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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 201 - 251
    • 244
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- 307 -


[pag 307(244 f2 /3)]

quella della classe della sua classe, è equivalenza di un intelligibile unitario e sintetico con la disarticolata molteplicità delle sue componenti unificate dalla dialettica che si da ciascuno di essi ad uno o ad altro ovvero a questi molti o a questi altri molti ovvero a tutti i restanti molti e che ha a principio della sua legittimità la dialettica di equivalenza fra sé e l'intelligibile sintetico; ma a lato delle due equivalenze unificate dal rapporto di ragione abbraccia altre due denotanti, da un lato la necessità dell'equivalenza da dedursi dall'unità sintetica dell'intelligibile unitario stesso che tale unità ha da sé e in sé immediatamente o mediatamente da altro che non è né l'intelligibile né nessuno dei molti modificati, dall'altro l'illiceità di assumere a variabile la funzione di unità sintetica che è principio della dialettica ragione di tutte le dialettiche che coincidono col giudizio e quindi di spostare la funzione da uno ad altro degli intelligibili del giudizio, fermo restando il numero e la modalità degli intelligibili posti in siffatta dipendenza funzionale: la prima denotante non è che l'attribuzione all'intelligibile sintetico stesso di un'unità che materialmente è da inferirsi dai molteplici suoi componenti e dai loro rapporti, ma che formalmente è indeducibile da tutto ciò, non già perché, come pretende Kant, l'unità è a priori rispetto all'unificazione e sta ad essa come una ragion sufficiente di operazioni intelligibili sta alle operazioni stesse, ma perché da un lato è uno stato ontico qualitativo dei molti stessi in quanto unificati il quale non coincide mai né con la somma o moltiplicazione o interrelazione formale-funzionale, comunque si voglia chiamare il loro rapporto dialettico da generico assoluto-relativo a specificante necessario, dei qualitativi componenti né tanto meno con uno o alcuni di essi, essendo quindi una vera qualità che, se anche si distingue da quelle che siamo soliti chiamare così perché non disarticolabile e semplice, è pur sempre una modalità immediata della classe dei qualitativi come quella che non è né quantitàmediabile da altre qualità, dall'altro è un ontico la cui apoditticità è il primo ontico che deve esser dato a priori onde siano apodittici quei rapporti dialettici fra i qualitati componenti la cui apodissi non è mai completamente fondabile sulla materia dei rapportati: e per questo appunto il pensiero di condizione umana, ogniqualvolta pretenda di avere il diritto di sostituire alla problematicità di questa forma come ragione di una classe di giudizi una sua ontità e con ciò di dare corpo ontico allo zero di ciascun giudizio di tale classe, è tenuto a introdurre la nozione ambigua di sostanza, come l'intelligibile formale la cui codenotazione dell'intelligibile sintetico a lato delle altre denotanti materiali e formali della sua comprensione è la ragione della inequivalenza assoluta dell'unità sintetica del primo con l'unificazione dialettica delle seconde, e come l'intelligibile che assegna al sintetico quei modi ontici che, volgarmente chiamati di autosussistenza, sono della sua unità e che a nessuna delle sue denotanti è lecito predicare, sicché un siffatto intelligibile unitario sarebbe una sostanza o un conclassario della classe delle sostanze, sotto il qual punto di vista la sostanza, ragione della classe, sarebbe la modalità ontica della totalità sintetica di ciascun conclassario

 


- 308 -


[pag 308 (244 F3/4)]

e coinciderebbe con tutto ciò che ad esso è predicabile in quanto inferibile da esso, tutto inarticolato e uno, e insieme sarebbe una specie del genere della sostanza, sotto il qual punto di vista questa diverrebbe una denotante qualitativa, inconfondibile con quelle la cui materia intelligibile è simmetrica di autocoscienti intuiti, e con i loro rapporti, e coincidente con la necessità di questi rapporti, nella loro totalità, nella loro materia, nella loro forma, nella loro simultaneità, intelligibili tutti, questi ultimi, indeducibili da se stessi; la seconda denotante è il modo ontico particolare dei qualitativi i quali, una volta diasarticolati dal corpo di uno di essi, entrano in certi rapporti che sono altri da quelli fra quantitativi: se questi sono dei compositi in dipendenza funzionale sia da se stessi in quanto unità, sia dal rapporto in cui son posti i quantitativi che attraverso questa rapportazione si fanno equivalenti ai primi, con la conseguenza che ciò che di quantitativo è posto in equivalenza grazie al rapporto che lo costituisce varia a sua volta di tante volte quanti sono i rapporti leciti e di tante componenti quante sono quelle che il rapporto scelto tollera purché sia mantenuta l'equivalenza e quante sono quelle che i rapporti leciti tollerano alla stessa condizione, e se da tutto ciò deriva la liceità di porre in equivalenza delle equivalenze in cui la variazione dei rapporti utilizzati nel predicato o la variazione dei rapportati nel predicato a rapporto costante ma a variazione di uno dei rapportati in essi ha imposto la sostituzione dei quantitativi utilizzati nella loro funzione di condizionante o di condizionati, i qualitativi, invece, sono tali che, una volta ammessa l'equivalenza di uno di esso [[essi??]] con una molteplicità di altri rapportati secondo un certo rapporto, non sarà mai lecito né che uno dei componenti il tutto faccia di questo un proprio componente sia pur dietro modificazione del rapporto, né che, fermo restando il numero e la materia dei qualitativi del giudizio, si dia l'equivalenza di tante equivalenze quante sono lecite per la variazione dei rapporti utilizzati nei predicati o degli intelligibili inseriti nel predicato; e questo non già perché sia impossibile fare di un qualitativo che sia unità di più qualitativi, un qualitativo che sia parte di uno di questi, ma perché se ciò avviene le due equivalenze cessano di essere equivalenti fra loro sia per il soggetto che è materialmente e formalmente altro dal primo, sia per il predicato che è materialmente e formalmente altro dal primo (è sempre lecito per il pensiero di condizione umana porre, come problematico, che l'intelligibile di un colore, ad esempio, sia l'unità di due intelligibili che sono tali rispettivamente di un odore e di un sapore e che l'intelligibile di questo sapore sia l'unità degli altri due, ma è illecito porre in equivalenza le due equivalenze, perché ciò vorrebbe dire la necessità di pensarle non già come dialettiche sostituibili l'una all'altra, ma come coincidenti per dir così in quella superiore dialettica entro cui le componenti sarebbero correlate in tutti i rapporti che esse tollerano quando due di questi sono le due equivalenze suddette, e che dovrebbe essere simmetrica di un complesso fenomenico unico e componente di una sola giustapposizione di intuiti, il quale dovrebbe per dir così verificare l'equivalenza delle due equivalenze ma fra gli intuiti corrispondenti,




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