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l’assunzione
o di una modalità del primo a ragion sufficiente del secondo o una modalità del
secondo a ragion sufficiente del primo; tralascio qui la contraddittorietà
della concezione fatta propria dal Fichte, ossia di una finalità inerente
all’essenza della spiritualità del principio, finalità che introdurrebbe del
determinismo entro la spiritualità stessa. Ma lo stesso discorso può farsi, lo
vediamo in Hegel, ben più armonico e ben più elaborato in concetti chiari e
distinti, formalmente ineccepibili: il soggetto umano individuale, essendo non
tanto la misura di tutte le cose, ma l’unica sorgente di una misura di se
stesso, ed essendo quindi il primo che deve essere toccato dalla progrediente
conoscenza, è la prima che tra tutte le cose
si trova alle prese con la
condizione del conoscere in generale che è dipendenza funzionale dalla nozione
della cosa che è prima nell’ordine dell’essere; conosciuto per sé nella sua
esistenza in sé l’uomo in quanto soggetto è da un lato un immediato, dall’altro
un fenomeno che è in altro e lo si conosce per altro, un altro tuttavia che a
sua volta è fenomeno, e così via; la nozione del fenomeno in quanto fenomeno gode del privilegio
dell’immediatezza, dell’intuizione diremmo noi, e insieme patisce della
contraddizione insuperabile di una esistenza che è in sé assolutamente e in
altro assolutamente, e di una intelligibilità che è assolutamente per sé e per
altro; s’impone di fuoruscire dal soggetto, dall’immediato, dall’in sé e per
sé, per portarsi ad un altro il quale però sia un sé e per sé assoluto, sì che
la contraddizione di sopra si risolva in uno stato relativo all’immediatezza,
essendo il soggetto individuale un in sé e un per sé relativi che però si fanno
assoluti quando sia trovato l’altro di cui il soggetto individuale è il per sé:
transitivamente la nozione per altro del soggetto in sé ridiviene conoscenza del soggetto per sé; ma è venuta meno
l’immediatezza: fra il pensiero pensante il soggetto umano s’inserisce la
conoscenza del primo nell’essere, un medio cioè che fa della nozione del
soggetto umano un mediato da immediato che era; l’intellezione dell’uomo è mediazione;
la metafisica è mediazione, il problema della metafisica si fa problema di
mediazione. La struttura formale ha ricondotto le relazioni fra i termini
elementari della situazione cognitiva al loro stato logico, senza deturpare o
misconoscere
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l’esigenza
della questione fondamentale che è di non deviare o non annullare l’attenzione
e l’interesse per l’essere che è primo tra i fenomenici cioè l’uomo.
Sostanzialmente non sono tuttavia mutati i rapporti fra le connotazioni delle
componenti concettuali fondamentali, perché si tratterrà ancora di connotare il
concetto del primo nell’essere in modo che esso possa porsi effettivamente come
mediatore del concetto del soggetto umano lasciandolo al contempo nella
pienezza e integrità della sua essenza, sicché si tratterà ancora di
distinguere nel concetto di questo ciò che è fondamentale per la sua essenza
umana da ciò che è fondamentale per la sua essenza ((assenza??)) naturale e
fenomenica, di reintegrare in tal modo nell’unità della coscienza dell’uomo il
contraddittorio dualismo dei due fondamenti, di definire il concetto del primo
nell’essere con modi tali da ritrovare in esso il medesimo contraddittorio e
insieme la sua ragione, che sarà ancora da un lato primato del fondamento
spirituale sul fondamento naturale, dall’altro riscontro nel fondamento primo
di un modo che fa del suo contraddittorio un medio necessario per una certa
finalità, e dall’altro ancora sottrazione ai limiti della legge di
contraddizione: la modificazione della determinazione del fine, nei confronti
della identica postazione che ne aveva fatto Fichte, provocherà una variazione
nel rapporto tra i due fattori fondamentali in seno al primo nell’essere e in
seno alla coscienza umana; la riduzione dei due contraddittori a punti di vista
relativi al soggetto empirico conoscente, asserita e introdotta come strumento
nei primi scritti teologici, diverrà medio fondamentale tra la razionalità
fenomenica o razionalità per altro e la razionalità metafisica o razionalità in
sé, e la soluzione logico-formale e scientifico-materiale si farà in tal modo
più completa e più luminosa in tutti gli angoli, anche i più oscuri, della
domanda prima. Ma questa resta sempre quel che era e quel che doveva essere:
qual è il rapporto fondamentale tra il primo nell’essere e l’uomo come primo
nel fenomeno, onde sia soddisfatta la curiosità ansiosa dell’unica ed
essenziale tensione umanistica che dall’intimo ci determina? Si tratta ora di
vedere se questa è veramente la questione prima, o se la questione sia solo
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prima nelle
pretese. Quando non soltanto i metafisici dell’idealismo romantico, ma l’animo
conclamatamente religioso del credente in un qualsivoglia verbo di Dio, e la
coscienza riflessivamente ed esplicitamente volta a saper tutto di sé di un umanista
pagano o marxista o esistenzialista o illuminista, affermano necessaria la
mediazione tra sé contemplanti e l’uomo contemplato di una rappresentazione del
principio, dichiarano che il conoscere, come serie armonica di proposizioni dal
soggetto”uomo”, deve discendere dal primo enunciato metafisico, e che nella
piramide dei giudizi cognitivi le proposizioni predicanti qualcosa di un
soggetto che non sia l’uomo rientrano nella medesima dipendenza dal noto
metafisico primo, ma debbono o allinearsi in un ordine inferiore alle
proposizioni dal soggetto”uomo”, o, tutt’al più giustapporsi ad esse in una
complanare cogenerità: cogenerità o inferiorità impediscono loro di interporsi
come medie tra l’enunciato primo e gli enunciati riguardanti la conoscenza dell’ente
uomo, consentono invece il disinteresse e l’abbandono di qualsiasi ricerca per ((fra??)) gli enti fenomenici
che non sono l’uomo.Quando i metafisici del materialismo ilozoistico((??)), le
coscienze preoccupate di dare alle nozioni dell’intelletto una forma che
soddisfaccia al limite le esigenze razionali di una giustificazione
consequenziale per omogeneità, gli intelletti che trovano riposo perfetto
nell’evidenza matematica ed elevano le condizioni di siffatta evidenza a canone
di conoscenza universale, risalgono a un primo enunciato che dalla predicazione
determinata dell’essere primo offre l’illazione dei modi garantenti al
fenomenico le sue univoche autosussistenza e autovitalità entro e con lo
spaziale-sensoriale o le sue strutture essenziali simmetriche dell’evidenza
matematica, mediano con la prima proposizione metafisica tutte le proposizioni
predicanti qualcosa di un soggetto-concetto che è ente fenomenico,
giustappongono in una linearità cogenere a queste le proposizioni dal
soggetto-uomo o sottordinano queste alle prime, con la conseguenza che per i
concetti riguardanti direttamente l’uomo si ripropone quella liceità di
indifferenza e di abbandono di analisi e di interpretazione che sopra si era
offerta per i concetti di enti fenomenici
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altri
dall’uomo. Lo stato così descritto dà superficialmente ragione a quanti
accusano il secondo metodo di erroneità o illusorietà: infatti l’immediatezza
tra il primo enunciato metafisico e i giudizi del soggetto “fenomeno altro
dall’uomo” sarebbe di fatto e di diritto, se l’illazione dei secondi dal primo
non fosse mediata da altre proposizioni il cui concetto-soggetto è il conoscere
in generale che è conoscere dell’uomo. Ora, l’obiezione è valida anche per il
primo metodo, perché nulla è dato inferire dalla connotazione del concetto del
primo nell’essere che non riguardi immediatamente il conoscere in sé e in
genere che è conoscere secondo i modi dell’uomo, e che solo mediatamente
riguardi qualcosa d’altro che non sia il conoscere umano stesso e che dalla
connotazione del concetto di questo non sia condizionato e in funzione di
questa connotazione connotato a sua volta. La struttura delle due piramidi
concettuali o cognitive è fondamentalmente identica in entrambe le metodiche di
costruzione: una connotazione del concetto del primo essere, una connotazione
dei concetti delle modalità del conoscere umano, una serie di connotazioni dei
concetti di enti della natura. Qui le due metodiche divaricano, la prima
attribuendo il primato ai concetti dell’umano, la seconda dichiarando primi i
concetti del non-umano. La differenza è senz’altro essenziale e in sé e
rispetto alla costruzione, ordinamento, connotazione di tutti i concetti,
concetto dell’essere primo compreso. E’, tuttavia, da vedere bene se la varietà
pervada la totalità dei momenti del triplice rapporto, relazione tra nozione
del primo ontico e nozioni del conoscere, relazioni tra nozioni del conoscere e
nozioni del naturale, interrelazioni tra nozione del primo ontico e nozioni del
naturale, oppure tocchi tutti i momenti ad eccezione di uno generalissimo e di
fondamento al restante dei momenti o aspetti relazionali: nel primo caso
avremmo una eterogeneità assoluta, nel secondo una eterogeneità soltanto
relativa.
Intendo
partire da alcune considerazioni che si possono anche considerare modi
affettati di un raziocinio di tipo indiretto. Se l’eterogeneità delle
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