecita pare la
conversione del giudizio categorico "gli A sono B e C" perché
l'inferenza dei due categorici giustapposti B è A e C è B non solo spezza
l'unità dell'immanenza di D e C in A ma anche sostituisce alla rappresentazione
dei conclassari in A la rappresentazione della ragione della loro cogenerità,
il che d'altra parte farebbe anche la conversione in "B e C sono A"
la quale per di più priverebbe B e C della funzione di influire sulla
qualificazione di A attraverso l'articolazione delle rispettive incopulabili
differenze specifiche B1 e C1; ma già il giudizio
categorico che è principio di quest'ultima inferenza immediata pone la
rappresentazione del suo soggetto libera dall'influenza che su di essa debbono
esercitare le differenze specifiche delle classi particolari, e d'altro canto
il giudizio disgiuntivo che è principio dell'inferenza aristotelica se non dà
adito a dubbi sull’ intelligibilità dei suoi reciproci, ne lascia sussistere in
abbondanza sulla sua stessa intelligibilità quando pretenda di assegnare al suo
soggetto
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la natura assoluta di genere, e perciò ci pare che l'obiezione sia da
lasciarsi tranquillamente cadere; piuttosto, una particolare esame riteniamo
debba rivolgersi alle difficoltà che la conversione di un giudizio categorico
del tipo "gli A sono B e C ", in cui B e C sono classi della classe A
palesa quando la si guardi dal punto di vista della distribuzione del soggetto
e del predicato e dal punto di vista della rappresentazione esattamente
corrispondente ai termini costituenti il giudizio e il suo reciproco; la logica
classica vuole che nel giudizio categorico universale affermativo la
distribuzione sia data per il soggetto ma non per il predicato e che la
conversione del giudizio categorico universale affermativo sia legittima solo
nella direzione di un giudizio categorico particolare affermativo, il che è da
intendersi nel senso che in un giudizio di tipo A il soggetto sia da assumersi
nella sua intera estensione, e il predicato solo relativamente a quella
porzione della sua estensione che coincide con quella del soggetto, con la
conseguenza che essendo la sfera di coincidenza delle due estensioni
considerate nel giudizio meno diffusa dell'area spettante al predicato in
quanto intelligibile assunto in sé fuori da qualsiasi rapporto quando questo
intelligibile sia assunto a soggetto della predicazione del soggetto del
giudizio A la sua estensione debba essere ridotta a quella sua porzione o sfera
particolare congruente col predicato; che il gioco fra i concetti dei due
giudizi reciproci sia riducibile alla mera loro qualità formale dell'estensione
è un dato molto meno perspicuo ed evidente di quel che la logica classica
vorrebbe far credere: se ci chiediamo che cosa significhi distribuzione del
soggetto e assenza di distribuzione del predicato in un giudizio di tipo A, si
deve rispondere che in esso il pensiero si rappresenta l'intelligibile soggetto
sia in sé come un ontico la cui connotazione è in sé ed è quel che è sia nel
rapporto di immanenza in tute le connotazioni di cui entra a far parte come
nota, con la conseguenza che l'immanenza del predicato nel soggetto è affermata
valida sia che il soggetto sia rappresentato come un ontico rappresentabile in
sé fuor di qualsivoglia relazione che non sia quella della predicazione, sia
che il soggetto venga rappresentato come denotante la serie intera degli
intelligibili alla cui connotazione partecipa come nota, mentre il predicato
vien rappresentato solo in sé in quanto intelligibile che dotato di una certa
connotazione immane in tutte le connotazioni la cui rappresentazione si pone
come soggetto, sicché dalla rappresentazione del predicato viene inclusa la sua
immanenza solo negli intelligibili del soggetto, la quale tuttavia, dato il
rapporto di specie a genere che vincola il soggetto al predicato e data
l'apoditticità della pluralità delle specie di un genere, non coinciderà mai
con l'immanenza nella connotazione di tutti gli intelligibili cui appartiene
come nota; donde segue che l'erezione del predicato al soggetto in quanto
s'accompagna sempre alla rappresentazione degli intelligibili di cui il soggetto
è nota, deve accompagnarsi a quella limitazione degli intelligibili denotati
dal soggetto che rende lecita l'affermazione dell'immanenza in essi della
specie eretta a predicato; per quanto si cerchi di eludere l'intervento della
comprensione a condizionare l'intelligibilità dell'estensione,
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la distribuzione, ossia la validità di qualsivoglia predicazione a un
intelligibile sia per l'intelligibile che per i conclassari della sua classe
che lo hanno a predicato, si pone come lecita e legittima alla condizione di
rappresentarsi simultaneamente l'intelligibile in sé e nella sua immanenza in
tutti gli intelligibili della sua classe, il che non è dato se l'attenzione
prima ancora di spostarsi sull'azione di intelligibilità dell'intelligibile
distribuito non si posa sulle connotazioni e comprensioni degli intelligibili
conclassari e dell'intelligibile che è fondamento della loro cogenerità; che se
poi si considerano gli effetti dell'assenza di distribuzione del predicato nel
giudizio di tipo A, il fatto cioè che tale intelligibile si sottragga a una
valutazione dal punto di vista dell'estensione finché ha funzione di predicato
del giudizio di tipo A mentre necessariamente entra sotto una valutazione che
deve tener conto della sua estensione non appena acquista funzioni di soggetto,
è dato notare che la differente condizione in cui viene a trovarsi lo stesso
intelligibile a seconda che sia predicato
o soggetto dipende in particolare dallo stato in cui tutti gli
intelligibili vengono a trovarsi quando son fatti soggetti e in generale dallo
stato in cui tutti gli intelligibili si trovano quando son rappresentati nella
loro pura funzione di intelligibili, e questa osservazione è forse in grado di
illuminarci circa quella dotazione di distribuzione del soggetto e di
sottrazione di distribuzione al predicato che la logica classe ((classica??))
pone come canone del giudizio di tipo A; rappresentarsi un intelligibile nella
sua funzione di intelligibile, ossia riconoscergli l'attributo di intelligibile
significa pensarlo dotato di tale funzione in sé, indipendentemente da ogni
rapporto di cui entri a far parte e quindi rappresentarselo così sia in sé con
la sua connotazione avulsa dai rapporti con cui entra sia in tutti i rapporti
in cui entra fra i quali stanno evidentemente tutti i rapporti di immanenza
nelle connotazioni di cui è genere; ogniqualvolta esso sarà assunto in tale
ruolo sempre alla rappresentazione della sua comprensione andrà vincolata
quella della sua estensione ossia dell'immanenza nelle comprensioni delle sue
specie, con la conseguenza che delle due l'una o nell'atto in cui viene assunto
come intelligibile la sua comprensione è conosciuta in modo congruente con la
sua estensione e in questo caso il suo pensamento sotto i due punti di vista è
lasciato intatto, o nello stesso atto la sua comprensione è conosciuta in modo
incongruente con la sua estensione e in questo caso il suo pensamento sotto
l'estensione deve venir differenziato in modo da riacquistare congruenza con il
suo pensamento sotto la comprensione; è evidente che l'attribuzione a un
intelligibile della funzione di soggetto sottopone la sua rappresentazione al
condizionamento della predicazione, sicché se questa è tale da lasciar in
perfetta congruenza il punto di vista della comprensione e quello
dell'estensione la rappresentazione del soggetto è posta nella totalità della
sua comprensione e della sua estensione, se invece è tale da rendere
incongruenti estensione e ((??o??)) comprensione è necessario modificare il
pensamento del soggetto sotto il punto di vista dell'estensione fin che sia
raggiunta la congruenza perfetta tra la rappresentazione del soggetto
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