- 279 -
[pag 279 (235 F2 /3)]
dai precedenti i rapportati intelligibili nei rapporti intelligibili in
cui son stati posti e, in uno o altro modo, li unificano in gruppi che non solo
sono unità degli uni e degli altri le quali entrano sia con gli uni che con gli
altri in una relazione che è dal tutto, non già composito ma sintetico, alle
porzioni componenti, non già addendi giustapposte e giustapponibili ma frazioni
organizzate e organizzabili o articolate e articolabili l'una sull'altra
secondo nessi reciproci che sussistono solo in vista dell'unità cui
appartengono e in forza di questa, ma anche entrano per dir così in simmetria
con le giustapposizioni succedentisi di intuiti autocoscienti e rifrangono
entro queste i loro modi sostituendovi alla totalità dispersa un certo numero
di raggruppamenti di intuiti dotati di una certa permanenza che resiste alla
successione, comprensivi degli intuiti il cui rapporto è simmetrico del nesso
intelligibile dei giudizi universali ipotetici, capaci di sostituirsi alle
singole intuizioni come ontici autocoscienti la cui molteplicità consente di
essere trattata come una ripetizione di intuiti compositi da classificarsi in
forza delle dialettiche che andando dall'uno all'altro raggruppamento si fanno
a loro volta estremi di una dialettica che vi ritrova identità altre da quelle
dei rapporti simmetrici dei giudizi ipotetici e coincidenti con quello di una
cosa o sostanza in generale - è il caso di osservare che di questo fenomeno
autocosciente complesso si rende ben conto John Stuart Mill il quale
all'esclusione da un pensiero di condizione umana di enunciati che siano
principi di intelligibilità unisce una teoria della genesi di enunciati che
sarebbero intelligibili, ma non principi, il che pare
contraddittorio,[[Nota a matita dell'autore:”Andare a
vedere la critica del sillogismo: contraddizione la premessa maggiore è un
intelligibile che nasce nel modo qui detto ma che poi non può funzionare da
premessa maggiore]], assicurando la liceità di una successione di giudizi
affermativi individuali costituenti una serie di conclassari sulla base
dell'analogia, che non è lecito non sia se non l'analogia di ciascun rapportato
in un giudizio col suo omologo in ciascuno degli altri e del rapporto di
ciascun giudizio col rapporto degli altri conclassari e facendo di siffatta
liceità l'antecedente, acronico o diacronico, della liceità di un giudizio
affermativo universale in cui i rapportati non sarebbero se non autocoscienti,
omologhi ai rapporti ((dei??)) omologhi dei giudizi individuali ma investiti di
intelligibilità, e il cui rapporto non sarebbe se non la stessa dialettica dei
precedenti giudizi individuali ma essa pure investita di intelligibilità: quel
che interessa osservare a proposito di questa teoria non è tanto quella nozione
di analogia, che rimanda a quanto già abbiam detto sopra sulla somiglianza
utilizzata dalla dottrina logica delle classi, e sulla quale ritorneremo più
avanti in altra parte di questo lavoro, e neppure quel salto qualitativo da una
serie di conclassari individuali inintelligibili anche se analogici a un
intelligibile, salto per il quale torna fuori quella surrezione, di cui sopra,
di un pensiero autocosciente come complesso di modi ontici, di qualità che sono
coessenziali a ciò cui apartengono e che insieme sono capaci di qualificare di
sé ontici altri da questo facendone la loro essenza coessenziale a ciò cui
appartengono, di operazioni dialettiche che sono il presupposto condizionatore
- 280 -
[pag 280 (235 F3 /4)]
di siffatto trasferimento di qualità, quanto piuttosto ciò che a Mill è
sfuggito, che la seriazione o classificazione di giudizi affermativi
individuali, ossia di dialettiche fra intuiti, non è primaria se assume la forma di elencazione, seriale
per analogia, di dialettiche da un raggruppamento di intuizioni, o percezione,
a uno o più intuiti che vi partecipano, in quanto il diritto alla primarietà della
serie delle dialettiche conclassarie per analogia, antecedente o acronico o
diacronico di una dialettica unica e univoca per intelligibilità, spetta alla
giustapposizione per analogie degli spostamenti d'attenzione da intuito ad
intuito o da gruppo di intuiti a gruppo di intuiti che non stiano fra loro in
un rapporto da tutto a parte ma in quel qualsivoglia rapporto tra distinti (che
tutt'al più sono parti di un'intera giustapposizione simultanea degli intuiti
che stia fra una giustapposizione simultanea antecedente e una successiva), il
cui simmetrico intelligibile è un giudizio ipotetico; se non è autocosciente
questa serie col suo intelligibile prima ancora dell'autocoscienza della serie
dei giudizi individuali a rapportati che stan tra loro come il tutto alla
parte, con il loro intelligibile o se di siffatta priorità una dottrina
empiristica non parla, delle tre l'una, o la priorità viene ignorata a bell'a
posta in quanto già rilevata da quell'anteriore descrizione dei fatti
autocoscienti da cui si prende le mosse per approfondirla, nel caso di Mill
dalla teoria humiana che non solo tale primato rileva riducendo le dialettiche
operate sui simultanei autocoscienti intuiti a una giustapposizione che in
quanto tale è per associazione per contiguità nello spazio e in quanto punto di
applicazione di una pretesa intelligibilità è per contiguità nel tempo ossia
per successione e insieme per una ripetizione che è un dato a priori fuori da
qualunque ragion sufficiente, o surrettiziamente si sostituisce alla
presupposizione di una simultaneità di intuiti autocoscienti che da un lato
sono nella loro molteplicità simultanea solo perché si danno in essa con un
modo ontico che è da porsi apriori e ininferibile da altra ragion sufficiente
che non sia questo stesso modo e della cui necessità non è neanche il caso di
parlare, e dall'altro vedono questo loro modo che è mera molteplicità con mera
simultaneità, entrambe autocoscienti per l'autocoscienza di ciascun intuiti,
farsi giustapposizione autocosciente in virtù di una rapportazione spaziale
reciproca alla quale è lecito predicare l'attributo di associazione, ossia di
elaborazione attiva da parte di qualcosa che non è né uno dei molti intuiti né
la loro molteplicità solo quando surrettiziamente si salti da questa
molteplicità, unico ontico autocosciente di cui sia legittimo tener conto, a un
pensiero o soggetto, che il presupposto non comprende, e che di fatto è una
certa dialettica che è spostamento d'attenzione secondo rapporti costanti o
presunti tali non solo da questo a quello degli intuiti ma anche da questo a
quello dei gruppi di intuiti senza però che in ciascuno dei gruppi spazialmente
dialettizzati si dia alcuna necessità di mantenere constantemente entro l'unità
spazialmente dialettizzata ciascuno degli intuiti che vi sono unificati e sia
tolta la liceità di rompere tale unità per sostituirle un'altra unità a
componenti intuiti altri dai primi, il presupposto di una molteplicità
simultanea di intuiti autocoscienti
|