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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 201 - 251
    • 221
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[pag 232 (221 F1/2)]

che è unità assoluta e indifferenziata entro cui la separazione tra denotanti inautocoscienti di natura generica assoluta  o relativa e denotanti inautocoscienti di natura specifica è assente, perché, anche attribuendo a siffatta separazione l'inettitudine a rompere l'unità dell'intelligibile in una giustapposizione di diversi per la necessità dei rapporti che sarebbero altrettanti ontici inautocoscienti unificanti le denotanti, e anche negando che la distinzione degli ontici inautocoscienti in materiali e relazionali conduca a una moltiplicazione all'infinito di questi ultimi per un argomento simile a quello del terzo uomo perché basterebbe fare degli ontici relazionali delle sorte per dir così di attrazione reciproca costante e invariabile animante dall'intimo ciascun inautocosciente materiale, per mantenere ontica la separazione bisognerebbe che la denotante generica fosse nei confronti della specifica un ontico che ha la condizione della sua ontità nell'altro e all'altro, traendola da sé, la condizione della sua ontità, e non fosse quel che di fatto deve essere, un modo dell'ontico inautocosciente in generale che ha le tonalità dell'ontità intelligibile inautocosciente in genere e che è unità assoluta con la sua specifica; nel che non c'è petizione di principio: quando si dice che in tale intelligibile c'è unità indistinta di denotanti perché le denotanti fan tutt'uno, intendiamo rifarci ai modi secondo cui la distinzione fra ontici è lecitamente rappresentabile da un pensiero di condizione umana in un ontico inautocosciente almeno presunto: in questo gli ontici che sono simultanei sono distinguibili sia perché qualitativamente differenti sia perché o reciprocamente incondizionati, come son pensate le qualità sensoriali o almeno alcune di esse in una percezione, o reciprocamente condizionantisi in alcuni solo dei modi della loro ontità e non in tutti, come son pensati due corpi relazionati dalla gravitazione, o raciprocamente condizionantisi nella loro causalità e nelle loro funzioni, come son pensati gli individui differenti nel sesso o gli organi di un organismo; ma quando due ontici inautocoscienti son pensati in modo che non solo i modi ontici dell'uno ma la sua stessa ontità hanno la loro condizione necessaria nei modi ontici e nell'ontità dell'altro e in modo che i loro modi qualitativi sono tali che quelle dell'uno risultano differenti da quelle dall'altro solo per un confronto, cioè solo per altro e non in sé, perché in sé si compenetrano fino a coincidere, in tale situazione noi parliamo di unità indifferenziata, che è appunto quella di un intelligibile siffatto; se noi prendiamo un vertebrato e presumiamo che la sua ragione sia tra l'altro anche l'intelligibile della vertebralità, questa sarà il suo vivere secondo un suo muoversi che è secondo un certo rapporto fra il mobile e il sostegno del mobile, modi tutti che son posti per intelligibili in forza di quei qualsivogliano attributi la cui presenza chiamiamo intelligibilità; ma questi attributi nell'individuo li pensiamo propri di un movimento che è vita e che è uno con la vita e insieme di un movimento che, secondo quegli attributi, investe simultaneamente il mobile e il sostegno; se la totalità dell'ontico inautocosciente coincidesse con quell'individuo, la sua intelligibilità sarebbe un movimento che è vita e una vita che è movimento, e insieme un movimento che è moto del mobile o del sostegno;


- 233 -


[pag 233 (221 F2 /3)]

che se si vuole che vita sia la condizione del moto e viceversa e che per questo i due in quanto intelligibili son distinti, si chiede che tale distinzione sia fatta  fuori da ogni confronto o rapporto con intelligibili di altri individui, giacché la distinzione deve essere da sé e per sé e non da altro e per altro, e con indicazione ben netta dei modi qualitativi dell'uno e di quelli dell'altro in quanto qualitativamente differenziati; ci sembra che una tale distinzione sia impossibile: posto che l'intelligibilità sia costanza e uniformità, la vita di quell'individuo è un certo muoversi costante e uniforme e questo moto dello stesso individuo è vita costante e uniforme; le conclusioni non cambiano, anche se dovesse risultare che, sotto il punto di vista di un confronto ossia di una dialettica, la denotante generica non è mai con una sola specifica, ma con più simultanee e di identico grado di funzione, sicché si dovrebbe pensare il generico come una pluralità di ontici cofunzionali in rapporto di reciproco condizionamento con altrettanti specifici cofunzionali, anzitutto perché ciascuno di questi nell'assolutezza dell'intelligibile inautocosciente si identifica con il correlato che è generico cofunzionale con gli altri nella denotante generica, nello stesso modo con cui lo specifico si identifica col generico quando è stato assunto per unico, in secondo luogo perché delle due l'una o i cofunzionali generici la cui molteplicità dovrebbe strutturare la denotante generica son posti come eterogenei e irrelazionabili e in questo caso siffatti attributi elidono tanto l'unità quanto l'unificazione e quindi l'intelligibile stesso o son posti come dei differenti relati l'un l'altro da un condizionamento reciproco che ripete quello fra generico o specifico e allora si deve pensare che la loro distinzione sia non nell'intelligibile e per l'intelligibile in assoluto, ma nel confronto in cui esso si pone con altro da sé, e quindi in qualcosa che è altro da esso; la riduzione di una denotante generica a unificazione di cofunzionali generiche non tocca l'unità indifferenziata dell'intelligibile inautocosciente, riguarda tutt'al più la struttura delle dialettiche con cui conserva verità e validità quando sia con autocoscienza, ossia le forme che una teoria della logica deve attribuire a dialettiche di condizione umana; la distinctio formalis ex parte rei non è attributo legittimo dell'intelligibile  inautocosciente presunto come ontico assoluto, data l'unità assoluta e indistinta sotto cui esso dev'essere predicato sulla base del principio che una pluralità di distinti in esso viene inserita solo alla condizione che sia posto in rapporto con intelligibile altro da sé e quindi alla condizione di privarlo della sua assolutezza; che se si obietta che questo stato assoluto è altrettanto contraddittorio allo stato di relazionalità in cui nell'ontità inautocosciente in genere esso deve sussistere quanto noi abbiamo preteso che la sua relazionalità con altro lo sia con la sua assolutezza, e che l'inautocoscienza non s'accompagna affatto alla rottura di rapporti fra le classi delle specie infime che il pensiero di condizione umana tratterà poi per cogeneri, è lecito rispondere che si tratta di stabilire che cosa si debba intendere, sotto un certo punto di vista, per inautocoscienza e che, se questa non è lecito non considerarla uno stato ontico, le ragioni della cui ontità


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[pag 234 (221 F3 /4)]

son state descritte in vari modi, ma la cui natura è di esser priva dei modi che s'accompagnano all'autocoscienza, poiché con questa ritroviamo connessioni che son spostamenti d'attenzione in quanto c'è autocoscienza, ma che sono dialettiche in quanto nessuna delle biffe attraverso cui l'attenzione si sposta sussiste fuori dal rapporto oggettivo, materiale lungo cui l'attenzione si sposta e che lo spostamento d'attenzione fa esistere al tempo stesso che lo segue, l'inautocoscienza di un intelligibile dovrebbe essere l'assenza sia di spostamento d'attenzione sia di tutto ciò che è dialettico, tant'è vero che un pensiero di condizione umana si rappresenta una molteplicità di intelligibili inautocoscienti, come forme, ci si passi questo aristotelismo, di individualità naturali come una serie di ontici dotati di certi caratteri che delle tre l'una o sono perché l'un l'altro relati da un pensiero o anima universale immanente, e in questo caso l'inautocoscienza è un presunto apriori la cui illegittimità è imposta dalla deduzione che per essi si deve fare dal principio della loro ontità, o sono perché l'un l'altro relati da nessi che son dialettiche inautocoscienti, e allora la loro molteplicità è un presunto apriori che si dimostra altrettanto illegittima per l'inferenza dal principio della loro ontità, essendo essi dei momenti particolari di un particolare ontico inautocosciente il quale solo è unitario, o sono veramente dei molteplici e degli inautocoscienti, e allora debbono essere tali da sussistere in totale irrelatezza e in vera assolutezza -comunque ciò poi sia interpretabile e spiegabile nell'unità della natura -, nel qual caso, che è l'unico che un pensiero di condizione umana trovi in congruenza con le strutture dei suoi intelligibili, ciascuno di essi è un assoluto pel quale è valida quell'unità indifferenziata di cui sopra si parlava; ma se l'autocoscienza è un accidente, l'intelligibile inautocoscienza dev'essere pensato anche come un ontico la cui struttura è la stessa che si ritrova nel suo simmetrico autocosciente, ossia una molteplicità di ontici materiali differenziati qualitativamente e funzionalmente e istituenti di per sé, per loro stessa materia, una molteplicità di rapporti reciproci che son tanti quanti sono e che non sono dialettiche se non per l'assenza di spostamento d'attenzione concomitante con ciascun rapporto; se un intelligibile inautocosciente è unità assoluta e indifferenziata, come ci pare di aver dimostrato, delle due l'una: o si presuppone che ad esso si aggiunga la denotante dell'autocoscienza che lo rende estremo di spostamenti d'attenzione, e allora si privano questi della loro ragione o meglio di quella parte della loro ragione che fonda la loro verità e validità materiale, in quanto non si vede come dalla semplice attitudine che gli intelligibili assumono attraverso l'acquisto di autocoscienza a ripetersi secondo un certo modo scaturisca il diritto della pretesa che essi accampano a scindere in molteplici dialettizzati la loro unità e a relazionare secondo modi fissi questi loro molteplici, oppure si affianca all'intelligibile inautocosciente che è unità assoluta l'intelligibile inautocosciente, articolato in coppie di rapportati secondo relazioni necessarie ma altrettanto autocoscienti, del quale l'acquisto di autocoscienza fa la ragione della verità e validità materiale di quegli spostamenti d'attenzione il cui modo di ripetersi




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