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la stessa dialettica non è mai certa dei suoi risultati se s'applica a
un generico che sia presente fuor di relazione con un suo specifico; resta
infine da vedere se le nostre denotanti relative siano un'ipotesi, messa in
campo per dar corpo rappresentativo alla ragion sufficiente della corrente di
necessità che dal generico muove allo specifico e lo attrae e lo esige come la
condizione senza cui il generico non ha ontità, o se è effettiva
l'impossibilità in cui il pensiero di condizione umana si trova di astrarre
dalla comprensione di un generico denotanti che sian relative.
Vorrei soffermarmi a questo
punto per prender contatto con lo schema del discorso che vengo svolgendo: al
termine suo ci sta il concetto di interpretazioni del mondo che, assumendo a
predicato immagini dell'ontico fenomeno erette a intelligibili e
contraddittoriamente correlate se non altro per diversità reciproca e
affermandole immanenti nel principio ontico in sé, han pur dovuto porre la
liceità di un giudizio universale categorico il cui soggetto sia un genere
sussumente e il cui predicato sia una serie collettiva e non disgiuntiva degli
intelligibili sussunti al genere; se voglio chiaramente vedere dentro queste
interpretazioni, non ho il diritto di prendere sic et simpliciter il loro
enunciato e controllare la validità dell'uso che essi han fatto delle
rappresentazioni utilizzate nella loro bruta ((??finta??)) materialità, ma mi
sento tenuto a stabilire anzitutto la validità formale delle strutture
discorsive entro cui hanno incasellato il materiale rappresentativo, ossia la
verità formale di un giudizio in cui genere e specie sono rispettivamente
soggetto e predicato e che è universale e categorico e non universale e
disgiuntivo; ma ancor prima di risolvere il problema di questa validità
formale, debbo considerare l'elaborazione dialettica cui il pensiero che è
pervenuto a tali interpretazioni ha sottoposto gli intelligibili in generale
per ottenere come risultato la rappresentazione formale di un siffatto giudizio
categorico e le rappresentazioni materiali che o per diritto o per presunzioni
sono state assunte a ragioni sufficienti del diritto che un pensiero di
condizione umana ha di accettare per legittimo questo giudizio; son partito dal
giudizio categorico universale in genere e ho analizzato il rapporto in cui in
esso entrano i concetti del soggetto e i concetti del predicato non sotto il
punto di vista delle funzioni cognitive che vi esplicano, ma dal punto di vista
dei modi con cui la comprensione di un intelligibile soggetto in genere si
correla alla comprensione dell'intelligibile che gli è predicato e viceversa,
giustamente considerando tali modi le ragioni sufficienti della legittimità
delle funzioni gnoseologiche che il soggetto e il predicato pretendono di attuare
l'uno nei confronti dell'altro in un giudizio universale categorico; il
rapporto che noi chiamiamo sussunzione e che consisterebbe nell'atto con cui si
prende per legittimo che l'intelligibilità o serie unitaria e sintetica delle
nozioni universali e necessarie, con cui il predicato è stato identificato o si
presume sia lecito identificare a seconda che l'analisi del predicato sia
compiuta o sia da compiersi, non sia limitata alla rappresentazione del
predicato ma sia anche assunta per il concetto del soggetto il quale partecipa
così della stessa cittadinanza razionale e della stessa natura intelligibile
del predicato, è la forma del giudizio
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ossia il rapporto funzionale tra i concetti che lo costituiscono,
considerato solo a parte praedicati, ossia da quel punto di vista che è
primario per l'analisi della struttura formale di un siffatto giudizio in
genere, ma nulla dice del diritto di una partecipazione del concetto soggetto
all'intelligibilità del predicato la qual partecipazione se limitata al
concetto di sussunzione resta non tanto una pretesa, quanto una tautologia; il
diritto della sussunzione va ricercato dunque nella rappresentazione secondo
cui il pensiero di condizione umana si dà le due comprensioni del concetto soggetto
e del concetto predicato nei loro rapporti materiali, perché è evidente che
devono essere le rappresentazioni in serie sintetica del concetto del soggetto,
assunte nella loro materia, ossia nelle immagini universali e necessarie che la
concentrazione attentiva vi ritrova e contrassegna con parole, e non nella loro
forma, ossia nei loro rapporti reciproci, nelle loro funzioni, nella
ottemperanza in cui sia isolatamente sia collettivamente in sintesi sia
collettivamente nei rapporti in cui giacciono se prese in assoluto si pongono
nei confronti delle leggi che diciamo di ragione, a stabilire se
l'identificazione che nella sussunzione vien fatta fra loro e le
rappresentazioni materiali del predicato o effettualmente o
problematicamente((?? problematica note??)) sia un ontico rappresentativo; il
diritto della sussunzione del predicato sul soggetto è l'identità materiale del
primo col secondo, e in assenza di siffatto rapporto la sussunzione e quindi il
giudizio è una rappresentazione certo, la quale tuttavia non gode del diritto
di cittadinanza razionale per manco di ragion sufficiente; dinanzi alla
questione che qui si pone della forma dell'identificazione, è da escludersi
l'identificazione totale perché delle tre l'una, o la comprensione del concetto
del soggetto è intelligibile per esser stata posta in equivalenza con la serie
totale delle denotanti e con le nozioni di tutte le relazioni che legano le
connotanti e insieme con la sua unità sintetica e in questo caso il giudizio
categorico in quanto rapporto di
sussunzione non solo è inutile ma è impossibile perché affetto dalla
contraddizione di instaurare nei confronti del soggetto una funzione di
intelligibilità di un intelligibile che per presupposto deve avere una
comprensione la cui unità sintetica è onticamente o problematicamente in
equivalenza con una giustapposizione di denotanti unificate per rapportazione,
o la comprensione del concetto del soggetto è inintelligibile per difetto di
rappresentazione o di parte delle sue denotanti o di parte dei rapporti da cui
queste vengon unificate e in questo caso il giudizio è una tautologia, o infine
la comprensione del soggetto è parzialmente intelligibile perché essendo data
la nozione della totalità delle sue denotanti e della totalità dei rapporti che
le unificano, e in questo caso il giudizio categorico non attua
un'identificazione totale perché il concetto del predicato esclude da sé
l'unità della comprensione del soggetto e la sostituisce con quell'unificazione
che risulta dalle rapportazioni o rappresentazioni in simultaneità e in
connessione reciproca di funzionalità delle varie denotanti, il che è quanto si
dà nella più perfetta delle definizioni; dunque, l'identificazione non può
essere che parziale, sia che si ponga come rassegna disarticolata nel predicato
dell'unità del soggetto sia che si limiti
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