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tra l'apodittica distribuzione del soggetto del giudizio universale
affermativo e l'indistributività del soggetto di quel giudizio universale
affermativo in cui a una classe vengon predicate le classi da essa comprese: se
fosse un caso isolato ed eccezionale, la difficoltà sarebbe insuperabile e ci
sarebbe valido motivo per ritenere che tutto il nostro sforzo è condotto non
già su ontiche rappresentazioni ma su un modo che il linguaggio assume per comodo,
ossia per il modo della rassegna delle classi di una classe, ossia ci sarebbe
da ritenere che abbiam preso uno strumento mnemotecnico per una forma
dialettica; ma ci sono altri casi che ripetono la stessa situazione e
precisamente tutti i giudizi indivisi il cui soggetto pur essendo indicativo di
tutti gli individui di una classe non ha funzione distributiva; si ha quindi il
diritto di affermare che esistono giudizi categorici universali affermativi del
tipo "tutti gli A son B" il cui soggetto è posto in modo tale che la
predicazione di B sia valida sia per la classe degli A che per ciascuno dei
membri della classe A e che esistono giudizi categorici universali affermativi
del tipo " tutti gli A son B" il cui soggetto è posto in modo tale
che la predicazione di B sia lecita solo per gli A nella loro totalità, non per
uno qualsivoglia degli A conclassari; la logica classica ne fa per dir così una
questione verbale, che risolve con l'affermare che un sostantivo plurale gode
della liceità di essere usato in senso collettivo o in senso distributivo, nel
primo uso essendo segno della classe dei cogeneri assunta come collezione
indivisibile, nel secondo uso essendo l'indice della classe dei cogeneri
assunta indifferentemente come collezione indivisibile e come successione per
giustapposizione di intelligibili identici e omogenei fra loro rispetto
all'azione che su di essi esercita il predicato; ma evidentemente non basta
ridurre la questione a un uso di termini, conviene oltrepassare il loro limite
e andarsi a porre nel seno stesso delle due rappresentazioni; la prima e più
semplice interpretazione del fenomeno è che il pensiero, quando procede al
giudizio categorico a soggetto collettivo, componga in unità differenti modi
dialettici, ciascuno dei quali legittimo se preso a sé, e dia vita a una
dialettica composita il cui valore sta nella composizione e non nel diritto che
si ha di procedere ad essa, ed è perciò del tutto relativo al conoscente e
privo di rapporti con il rappresentato; il pensiero sa di avere il diritto di
rappresentarsi in totalità con unico atto onnicomprensivo gli intelligibili che
sono omogenei rispetto all'immanenza di un unico intelligibile denotante nella
connotazione di ciascuno, sa che in forza di questa sintesi entra nel diritto
di trattare la molteplicità degli eterogenei come un'omogeneità e quindi
un'unità fondata sull'unicità della comune denotante, sa che in forza di questa
comune denotazione gli è lecito usare la molteplicità come un’unità da
sottoporre a particolari conoscenze le quali estendono la loro influenza sulla
collezione e insieme su ciascuno degli intelligibili, sa infine che quando si
trova dinanzi a un'unità omogenea e a una certa rappresentazione che scaturisce
dall'analisi dell'omogeneo unitario gli è dato il diritto di predicare
l'analizzato all'unità; ciascun diritto preso in sé consente certe operazioni
dialettiche che comportano
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conseguenze che devono essere verificate nelle rappresentazioni
dialettizzate; così il diritto della sintesi di più intelligibili in unità in
forza di una comune denotante consente la predicazione di questa al tutto
unitario e a ciascun conclassario e pone la conseguenza, che deve essere
verificata dalla classe e dai conclassari, che qualsiasi altra predicazione che
sia fatta alla serie dei conclassari in quanto unità e in quanto successione di
distinti dev'essere legittima sotto il punto di vista della denotante
considerata, ossia che qualsiasi altra dialettica che vada da un intelligibile
alla molteplicità degli omogenei deve avvenire tra il primo e il secondo in
quanto però guardati nel fattore della loro omogeneità; il diritto poi di
trattare i molteplici eterogenei come un'unità omogenea consente una
predicazione che investe l'unità e insieme pone la conseguenza da verificarsi
da parte della classe e dei conclassari che la dialettica fra l'attributo
predicato e l'unità omogenea è principio di tante dialettiche fra l'attributo e
ciascuno dei molti eterogenei quanti sono gli eterogenei stessi, il che appunto
è ciò che consente di trattare il giudizio categorico universale affermativo
sia come un giudizio a se stante sia come premessa maggiore di un numero
indefinito di sillogismi categorici in Barbara; ancora il terzo diritto dà la
liceità di acquistare nuove conoscenze intorno alla denotante rilevata a indice
dei conclassari e di ritenerle simultaneamente valide anche per ciascuno dei
conclassari stessi e insieme pone la conseguenza da verificarsi da parte della
classe e dei suoi membri che ogni predicazione fatta alla classe in quanto
unità omogenea sia al tempo stesso predicazione per ciascuno dei membri; infine
l'ultimo diritto che fonda in genere il giudizio categorico consente l'analisi
di qualsiasi rappresentazione assunta come unitaria e la predicazione ad essa
di tutti i dati dell'analisi e pone la conseguenza da verificarsi che tale
predicazione sia legittima limitatamente alla disarticolazione dell'unità e
alla posizione in cui il predicato viene a trovarsi nella disarticolazione; in
definitiva, se una rappresentazione unitaria in generale consente sempre quella
dialettica che è spostamento d'attenzione dalla sua rappresentazione totale
alla rappresentazione di una sua componente, la rappresentazione unitaria di
una classe consente solo la dialettica che è spostamento d'attenzione dalla sua
rappresentazione totale alla rappresentazione di quella componente che
ritrovandosi identica in tutti i membri della classe dà identità alla
dialettica fra la rappresentazione parziale e la rappresentazione della classe
in quanto unità e alla dialettica fra la rappresentazione parziale e la
rappresentazione della classe in quanto serie di unità; solo a questa
condizione paiono rispettati i diritti e insieme le loro conseguenze; quando
invece la dialettica fra la rappresentazione della classe e la rappresentazione
della componente sia valida solo se la prima rappresentazione è della classe in
quanto unità ma non in quanto serie di unità, il pensiero ha illegittimamente
fuso i tre primi diritti con le loro conseguenze col quarto e con le sue
conseguenze, sostituendo fuor da ogni legittimità la nozione di unità per
omogeneità e quindi l'elaborazione di un intelligibile che è uno perché
individuo alla nozione di un intelligibile
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