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di alcun mutamento, poiché questo qualcosa di immutabile da un lato è
tutta la loro comprensione diminuita dell'autocoscienza, dall'altro è la loro
essenza, il resto della ((lo??)) comprensione diminuita della loro essenza
immutabile, è l'autocoscienza, un inessenziale o accidentale rispetto
all'intelligibile - il discorso, del cui valore, agli effetti della distinzione
e dell'accidentalità dell'autocoscienza non garantisco nulla, ma che dò solo
come un problematico, ha le sue aporie; anzitutto se lo approfondiamo, vi
ritroviamo molti aspetti che ne fanno un circolo vizioso: un intelligibile è
tale quando è per un pensiero e non è per un pensiero in generale se non è con
un’autocoscienza che gli viene da questo, per un pensiero di condizione umana,
se non è con un'autocoscienza di condizione umana che gli viene da questo,
perché la sua materia senza l'autocoscienza
o del primo o del secondo non ha i modi ontici che ha e d'altra parte,
la materia di un intelligibile ha i suoi modi ontici di intelligibile in
generale o di intelligibile di condizione umana in quanto è con una
autocoscienza ed è con autocoscienza di questo tipo perché è per un pensiero in
generale che gliela dona, con autocoscienza di quest'altro tipo perché è per un
pensiero di condizione umana che gliela dona; ma non si tenga conto di questo
circolo vizioso che è lecito infirmare di infondatezza data la presunzione di
identità fra pensiero e autocoscienza, sicché basterebbe dimostrare
l'impossibilità per un intelligibile di essere senza autocoscienza per
superarlo; ma c'è da chiedersi se veramente le modificazioni cui il quadro
delle dialettiche degli intelligibili di condizione umana va soggetto, abbiano
veramente la loro ragione nell'autocoscienza e non nella materia intelligibile che
li costituisce la quale assunta com'è cogli attributi dell'intelligibilità non
ha la liceità di un principio di mutamenti, perché evidentemente sono gli
spostamenti d'attenzione di una fase successiva ad alterare la precedente e gli
spostamenti d'attenzione trovano nell'autocoscienza tutt'al più la condizione
della loro ontità, non quella del loro modo e dell'intelligibile che ne è il
risultato, la quale fa tutt'uno con il rapporto che lo spostamento d'attenzione
segue come falsariga e al tempo stesso genera, il quale rapporto è nella
materia dell'intelligibile che è altra dalla sua autocoscienza; d'altra parte,
si ha il diritto di chiedere a noi e a quanti accettano un complesso di
dialettiche di condizione umana come caratterizzato da mutamenti che van presi
per quel che sono, modificazioni di un quadro ontico, e in quel che sono, nei
loro modi e nelle loro leggi qualora ve ne siano, e insieme da un'autocoscienza
la cui funzione di denotante va presa per quel che è, una certa denotazione, e
in quel che è, i suoi modi le sue leggi la sua natura in quanto indagati in
essa assunta in sé ma sempre assieme a quei vincoli che la sua funzione di
denotante pone, e a quelli che come Hegel trattano i mutamenti come una
necessità dell'ontico universale e quindi anche del quadro dialettico di
condizione umana che è un ontico, e l'autocoscienza come un ontico le cui
ragioni e i cui modi vanno inferiti da altro che dalle mere condizioni in cui
si dà, ossia da altro che da quel semplice stato mutevole che chiamiamo pensiero
di condizione umana, se, assunta l'autocoscienza in quei modi su cui
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