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e insieme generi un rapporto che sia apodittico in sé e con ciò investa
di apoditticità l'ontità e i modi ontici dei due estremi e quindi di
quell'estremo che è il contingente; il che altro non significa se non che la
contingenza di un ontico è quel suo stato per un pensiero di condizione umana
che di fatto non lo sottopone a nessuna dialettica che faccia parte della
classe delle dialettiche da principio a conseguenza, perché non ritrova nessuna
ragione di farlo, e quindi il suo stato che è di sottrazione di diritto e di
fatto al principio di ragione, e da cui consegue la sua inintelligibilità o
illiceità a farsi biffa di un qualsivoglia spostamento d'attenzione che sia
dialettica intelligibile; abbiam già visto sopra che è dubbio che siffatto
stato alberghi di fatto in un pensiero di condizione umana, tant'è vero che il
pensiero greco non ne ha fatto una categoria del reale, preferendogli come
segni dell'inintelligibilità la molteplicità e il divenire o il potenziale e
l'accidentale, perché sta di fatto che o il pensiero di condizione umana
dichiara illegittima la predicabilità di intelligibilità a un qualsivoglia
ontico, e in questo caso tutti gli ontici sfuggono al principio di ragione e,
essendo simultaneamente tolta la ragione di una qualsivoglia classificazione,
compresa quella dell'ontità con qualsivoglia modo ontico questa sia
identificata, ed essendo simultaneamente elisi il molteplice e l'uno, lo
statico e il diveniente, l'attuale e il potenziale, l'essenziale e
l'accidentale, non si vede su che cosa sia lecito fondare l'inintelligibilità
se non sulla totale irrelatezza reciproca di tutti gli ontici e sull'assenza di
una qualsivoglia loro relazione ivi compresa quella della loro giustapposizione
discontinui con la necessaria relazione in generale, problematica quanto si
voglia, sulla quale poggia l'attribuzione di inintelligibilità, donde consegue
che contingenza diviene sinonimo di illiceità di correlare alcunchè e di
predicare alcunchè con qualcosa d'altro, fosse pure l'inintelligibilità e la
contingenza, o lo stesso pensiero ammette qualche intelligibile, sia pure solo
quelli matematici, o sia pure tutti, ma in forza della trascendentalità
kantiana o di qualcosa di uguale e allora è tenuto ad argomentare l'identità
permanente che deve essere data in alcune componenti del complesso affermato
contingente come condizione dell'immanere in esso di un rapporto intelligibile,
di un rapporto cioè la cui identità diacronica ha a sua unica ragione se stesso
- noi diciamo rapporto causale in natura o struttura rettangolare nella nostra
immaginazione non già la nozione generica dei rispettivi modi di essere
intelligibili, ma questo o quel nesso fenomenico in cui si ((sia??)) dia una
causalità o una rettangolarità; la dichiarazione di eterogeneità assoluta del
fenomenico intuito e ((o??)) dell'intelligibile, la quale è conseguenza della
differenziazione irriducibile dei due sotto il punto di vista di qualsivogliano
qualificazioni, e l'affermazione di illiceità del primo ad essere principio
logico e gnoseologico del secondo, ossia di farsi ragion d'essere dell'ontità e
dei modi ontici in genere e di questi o quelli ontità e modi ontici del
secondo, pongono come apodittica l'inferenza del nesso fenomenico nella
causalità o rettangolarità che ha come intelligibilità dall'ontità e modalità
ontica in sé e in generale di queste; ora delle due l'una:
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