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per la loro partecipazione ad esso e che se ne differenziano perché
questo è uno e immutabile, non sono, da un punto di vista platonico,
conclassificabili solo per siffatta partecipazione in quanto identità del
rapporto che è in ciascuno col rapporto che è in tutti, ma anche perché quel
tanto di materia specializzata che in questo uomo entra con altre sue parti di materia
spazializzata in un rapporto ripetuto negli altri uomini e la cui conoscenza è
o sensazione o percezione di un organo o di una porzione di organo, deve pur
essere posta in equivalenza con quel tanto di materia spazializzata che in un
altro uomo non solo entra nello stesso rapporto con altre parti spazializzate
ma vi entra conservando con queste quel modo relazionale che il rapporto
intelligibile attribuiva al tanto di materia del primo uomo, perché, se questo
non è dato, dovrebbe esser lecito, sempre dal punto di vista platonico,
costituire ad esempio gli occhi con qualsivoglia insieme di sensazioni che
siano relazionate da quel nesso intelligibile che è il rapporto uno e uniforme
di un occhio umano in genere perché gli occhi siano quel che chiamiamo occhio;e
lo stesso discorso si ripete per Aristotele e anche con maggior forza, se si
pensa che egli attribuisce a una percezione la potenza dell'atto o
dell'intelligibile corrispondente il che altro non significa se non che non
solo le varie sensazioni della percezione debbono stare in un rapporto che in
certo senso ripete la relazione intelligibile ma si distingue da essa per la
sua ripetibilità altra dall'irrepitibilità ontica di questa e per la liceità
sua di essere e di non essere ontica altra dalla apoditticità dell'ontità di
questa, ma debbono anche esser tali da essere sostituite da altre sensazioni le
quali però debbono essere della stessa classe avente a ragione un sensorio e
debbono essere di una delle classi aventi a ragione una delle sfumature di cui
la classe del sensorio è classe, se non tutte almeno quelle che necessariamente
debbono essere date perché sia data la potenza del rapporto intelligibile, che
se le sensazioni che son condizione della potenza dell'intelligibile sono
inclassificabili, nel senso che non sono conclassarie sotto nessun punto di
vista con le altre sensazioni che in altre percezioni sono condizioni
apodittiche della potenza dello stesso intelligibile, si dà l'assurdo che la
potenza di questo permane invariata e rimanda ad esso come ontico in atto
indipendentemente dalla classe sotto cui possono essere sussunte le sensazioni
di qualsiasi percezione che sia potenza di quell'intelligibile; più rettangoli
che l'immaginazione ripeta identici nell'intelligibilità matematica che li costituisce
e ne fa degli intelligibili, qualora siano immaginati eguali, manifestano la
loro sostituibilità o sovrapponibilità, come vuole la definizione
dell'eguaglianza, non soltanto in forza dell'identità delle strutture
relazionali intelligibili il cui complesso chiamiamo triangolo, ma anche grazie
a una certa identità delle intuizioni immaginarie entro cui son calate siffatte
strutture a unificarle in rapporti; onde le figure immaginate siano eguali tali
intuizioni debbono essere identiche sia nei rapporti sia nella sostituibilità o
sovrapponibilità di ciascuna omologa da parte di qualsiasi altra che nelle
altre figure è omologa della prima, sia anche nella conclassarietà di tutte le
omologhe in una classe la cui ragione non è né l'identità
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del rapporto geometrico né l'omologia, ma è quella qualsivoglia
identità che le lega l'una all'altra sul piano della mera immaginazione
intuitivo-fenomenica; debbono cioè essere tutte o dei colori o delle correnti
ondulatorie o delle successioni di vibrazioni sonore o quella qualsivoglia cosa
che è un ontico ad intuizione sensoriale; che se si vuole che se siffatta
classificazione nulla dica di un'effettiva loro identità dal punto di vista
della mera intuizione, la liceità di una moltiplicazione all'infinito dei
rettangoli immaginati eguali matematicamente ma eterogenei per l'intuizione
fenomenica eliderebbe una loro identificazione sotto questo punto di vista se
fosse data di diritto e di fatto la variabilità infinita dei modi ontici di
intuizioni conclassari per l'unica ragione del sensorio comune; comunque
un'identificazione dei singoli componenti intuiti in più triangoli uguali sotto
il punto di vista della loro mera intuizione irrelata è condizione necessaria,
concomitante dell'unicità del loro intelligibile geometrico, a fondarne
l'uguaglianza e quindi l'intelligibilità; è vero che, nel caso di figure
geometriche come i rettangoli, alle quali qui si vuole limitare l'esempio senza
pretendere che la sua struttura sia esaustiva di tutti i dati ad
intelligibilità matematica, della cui intuitività o non qui non intendo
discutere, la classificazione dei singoli relati sotto una stessa classe o
avente a ragione il comune sensorio o avente a ragione una sfumatura o
tonalità, è condizione di gran lunga meno necessaria della loro intera
intelligibilità, di quanto non lo sia per i fenomeni ad intelligibilità non
puramente matematica, perché è sufficiente la eguaglianza per sovrapponibilità
dei singoli omologoghi per fondare in unione con l'unicità del complesso dei
rapporti matematici la conclassarietà dei vari enti geometrici in una classe di
cui sia ragione il complesso, ma è altrettanto vero che la sovrapponibilità
presuppone a condizione necessaria l'intuibilità sia pure immaginativa di ciascuna
serie di omologhi, sicché, se l'identità degli intuiti non è fondata su tutte
le definizioni che un'intuizione tollera e sotto il cui punto di vista più
intuiti sono classificati per una certa loro identità reciproca, non è lecito
prescindere totalmente da qualsivoglia loro identità e appunto da quella che è
costituita dalla loro natura di intuiti; ma quando si ritorni a molteplici
fenomenici omogenei per l'identità dell'intelligibile cui partecipano, non è
consentito ritenere che l'elisione di una nozione come quella di sostanza o
come quella di intelligibile il cui modo ontico sia l'unità di componenti
materiali irriducibili a meri rapporti e dei rapporti che ne sono la forma e la
riduzione dell'intelligibilità alla legittima predicazione degli attributi a un
ontico che è solo rapporto e dalla cui ontità pura sono esclusi ontici
qualsivogliano che siano rapportati senz'essere rapporti, non è consentito cioè
pensare che la sostituzione all'interpretazione della struttura data agli
intelligibili dalla dottrina logica del platonismo -aristotelismo
dell'interpretazione che di essa struttura danno le dottrine logiche esplicite
o implicite nelle moderne scienze della natura basti a lasciar da parte
l'identità dei rapportati che sarebbero mere intuizioni sensoriali; infatti
questi rapporti che sarebbero gli unici intelligibili, pare che non si riducano
a una serie giustapposta di generi
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sommi cogeneri in quanto specie di un unico genere, la rapportazione
intelligibile che è o ontico assoluto e in sé per indipendenza
dall'autocoscienza di condizione umana o ontico relativo ad una autocoscienza
di condizione umana che ha la presunzione e il diritto di trattarla per un
ontico di effettiva identità in qualsiasi dei sommi cogeneri in cui si ritrovi
benché questa compartecipazione a un identico non sia affatto ragione di una
loro dialettica di ciascuno col loro genere e di ciascuno con gli altri
cogeneri che non sia solo per autocoscienza, o che ha la presunzione soltanto
di trattarla per tale, ma di diritto non le è lecito se non ridurla a una
somiglianza reciproca dei sommi cogeneri, checchè poi questa somiglianza
significhi, ma sembra che patiscano ciascuno la necessità di articolarsi in
funzione di denotanti generiche con altri intelligibili che, unificandosi loro
con funzioni di denotanti specifiche porrebbero dialettiche ora intelligibili
che sono da genere a specie, da specie a genere, da cogenere a cogenere, e
insieme ridarebbero vita a quel sistema gerarchico tra gli intelligibili che le
dottrine logiche a intelligibili sostanziali o a intelligibili con materia che
non è riducibile a forma avevano già ammesso; ora, dato ((data??)) siffatta
complicazione del numero e della qualità degli intelligibili, è da ricercarsi la ragione della sussunzione dei fenomenici
intuiti sia sotto gli intelligibili che son sommi sia simultaneamente sotto le
loro specie; che se queste sono non mere specificazioni degli intelligibili
sommi in forza di denotanti che sono da inferirsi dalla comprensione di questi,
perché in questo caso si darebbe l'aporia di un rapporto intelligibile, quello
del sommo intelligibile, che dovrebbe essere al tempo stesso semplice, come
mera liceità di uno spostamento d'attenzione apodittico per cui si dà
l'autocoscienza soltanto del rapporto che l'attenzione segue come falsariga e
insieme pone autocosciente, e composito, in quanto liceità di uno spostamento
d'attenzione apodittico per cui è data l'autocoscienza soltanto sia del
precedente rapporto sia di un altro rapporto che è autocosciente solo per lo
spostamento d'attenzione cui si riduce dal primo rapporto a un nuovo rapporto
che sta a quello come uno specifico sta a un generico (si pensi alla
successione azione-reazione, gravitazione, gravità), ma sono arricchimenti
qualitativi del generico sommo ad opera di un materiale intelligibile che il
pensiero di condizione umana ha il diritto di articolare sulla materia
autocosciente del generico sommo ma in quanto siffatta articolazione ritrova in
un altro generico che, da sussumersi al primo, non è tuttavia da inferirsene
geneticamente, qualunque sia il principio intelligibile di cui l'uno e l'altro
sono affermati inferenze di fatto e di diritto, la sussunzione dei fenomenici
intuiti sotto i vari intelligibili l'un l'altro sussunti non è identica né
fonda la sua intelligibilità su ragioni identiche o che sia del fenomenico
sotto un generico sommo o che sia sotto un intelligibile specie di questo: per
la prima sussunzione sono ragioni sufficienti l'intuizione di diritto e di
fatto del fenomenico e lo spostamento d'attenzione dall'apoditticità e forma
del generico sommo all'apoditticità dell'identica forma ritrovata nel
fenomenico, qualunque sia poi la ragione fondante queste ultime apoditticità e
identità, sicché, avendo l'apoditticità dell'identica forma dell'intelligibile
sommo
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