- 231 -
[pag 231 (220 F4 /221 F1)]
ossia non come un ontico dotato della funzione che è principio della
sfera logica, ma come la classe degli ontici autocoscienti che sono o sono
presunti intelligibili, classe in cui l'autocoscienza non è assunta in nessun
ruolo particolare che la contrapponga all'intelligibilità in genere e costringa
la dottrina ad analizzare questa nei confronti di essa secondo una dipendenza
funzionale che sia variabile; ed è da questo punto di vista che neghiamo
l'accidentalità dell'autocoscienza in un intelligibile e l'affermiamo
necessaria e coessenziale alla natura dell'intelligibile stesso: non perché
identifichiamo il pensiero con la razionalità in genere e neppure perché
facciamo convertibili il pensiero in quanto razionalità e il reale, ma perché
la descrizione degli attributi propri di un intelligibile pensato secondo la
denotante dell'autocoscienza di condizione umana e quindi biffa di dialettiche
intuitivamente colte da una concentrazione d'attenzione per riflessione e la
descrizione degli attributi dell'autocoscienza che lo denota non sono
sostanzialmente differenziabili, e se i primi attributi sono o di diritto e di
fatto o per mera presunzione degli essenziali agli intelligibili autocoscienti
anche i secondi debbon esser presi per tali; si ammetta che i modi ontici
essenziali degli intelligibili autocoscienti di condizione umana siano una
presunzione che nessun diritto fonda: neppure in questo caso l'autocoscienza
dimostra un'accidentalità nei loro confronti, in quanto la loro classe risulta
l'adunanza di ontici dialettizzati in certi rapporti che è lecito conservare,
ripetere e ampliare secondo nuove articolazioni e che insieme è necessario
dissolvere in discreti irrelati rompendo ogni loro rapporto ontico o
problematico e interrompendo qualsiasi spostamento d'attenzione dall'uno
all'altro, mentre la loro autocoscienza simultaneamente si pone ancora come
l'ontità delle dialettiche proseguite nonostante tutto e l'ontica loro distruzione;
si ammetta, ma non si conceda, che l'autocoscienza sia un accidentale per il
cui diritto a porsi come ontico si rinuncia a rifarsi allo stato fenomenico
complessivo che chiamiamo pensiero di condizione umana, che cioè
l'autocoscienza sia un sovraggiunto sia pur necessario ma di essenzialità altra
da quella dell'intelligibile stesso, e da quella dei modi dell'intelligibile
nelle dialettiche di condizione umana: la condizione della liceità di questa
rappresentazione dell'intelligibile autocoscienza è la differenziazione di
tutte le sue denotanti dalla denotante dell'autocoscienza e l'assunzione di una
ragione dell'ontità e dei modi ontici di quelli che sia altra dalla ragione
dell'ontità e dei modi ontici di questa e insieme l'indipendenza ontica dei primi
e della loro ragione dalla seconda e dalla sua ragione e viceversa;
l'intelligibile, dunque, viene sdoppiato nel suo essere in due ontici, uno
privo e uno accompagnato da autocoscienza; se l'autocoscienza è un accidentale,
la sua sovraggiunta, se non trae né il
suo essere né il suo modo d'essere dall'essenza dell'intelligibile, neppure ha
la liceità di intervenire in essa per immetterci modificazioni nei suoi modi
ontici per l'inessenzialità e quindi l'irrelatezza che la separa da questi; le
rappresentazioni che allora devono esser date dell'intelligibile in quanto
inautocosciente non è lecito che siano una sola, ma debbono esser due: da un
lato, deve porsi un intelligibile inautocosciente
|