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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 201 - 251
    • 223
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- 239 -


[pag 239 (223 F2 /3)]

tutti debbono essere d'accordo, ossia lo stato in cui un ontico deve essere per essere rappresentazioni, quest'autocoscienza sia veramente la matrice delle modificazioni, dal momento che essa che, come attitudine di un ontico a riprodursi in certi modi o anche, ammettiamolo pure, come attitudine di un ontico a essere per un pensiero, deve assumersi come un immutabile e un identico attraverso il tempo e il divenire, abbia una capacità di ingenerare mutamenti che non è né costante né in atto, se è vero che ontici intelligibili autocoscienti ai quali non si sovraggiunga nessun ontico o che non vengan posti in nessun rapporto altro da quelli con cui son stati posti trovino la liceità di modificarsi nelle loro dialettiche solo in una certa fase della serie delle dialettiche di condizione umana e inoltre se è vero che di nessun aggregato dialettico che sia parte della serie delle dialettiche autocoscienti di condizione umana è garantita l'immutabilità nonostante la certezza che nessun ontico altro dai precedenti si aggiunga ad essi come biffa del tutto nuova rispetto a questi almeno in qualche sua denotante e nessun rapporto altro dai precedenti divenga autocosciente instaurandosi fra denotanti prima irrelate -; b) il confronto fra una molteplicità di intelligibili con autocoscienza, che sia presupposta esaustiva di tutti gli intelligibili leciti, e la stessa totalità di intelligibili in quanto inautocoscienti, è instaurabile nonostante la problematicità dell'ontità di entrambe, se non altro sulla base della necessità di legittimare la verità validità materiali delle dialettiche di condizione umana, nonostante la loro mutabilità, mediante la rappresentazione di una materia intelligibile autocosciente ma immutabile che sia limite dei mutamenti di quella in divenire, e sulla base della necessità di legittimare il rapporto in cui un pensiero di condizione umana pretende di porre la sfera in divenire della sua intelligibilità con la sfera degli ontici fenomenici sensoriali la cui autocoscienza è di fatto assunta come concetto dei modi che fondano la loro adunanza nella classe che li aduna, ma di diritto non è lecito sia assunta a ragione dell'intelligibilità che vien loro attribuita dal presupposto di una verità e validità non solo formale ma anche materiale dell'intelligibilità in sé: il fatto cioè che siano delle rappresentazioni, al che per ora intendiamo limitare la nozione di autocoscienza dei fenomenici sensoriali non è ragione sufficiente di una loro presunta intelligibilità, se non per una dottrina di tipo kantiano per la quale l'autocoscienza dei fenomenici è altro dal principio della loro mera rappresentazione, del loro mero essere per un pensiero, in quanto è attività e principio della loro stessa intelligibilità; ma tale dottrina a parte che deve fornire ragioni che la legittimino indubitabilmente, non si limita a mutare la comprensione dell'autocoscienza, ma muta anche la comprensione dell'intelligibilità in quanto la priva di quella denotante di unità per altro che non sia un mero rapporto di cui l'intelligibilità di cui fa uso una semplice descrizione delle dialettiche intelligibili autocoscienti non è svuotabile, essendo l'intelligibilità kantiana il modo d'essere di una rappresentazione in cui gli enti la cui unità è per essi e non per i nessi che l'analisi vi ritrova sono sensoriali irrelati e i cui attributi di intelligibilità non vengono né da una unità con irrelazione


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[pag 240 (223 F3/4)]

che sussista indipendentemente dai rapporti che un'analisi vi ritrova né dai sensoriali in sé irrelati che l'analisi vi ritrova, ma dai rapporti che relazionano i sensoriali unitari in sé e che tali attributi hanno per dir così per essenza, essendo invece l'altra intelligibilità il modo di essere di una rappresentazione la cui unità è non già dalle relazioni intelligibili che per analisi vi si ritrovano, ma è da sé, come quella che fonda la liceità di ridurla a molteplici relati ciascuno dei quali riducibile a un identico stato senza che questa disarticolazione annulli la rappresentazione stessa e costringa il pensiero a conservarla per un atto di memoria, e inoltre è il principio dell'intelligibilità della sua unità, dei rapporti che l'analisi vi ritrova, della connessione fra questi e l'unità originaria, e non già la conseguenza dell'essenza intelligibile dei semplici rapporti; a parte le aporie che in entrambi i concetti di unità intelligibile si ritrovano e di cui si parlerà altrove o in altro lavoro, una volta accettata l'intelligiblità di cui fa uso la mera descrizione delle dialettiche autocoscienti umane, la sua attribuzione ai sensibili autocoscienti la pone in un rapporto con la loro autocoscienza che non è dato sia come con la loro ragione, perché considerare i sensibili autocoscienti, indipendentemente dal fatto che siano mere rappresentazioni o siano rappresentazioni riproduttive  di un ontico in sé inautocosciente, la natura in quanto inautocosciente, vuol dire affermare immanente in ciascuno un ontico che lo fa essere quel che è, ma senza porsi come una sola e stessa cosa con cui il sensibile coincide totalmente; l'intelligibile è posto allora come una parte del sentito, la quale diviene autocosciente non in simultaneità e in coincidenza con l'autocoscienza del sentito in quanto autocosciente, ma per un atto, che sarà di una o di altra modalità o struttura e la cui autocoscienza è altra da quella del sentito; per questo l'autocoscienza del sentito non è ragione della sua intelligibilità, sia in una gnoseologia aristotelica, sia in una gnoseologia qual è presupposta ad esempio dalle odierne ricerche della chimica, ad esempio; per questo noi parliamo del diritto di porre sia pure con ((come?)) problematico un universo di tutti gli intelligibili in quanto però inautocoscienti, come quelli non che siano degli assoluti totalmente incondizionati dai rapporti che l'autocoscienza pone e al tutto separati da un'autocoscienza, ma che sono degli ontici che solo indirettamente patiscono delle conseguenze dell'autocoscienza e solo mediatamente trovano la loro ontità in connessione necessaria con un'autocoscienza; si elide in tal modo la questione del diritto a porre intelligibili la cui inautocoscienza sia la stessa cosa che un essere non per un pensiero, e si identifica l'inautocoscienza degli intelligibili con la loro co-ontità con fenomenici sensoriali che da un lato è un'ontità condizionata dall'autocoscienza di questi stessi ma solo mediatamente le si accompagna, quando cioè dal fatto primo dell'autocoscienza del fenomenico si passa, in questo o quel modo, all'autocoscienza della sua intelligibilità, dall'altro è in unità assoluta e non coincidente con l'ontità fenomenica, con la conseguenza che di problematico non resta se non che sia ontica la totalità di tutti gli intelligibili che hanno la liceità di essere co-ontici di fenomenici;




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