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che è unità assoluta e indifferenziata entro cui la separazione tra
denotanti inautocoscienti di natura generica assoluta o relativa e denotanti inautocoscienti di natura specifica è
assente, perché, anche attribuendo a siffatta separazione l'inettitudine a
rompere l'unità dell'intelligibile in una giustapposizione di diversi per la
necessità dei rapporti che sarebbero altrettanti ontici inautocoscienti
unificanti le denotanti, e anche negando che la distinzione degli ontici
inautocoscienti in materiali e relazionali conduca a una moltiplicazione
all'infinito di questi ultimi per un argomento simile a quello del terzo uomo
perché basterebbe fare degli ontici relazionali delle sorte per dir così di
attrazione reciproca costante e invariabile animante dall'intimo ciascun
inautocosciente materiale, per mantenere ontica la separazione bisognerebbe che
la denotante generica fosse nei confronti della specifica un ontico che ha la
condizione della sua ontità nell'altro e dà all'altro, traendola da sé, la
condizione della sua ontità, e non fosse quel che di fatto deve essere, un modo
dell'ontico inautocosciente in generale che ha le tonalità dell'ontità
intelligibile inautocosciente in genere e che è unità assoluta con la sua
specifica; nel che non c'è petizione di principio: quando si dice che in tale
intelligibile c'è unità indistinta di denotanti perché le denotanti fan
tutt'uno, intendiamo rifarci ai modi secondo cui la distinzione fra ontici è
lecitamente rappresentabile da un pensiero di condizione umana in un ontico inautocosciente
almeno presunto: in questo gli ontici che sono simultanei sono distinguibili
sia perché qualitativamente differenti sia perché o reciprocamente
incondizionati, come son pensate le qualità sensoriali o almeno alcune di esse
in una percezione, o reciprocamente condizionantisi in alcuni solo dei modi
della loro ontità e non in tutti, come son pensati due corpi relazionati dalla
gravitazione, o raciprocamente condizionantisi nella loro causalità e nelle
loro funzioni, come son pensati gli individui differenti nel sesso o gli organi
di un organismo; ma quando due ontici inautocoscienti son pensati in modo che
non solo i modi ontici dell'uno ma la sua stessa ontità hanno la loro
condizione necessaria nei modi ontici e nell'ontità dell'altro e in modo che i
loro modi qualitativi sono tali che quelle dell'uno risultano differenti da
quelle dall'altro solo per un confronto, cioè solo per altro e non in sé,
perché in sé si compenetrano fino a coincidere, in tale situazione noi parliamo
di unità indifferenziata, che è appunto quella di un intelligibile siffatto; se
noi prendiamo un vertebrato e presumiamo che la sua ragione sia tra l'altro
anche l'intelligibile della vertebralità, questa sarà il suo vivere secondo un
suo muoversi che è secondo un certo rapporto fra il mobile e il sostegno del
mobile, modi tutti che son posti per intelligibili in forza di quei
qualsivogliano attributi la cui presenza chiamiamo intelligibilità; ma questi
attributi nell'individuo li pensiamo propri di un movimento che è vita e che è
uno con la vita e insieme di un movimento che, secondo quegli attributi,
investe simultaneamente il mobile e il sostegno; se la totalità dell'ontico
inautocosciente coincidesse con quell'individuo, la sua intelligibilità sarebbe
un movimento che è vita e una vita che è movimento, e insieme un movimento che
è moto del mobile o del sostegno;
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che se si vuole che vita sia la condizione del moto e viceversa e che
per questo i due in quanto intelligibili son distinti, si chiede che tale
distinzione sia fatta fuori da ogni
confronto o rapporto con intelligibili di altri individui, giacché la
distinzione deve essere da sé e per sé e non da altro e per altro, e con
indicazione ben netta dei modi qualitativi dell'uno e di quelli dell'altro in
quanto qualitativamente differenziati; ci sembra che una tale distinzione sia
impossibile: posto che l'intelligibilità sia costanza e uniformità, la vita di
quell'individuo è un certo muoversi costante e uniforme e questo moto dello
stesso individuo è vita costante e uniforme; le conclusioni non cambiano, anche
se dovesse risultare che, sotto il punto di vista di un confronto ossia di una
dialettica, la denotante generica non è mai con una sola specifica, ma con più
simultanee e di identico grado di funzione, sicché si dovrebbe pensare il
generico come una pluralità di ontici cofunzionali in rapporto di reciproco
condizionamento con altrettanti specifici cofunzionali, anzitutto perché
ciascuno di questi nell'assolutezza dell'intelligibile inautocosciente si
identifica con il correlato che è generico cofunzionale con gli altri nella
denotante generica, nello stesso modo con cui lo specifico si identifica col
generico quando è stato assunto per unico, in secondo luogo perché delle due
l'una o i cofunzionali generici la cui molteplicità dovrebbe strutturare la
denotante generica son posti come eterogenei e irrelazionabili e in questo caso
siffatti attributi elidono tanto l'unità quanto l'unificazione e quindi
l'intelligibile stesso o son posti come dei differenti relati l'un l'altro da
un condizionamento reciproco che ripete quello fra generico o specifico e
allora si deve pensare che la loro distinzione sia non nell'intelligibile e per
l'intelligibile in assoluto, ma nel confronto in cui esso si pone con altro da
sé, e quindi in qualcosa che è altro da esso; la riduzione di una denotante
generica a unificazione di cofunzionali generiche non tocca l'unità
indifferenziata dell'intelligibile inautocosciente, riguarda tutt'al più la
struttura delle dialettiche con cui conserva verità e validità quando sia con
autocoscienza, ossia le forme che una teoria della logica deve attribuire a
dialettiche di condizione umana; la distinctio formalis ex parte rei non è
attributo legittimo dell'intelligibile
inautocosciente presunto come ontico assoluto, data l'unità assoluta e
indistinta sotto cui esso dev'essere predicato sulla base del principio che una
pluralità di distinti in esso viene inserita solo alla condizione che sia posto
in rapporto con intelligibile altro da sé e quindi alla condizione di privarlo
della sua assolutezza; che se si obietta che questo stato assoluto è
altrettanto contraddittorio allo stato di relazionalità in cui nell'ontità
inautocosciente in genere esso deve sussistere quanto noi abbiamo preteso che
la sua relazionalità con altro lo sia con la sua assolutezza, e che
l'inautocoscienza non s'accompagna affatto alla rottura di rapporti fra le
classi delle specie infime che il pensiero di condizione umana tratterà poi per
cogeneri, è lecito rispondere che si tratta di stabilire che cosa si debba
intendere, sotto un certo punto di vista, per inautocoscienza e che, se questa
non è lecito non considerarla uno stato ontico, le ragioni della cui ontità
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son state descritte in vari modi, ma la cui natura è di esser priva dei
modi che s'accompagnano all'autocoscienza, poiché con questa ritroviamo
connessioni che son spostamenti d'attenzione in quanto c'è autocoscienza, ma
che sono dialettiche in quanto nessuna delle biffe attraverso cui l'attenzione
si sposta sussiste fuori dal rapporto oggettivo, materiale lungo cui
l'attenzione si sposta e che lo spostamento d'attenzione fa esistere al tempo
stesso che lo segue, l'inautocoscienza di un intelligibile dovrebbe essere
l'assenza sia di spostamento d'attenzione sia di tutto ciò che è dialettico,
tant'è vero che un pensiero di condizione umana si rappresenta una molteplicità
di intelligibili inautocoscienti, come forme, ci si passi questo aristotelismo,
di individualità naturali come una serie di ontici dotati di certi caratteri
che delle tre l'una o sono perché l'un l'altro relati da un pensiero o anima
universale immanente, e in questo caso l'inautocoscienza è un presunto apriori
la cui illegittimità è imposta dalla deduzione che per essi si deve fare dal
principio della loro ontità, o sono perché l'un l'altro relati da nessi che son
dialettiche inautocoscienti, e allora la loro molteplicità è un presunto
apriori che si dimostra altrettanto illegittima per l'inferenza dal principio
della loro ontità, essendo essi dei momenti particolari di un particolare
ontico inautocosciente il quale solo è unitario, o sono veramente dei
molteplici e degli inautocoscienti, e allora debbono essere tali da sussistere
in totale irrelatezza e in vera assolutezza -comunque ciò poi sia
interpretabile e spiegabile nell'unità della natura -, nel qual caso, che è
l'unico che un pensiero di condizione umana trovi in congruenza con le
strutture dei suoi intelligibili, ciascuno di essi è un assoluto pel quale è
valida quell'unità indifferenziata di cui sopra si parlava; ma se
l'autocoscienza è un accidente, l'intelligibile inautocoscienza dev'essere
pensato anche come un ontico la cui struttura è la stessa che si ritrova nel
suo simmetrico autocosciente, ossia una molteplicità di ontici materiali
differenziati qualitativamente e funzionalmente e istituenti di per sé, per
loro stessa materia, una molteplicità di rapporti reciproci che son tanti
quanti sono e che non sono dialettiche se non per l'assenza di spostamento
d'attenzione concomitante con ciascun rapporto; se un intelligibile
inautocosciente è unità assoluta e indifferenziata, come ci pare di aver
dimostrato, delle due l'una: o si presuppone che ad esso si aggiunga la
denotante dell'autocoscienza che lo rende estremo di spostamenti d'attenzione,
e allora si privano questi della loro ragione o meglio di quella parte della
loro ragione che fonda la loro verità e validità materiale, in quanto non si
vede come dalla semplice attitudine che gli intelligibili assumono attraverso
l'acquisto di autocoscienza a ripetersi secondo un certo modo scaturisca il
diritto della pretesa che essi accampano a scindere in molteplici dialettizzati
la loro unità e a relazionare secondo modi fissi questi loro molteplici, oppure
si affianca all'intelligibile inautocosciente che è unità assoluta
l'intelligibile inautocosciente, articolato in coppie di rapportati secondo
relazioni necessarie ma altrettanto autocoscienti, del quale l'acquisto di
autocoscienza fa la ragione della verità e validità materiale di quegli
spostamenti d'attenzione il cui modo di ripetersi
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