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tutti debbono essere d'accordo, ossia lo stato in cui un ontico deve
essere per essere rappresentazioni, quest'autocoscienza sia veramente la
matrice delle modificazioni, dal momento che essa che, come attitudine di un
ontico a riprodursi in certi modi o anche, ammettiamolo pure, come attitudine
di un ontico a essere per un pensiero, deve assumersi come un immutabile e un
identico attraverso il tempo e il divenire, abbia una capacità di ingenerare
mutamenti che non è né costante né in atto, se è vero che ontici intelligibili
autocoscienti ai quali non si sovraggiunga nessun ontico o che non vengan posti
in nessun rapporto altro da quelli con cui son stati posti trovino la liceità
di modificarsi nelle loro dialettiche solo in una certa fase della serie delle
dialettiche di condizione umana e inoltre se è vero che di nessun aggregato
dialettico che sia parte della serie delle dialettiche autocoscienti di
condizione umana è garantita l'immutabilità nonostante la certezza che nessun
ontico altro dai precedenti si aggiunga ad essi come biffa del tutto nuova
rispetto a questi almeno in qualche sua denotante e nessun rapporto altro dai
precedenti divenga autocosciente instaurandosi fra denotanti prima irrelate -;
b) il confronto fra una molteplicità di intelligibili con autocoscienza, che
sia presupposta esaustiva di tutti gli intelligibili leciti, e la stessa
totalità di intelligibili in quanto inautocoscienti, è instaurabile nonostante
la problematicità dell'ontità di entrambe, se non altro sulla base della
necessità di legittimare la verità validità materiali delle dialettiche di
condizione umana, nonostante la loro mutabilità, mediante la rappresentazione
di una materia intelligibile autocosciente ma immutabile che sia limite dei
mutamenti di quella in divenire, e sulla base della necessità di legittimare il
rapporto in cui un pensiero di condizione umana pretende di porre la sfera in
divenire della sua intelligibilità con la sfera degli ontici fenomenici
sensoriali la cui autocoscienza è di fatto assunta come concetto dei modi che
fondano la loro adunanza nella classe che li aduna, ma di diritto non è lecito
sia assunta a ragione dell'intelligibilità che vien loro attribuita dal
presupposto di una verità e validità non solo formale ma anche materiale
dell'intelligibilità in sé: il fatto cioè che siano delle rappresentazioni, al
che per ora intendiamo limitare la nozione di autocoscienza dei fenomenici
sensoriali non è ragione sufficiente di una loro presunta intelligibilità, se
non per una dottrina di tipo kantiano per la quale l'autocoscienza dei
fenomenici è altro dal principio della loro mera rappresentazione, del loro
mero essere per un pensiero, in quanto è attività e principio della loro stessa
intelligibilità; ma tale dottrina a parte che deve fornire ragioni che la
legittimino indubitabilmente, non si limita a mutare la comprensione
dell'autocoscienza, ma muta anche la comprensione dell'intelligibilità in
quanto la priva di quella denotante di unità per altro che non sia un mero
rapporto di cui l'intelligibilità di cui fa uso una semplice descrizione delle
dialettiche intelligibili autocoscienti non è svuotabile, essendo l'intelligibilità
kantiana il modo d'essere di una rappresentazione in cui gli enti la cui unità
è per essi e non per i nessi che l'analisi vi ritrova sono sensoriali irrelati
e i cui attributi di intelligibilità non vengono né da una unità con
irrelazione
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che sussista indipendentemente dai rapporti che un'analisi vi ritrova
né dai sensoriali in sé irrelati che l'analisi vi ritrova, ma dai rapporti che
relazionano i sensoriali unitari in sé e che tali attributi hanno per dir così
per essenza, essendo invece l'altra intelligibilità il modo di essere di una
rappresentazione la cui unità è non già dalle relazioni intelligibili che per
analisi vi si ritrovano, ma è da sé, come quella che fonda la liceità di
ridurla a molteplici relati ciascuno dei quali riducibile a un identico stato
senza che questa disarticolazione annulli la rappresentazione stessa e
costringa il pensiero a conservarla per un atto di memoria, e inoltre è il
principio dell'intelligibilità della sua unità, dei rapporti che l'analisi vi
ritrova, della connessione fra questi e l'unità originaria, e non già la
conseguenza dell'essenza intelligibile dei semplici rapporti; a parte le aporie
che in entrambi i concetti di unità intelligibile si ritrovano e di cui si
parlerà altrove o in altro lavoro, una volta accettata l'intelligiblità di cui
fa uso la mera descrizione delle dialettiche autocoscienti umane, la sua
attribuzione ai sensibili autocoscienti la pone in un rapporto con la loro
autocoscienza che non è dato sia come con la loro ragione, perché considerare i
sensibili autocoscienti, indipendentemente dal fatto che siano mere
rappresentazioni o siano rappresentazioni riproduttive di un ontico in sé inautocosciente, la
natura in quanto inautocosciente, vuol dire affermare immanente in ciascuno un
ontico che lo fa essere quel che è, ma senza porsi come una sola e stessa cosa
con cui il sensibile coincide totalmente; l'intelligibile è posto allora come
una parte del sentito, la quale diviene autocosciente non in simultaneità e in
coincidenza con l'autocoscienza del sentito in quanto autocosciente, ma per un
atto, che sarà di una o di altra modalità o struttura e la cui autocoscienza è
altra da quella del sentito; per questo l'autocoscienza del sentito non è
ragione della sua intelligibilità, sia in una gnoseologia aristotelica, sia in
una gnoseologia qual è presupposta ad esempio dalle odierne ricerche della
chimica, ad esempio; per questo noi parliamo del diritto di porre sia pure con
((come?)) problematico un universo di tutti gli intelligibili in quanto però
inautocoscienti, come quelli non che siano degli assoluti totalmente
incondizionati dai rapporti che l'autocoscienza pone e al tutto separati da
un'autocoscienza, ma che sono degli ontici che solo indirettamente patiscono
delle conseguenze dell'autocoscienza e solo mediatamente trovano la loro ontità
in connessione necessaria con un'autocoscienza; si elide in tal modo la
questione del diritto a porre intelligibili la cui inautocoscienza sia la
stessa cosa che un essere non per un pensiero, e si identifica
l'inautocoscienza degli intelligibili con la loro co-ontità con fenomenici
sensoriali che da un lato è un'ontità condizionata dall'autocoscienza di questi
stessi ma solo mediatamente le si accompagna, quando cioè dal fatto primo dell'autocoscienza
del fenomenico si passa, in questo o quel modo, all'autocoscienza della sua
intelligibilità, dall'altro è in unità assoluta e non coincidente con l'ontità
fenomenica, con la conseguenza che di problematico non resta se non che sia
ontica la totalità di tutti gli intelligibili che hanno la liceità di essere
co-ontici di fenomenici;
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