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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 201 - 251
    • 230
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- 262 -


[pag 262 (230 F1 /2)]

: o quel tale nesso fenomenico è ripetuto più volte nell'intuizione o è dato una volta sola; nel primo caso inferisce l'attributo della sua ripetizione dal fatto che i nessi fenomenici affermati ripetuti, ad esempio lo scoppio della miscela in un cilindro a combustione interna per l'accendersi di una scintilla, son posti in un'equivalenza la quale va debitrice di quel tanto di identità che la definisce non solo alla mera intelligibilità dei singoli equivalenti, la cui classe allora non sarebbe quella degli scoppi di miscela in ciò che han di intelligibili ma quella dell'intelligibilità in genere per causalità in genere sicché sarebbero conclassari dei fenomeni di caduta, dei fenomeni di riscaldamento per attrito, dei fenomeni di moto per combustione esterna, in una parola di tutti i fenomeni per causalità in generale, ma anche a quel tanto di identico che si negli intuiti fenomenici in sé, identico che aggiunto all'identico dell'intelligibile è ragione della classe degli scoppi di miscela gassosa per scintilla; che se questo identico vuol essere ridotto all'intelligibilità del rapporto sostanziale fra gli intuiti del fenomeno scintilla e gli intuiti del fenomeno deflagrazione dei gas della miscela, il discorso non cambia, perché anche in questo caso la ripetizione con intelligibilità dei due rapporti sostanziali fonda l'equivalenza dei ripetuti sia sull'intelligibilità del rapporto sostanziale costante e immutabile sia sull'identità di almeno alcuni degli intuiti ripetuti, in quanto togliendo questa identità la classe delle scintille non resterà tale, ma sarà sostituita dalla classe delle sostanze in generale, la quale, tra l'altro, al pari della classe generica dei rapporti causali, o fa tutt'uno con la rispettiva nozione generica e non è classe o è classe e allora non si vede come possa costituirsi per aggregazione senza che ciascuno di suoi conclassari sia a sua volta ragione della classe o classe della classe dei conclassari che sono equivalenti per l'immanenza in ciascuna della nozione che è ragione della loro classe; che se invece l'identità di quelle porzioni di fenomeni intuiti vuole avere a sua ragione l'identità del rapporto che lega questi agli intuiti concomitanti e simultanei che accompagnano il rapporto intelligibile da cui i primi sono affetti ma restano al di fuori di esso, qualsivoglia sia questo rapporto che è ragione di quella tale identità, sia esso o matematico o fisico, dovrà essere esso stesso un permanente per necessità e cioè un intelligibile, per il quale dovrà ripetersi quanto già detto che la sua ripetizione identica non è sufficiente a fondare l'equivalenza dei rapportati da esso senza una frazione di identico che si dia in ciascuno di questi; che se l'equivalenza dei fenomeni intelligibili e ripetuti vuole avere a sua ragione solo la costanza e immutabilità dell'intelligibile che vi immane, si chiede come, a parte il fatto che nell'equivalenza di due rapporti delle due l'una o il pensiero di condizione umana esclude i rapportati e in questo caso si l'immagine di un solo ontico dotandolo degli attributi di riprodursi in tante immagini ciascuna delle quali è incondizionatamente sostituibile all'altra omogenea o coinvolge i rapportati  e in questo caso è tenuto a rifarsi ai rapportati stessi in una certa indipendenza dal rapporto per ritrovare in ciascuno qualcosa di identico rispetto a qualcosa che si nel ripetuto,.


- 263 -


[pag 263 (230 F2/3)]

sia dato parlare di questa equivalenza senza rifarsi a qualcosa che si dia equivalente negli stessi rapportati e senza correre con ciò il rischio di procedere a classificazioni o se si vuole a riduzioni a intelligibili degli intuiti fenomenici che son molto più ampie e generiche di quelle di cui di fatto si vale la nostra dialettica; è lecito, è vero, ridurre quel che noi abbiamo affermato parzialmente identico negli intuiti intelligibilmente rapportati a mere somiglianze, affatto relative e quindi tali che la loro ontità e il loro modo ontico il pensiero di condizione umana non ha nessun diritto di predicare come degli in sé che sotto nessun punto di vista sono se non per esso stesso pensiero, è lecito cioè affermare che l'identità delle porzioni dei fenomenici intuiti causalmente connessi in più scoppi di miscele gassose per scintille è di fatto una più classi di conclassari fenomenici la ragione della cui aggregazione non è intelligibile, essendo o una varietà di cosiddette sfumature di un solo cosiddetto colore, o una varietà sola di cosiddetta tonalità di un solo cosiddetto odore, ecc.: ma si chiede anzitutto di privare il pensiero dell'operazione di fatto di conclassificare sensazioni per altra ragione che non sia o quella di una omogeneità di loro vari modi ontici entro l'unicità dell'origine o del modo ontico del sensorio con cui sono relazionati o addirittura quella della loro unicità in forza del sensorio con cui entrano in rapporto, di qualsiasi tipo sia questo, e di qui si procede a chiedere quale identità abbia questa privazione con i fenomeni di fatto del pensiero e, ammesso e non concesso che siffatta privazione fosse il modo ontico di fatto secondo cui si danno i fenomeni in un pensiero di condizione umana quali dialettiche sarebbero di diritto e di fatto in esso che non fossero se non spostamenti d'attenzione da intelligibili a intelligibili che non fossero se non categorie ossia ragioni unicamente della suprema e irriducibile intelligibilità che è lecito pensare in sé e immanente in un fenomenico che non sarebbe se non la classe degli intuiti in generale in quanto intuiti secondo i modi della sensorialità, si chiede in secondo luogo di interpretare siffatte classi di intuiti sensoriali come aggregati che hanno la ragione o nella comune relazione con l'unicità del sensorio o nella partecipazione che, fermo restando siffatta unicità, pare instaurarsi in ciascuno con quel particolare modo ontico che è chiamato sfumatura o tonalità o qualcos'altro di sinonimico, e insieme come aggregati dei quali la comunanza o partecipazione della ragione è una mera somiglianza, ossia un modo che non ha il diritto di essere ridotto ad identità in quanto mai in nessuno dei conclassari si l'immanenza di un siffatto identico, e si procede a chiedere sia come debba interpretare lo stesso pensiero di condizione umana siffatta somiglianza, se come un modo che non ha nessun diritto di esser ragione di classificazioni, nel qual caso porta se stesso nello stato di cui sopra di ridurre le sue dialettiche a spostamenti di ragione tra categorie, oppure se come un modo ontico che non è stato sottoposto ancora a concentrazione d'attenzione e quindi ad analisi al fine di ritrovarvi quel qualcosa che è principio del suo trattamento a ragione di una classe, concentrazione d'attenzione il cui sfocio non sarebbe se non o la negazione dell'attributo di"somigliante"


- 264 -


[pag 264 (230 F 3 /4)]

di qualsiasi portata che non sia meramente relativa, e la conseguente negazione di qualsiasi dialettica che non fosse da intelligibile categoriale a intelligibile categoriale, o l'affermazione dell'immanenza in esso di una componente parziale di identità la quale, o isolabile assolutamente e erigibile a ontico autocosciente in sé o priva di siffatto modo di fatto, ma non di diritto, scinde quanto sia affetto di somiglianza con altro in due porzioni l'una delle quali equazionata o equazionabile con qualcosa dell'altro, l'altra eterogenea di fatto e di diritto o eterogenea solo di fatto ma non di diritto da qualcosa dell'altra, e con ciò, mentre distingue un somigliante che è relativo o per il pensiero di condizione umana e insieme non è in sé perché il pensiero di condizione umana ha la liceità di escluderlo da sé, da un somigliante che è relativo e in sé come quello che è nel pensiero umano senza che a questo sia lecito escluderlo da sé, fonda la legittimità, sia pure relativa al pensiero umano, di classificare gli intuiti in classi che sono intelligibili di fatto e di diritto o solo di fatto, ma non di diritto, per l'irrappresentabilità della ragione che fonda il diritto ma non per l'assenza della sua ontità, e di spostare l'attenzione secondo dialettiche che non limitano le loro biffe alle mere categorie, e in terzo luogo si chiede come debba esser pensato l'ontico in sé, quello che è fuori del pensiero di condizione umana, quando lo si privi di quella qualsivoglia identità dei suoi componenti che è correlato simmetrico di quel tanto di identità di fatto e di diritto o solo di fatto sulla cui base il pensiero di condizione umana classifica le sensazioni in classi indipendentemente dai rapporti matematici o categoriali, se per caso ciò ((??cioè??)) siffatto ontico non si riduca o a una mera giustapposizione di rapporti intelligibili, il che è quanto succede a Kant, o a un aggregato di parti la cui intelligibilità sta tutta nell'indefinita ripetizione di tali rapporti matematici o categoriali che l'informano e li raggruppano in classi assolute che non ((??)) rispetto alle parti non son mediate da alcun’ altra classe, a un aggregato di parti assolutamente omogenee entro cui intelligibili matematici e categoriali calano ad arbitrio generando un ordine che fa della natura una ripetizione di strutture generalissime; quando Platone parla di una partecipazione o imitazione, che è da sé o da altro, del fenomenico all'ideale, se pretende stabilire l'eterogeneità dei due, non intende limitare l'equivalenza del primo al secondo a un'identità dei rapporti di quello coi rapporti di questo e a una eterogeneità di un rapporto di questo che è ripetuto più volte in simultaneità ((a??))che ora c'è ora non c'è per poi tornare ad essere dal rapporto di questo che gli è identico nella forma ma che è uno e non ripete mai se stesso in tanti omogenei simultanei e che c'è sempre, ma vuole che sia lecito parlare di una ripetizione in simultaneità di uno stesso rapporto in forza di una ripetizione in simultaneità numericamente identica di rapportati naturali che sono l'un l'altro relazionabili come equivalenti non solo per l'identità dei rapporti cui di volta in volta partecipano ma anche per quel qualcosa che li accomuna quando son confrontati l'un l'altro fuori di siffatti rapporti: i milioni di uomini che partecipano all'ideale




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