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che di intelligibile da questa si inferisce, purché però si resti nella
sfera delle dialettiche intelligibili; che se ci si porta sul piano del
fenomenico la situazione cambia: qui, ammessa una sua intelligibilità
inautocosciente per quantitativi in generale e ammessa questa intelligibilità
formalmente identica, ma in particolare, la quale consegue l'autocoscienza con
la dialettica di questa equivalenza tra questi variabili funzionali, delle tre
l'una: o ciascun intelligibile quantitativo, nella sua essenza che è mera
quantità e di cui la sola qualità è il modo ontico con cui l'essenza si dà
autocosciente, è un ontico in sé e da sé, con o senza autocoscienza, che è
simmetrico con l'autocosciente dialettizzato dalle dialettiche di condizione
umana e che ha siffatta duplice ontità perfettamente simmetrica ed equivalente
grazie all'inferenza del suo secondo stato dagli intuiti che avviene nonostante
l'assoluta eterogeneità di questi dall'intelligibile in forza di certi
spostamenti d'attenzione di cui gli intuiti si fanno termine lecito, e in
questo caso l'intuito nel suo complesso è un ontico per dir così in sovrappiù
che solo indirettamente manifesta i modi ontici dell'altro ontico che è il
complesso delle quantità intellegibili le quali hanno ontità non in quanto
quantificazioni di qualitativi, ma in quanto la loro essenza è unicamente
quantità secondo i modi qualitativi del quantitativo i quali son chiamati
numeri (nonostante l'irrappresentabilità di questa ontità che è di un
pitagorismo assoluto e spogliato di qualsiasi aritmogeometrizzazione che riduca
il qualitativo della quantità che è numero alla quantificazione, o con
qualificazione numerica, di ontici che sono per essenza anche o una qualità o
un complesso di qualità altre da quelle del quantitativo, nonostante cioè il
fatto che almeno le mie dialettiche non riescano a dialettizzare dei
quantitativi secondo rapporti che son da giudicarsi veri e validi non solo
nella sfera delle dialettiche della mia condizione umana, ma anche in una sfera
di dialettiche in sé nelle quali tali quantitativi siano dei modi unici e assoluti
e non delle misure ossia dei modi, sia pur assoluti, ma sovraggiunti ad altri
modi ontici irriducibili a quantità, è sempre lecito al pensiero di condizione
umana, o almeno al mio, attribuire siffatta incapacità alla sua stessa
condizione e a ciò che di essa è stato principio, la necessità cioè
dell'incapacità di avere autocoscienza del quantitativo nell'intuito se non nel
modo della quantificazione o misura di questo o di quel fenomenico in quanto
sovraggiunto ed eterogeneo dai modi ontici del fenomenico in quanto tale), o
ciascun intelligibile quantitativo è un ontico coessenziale con altri
nell'ontità di un ontico che, autocosciente o non, non è né per sé né con
l'autocoscienza delle intuizioni e delle dialettiche di condizione umana,
quantunque abbia una certa correlazione biunivoca con uno o più dei fenomeni
autocoscienti con cui tuttavia non è né equazionabile né equivalenziabile,
donde deriva da un lato che l'ontico nella sua totalità è rappresentabile con
uno spostamento d'attenzione da questa giustapposizione simultanea di intuiti
autocoscienti a una simultaneità di ontici, autocoscienti o no, che sono dei
quantitativi e insieme dei qualitativi assoluti se per qualità si intende una
serie di modi ontici che son altri da quelli sotto cui la quantità deve darsi e
se per quantità s'intende
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una serie di modi ontici che son altri da quelli e se per la loro
coesistenza s'intende un addizionarsi di uno o più dei secondi a uno o più dei
primi nell'unità di uno degli ontici simultanei, dall'altro che, una volta
interpretata la corrispondenza biunivoca dei due complessi di ontici simultanei
come un'eterogeneità dell'intuito dall'altro la quale lasci all'intuito la
liceità di portare all'autocoscienza di condizione umana quanto di quantitativo
assoluto e intelligibile si dà nell'altro, oppure infine l'ontico è ridotto
alla mera ontità delle successioni delle giustapposizioni simultanee di intuiti
autocoscienti, e l'intelligibilità è identificata con la legittimità di predicare
gli attributi dell'intelligibilità a quanto di quantitativo si dà in ogni
giustapposizione e con l'inautocoscienza, per dir così temporanea, del
quantitativo e della sua intelligibilità, e in questo caso, poiché nessuna
quantità è intuita in quelle giustapposizioni che non sia quantificazione
secondo uno dei modi qualitativi della quantità di un fenomenico o di un gruppo
di fenomenici o di un loro modo, l'intelligibile quantitativo dovrà esser
pensato sempre come in funzione della qualità che è del fenomenico o del gruppo
di fenomenici o dei loro modi, ossia come correlato inscindibilmente da esso e
in modo che il darsi del qualitativo intuito come altro da una quantità o da un
quantificabile sia l'ontico autocosciente che consente la quantificazione e lo
lega a sé senza tuttavia coincidere con essa; in tutt'e tre i casi, la forma
matematica che le quantità debbono assumere per divenire intelligibile e ciò
che ne consegue, e cioè a) che ogni quantità debba essere ricondotta, in uno o
altro modo, alla quantificazione, secondo questo o quel modo numerico
-qualitativo della quantità, di un qualitativo fenomenico la cui qualità è un
modo ontico in sé e usa un modo variabile per altro e da assumersi come
definizione di quel qualcosa di non qualitativo in sé che è la quantità, b) che
ogni quantità -quantificazioni, nonostante la sua eterogeneità da ciò di cui è
quantificazione debba essere dialettizzata con esso secondo un rapporto
inscindibile per cui il darsi dell'una è per il darsi dell'altro e per cui
l'ontità di ciascuno dei due estremi segue il destino dell'ontità dell'altra,
nel senso che ciò che di formale è della biffa-quantità lo deve essere anche
della biffa-qualità, c) che l'intelligibilità del quantitativo è il rapporto
che, instauratosi fra più di siffatti modi quantitativi-quantificati, rende
l'uno di essi equivalente a un certo rapporto fra gli altri e insieme genera
una correlazione funzionale tale fra essi che ciascuno è assumibile come
soggetto di equivalenza con un certo rapporto fra i restanti che deve essere
mutato a seconda dell'intelligible assunto a soggetto e che ciascuno aduna in
sé una molteplicità contraddittoria di nessi funzionali e di rapporti formali
rispetto al guppo di quantitativi coi quali costituisce un intelligibile,
comportano che anche ciò che di puramente qualitativo si dà negli intuiti o nei
loro modo quantificati, data l'indissolubilità del qualitativo dalla sua
quantificazione, debba venir predicato con la stessa molteplicità di forme e di
funzioni variabili: che cioè, se un quantitativo di un nesso quantitativo
intelligibile è insieme e indifferentemente totalità unitaria a sé denotata
dagli altri quantitativi e denotante delle totalità unitarie
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