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degli unificati e in una unificazione per loro rapporti reciproci
funzionali; l'assenza o la problematicità nel pensiero dell'intelligibile
sostanza e delle sue dialettiche, se da un lato estende l'assenza o la
problematicità a tutte queste conseguenze, dall'altro rescinde l'interrelazione
reciproca necessaria delle due denotanti e, mentre fa della prima o un
illegittimo o un problematico, lascia alla seconda un'ontità incondizionata e
insieme la funzione di denotare la forma della seconda classe: l'illiceità
della sostituzione di uno dei copredicati al soggetto in un giudizio categorico
che ponga in equivalenza gli stessi intelligibili utilizzati da un giudizio
categorico precedente e che pretenda di essere in equivalenza con questo, deve
allora essere inferita dalla necessità dell'unificazione dei molti copredicati
nel primo giudizio e questa necessità deve essere inferita o da sé o dalla
necessità dell'unità del soggetto; basta questa sola denotante ad assicurare
legittimità alla forma della seconda classe entro la classe dei giudizi
categorici definitori in generale; ci si rifiuti quindi di prendere in
considerazione la prima denotante, perché o illegittima e impensabile o perché
solo problematica, e si assuma solo la seconda, allora delle due l'una: o a
soggetto di questi giudizi si pone, sempre problematicamente s'intende, un
intelligibile unitario che ha da sé la sua unità, e in questo caso ci si
preclude la liceità di inferire dal giudizio una seconda equivalenza che sia
fra uno dei copredicati del primo e un predicato di cui è parte il soggetto del
primo, in forza dell'impossibilità di dedurre, dalla necessità dell'inferenza
dell'unificazione per mera giustapposizione dei copredicati del primo giudizio
dalla necessità dell'unità del suo soggetto, la necessità di inferire una
rapportazione secondo un rapporto di unificazione per mera giustapposizione,
identico al precedente, fra qualitativi identici per la maggior parte, dalla
necessità di un'unità differente dalla prima (in un sistema di equivalenza fra
un uno e dei molti unificati per una mera giustapposizione necessaria, nel
quale sia la necessità dell'unità del primo a fondare la necessità della
seconda, è impossibile che tale equivalenza si faccia principio di un'altra
equivalenza la quale utilizzi in uno dei membri gli stessi rapporti di
unificazione del primo sistema, introduca questi rapporti entro una pluralità
in cui il soggetto del primo sistema sostituisce uno degli unificati da questo,
e renda equivalente al sostituito, eretto a soggetto, la nuova molteplicità
unificata, perché il soggetto del primo sistema dovrebbe mutuare
simultaneamente il proprio modo ontico di unità da sé e dall'unità di altro da
sé e dovrebbe porsi a principio di unificazione e al tempo stesso a conseguenza
di unificazione; d'altra parte nella stessa impossibilità viene a trovarsi
un'intelligibilità per quantitativi che pretendesse operare nello stesso modo,
inferendo da un'equivalenza fra un quantitativo uno e dei molti unificati secondo un certo rapporto, un'altra
equivalenza fra uno dei molti e i precedenti molti unificati fra loro e
unificati al quantitativo uno della prima secondo un identico rapporto); oppure
a soggetto dei giudizi si pone un intelligibile la cui unità è la conseguenza
necessaria della necessità dell'unificazione di molti, nel qual caso
l'impossibilità di discorrere da tale equivalenza a un'altra equivalenza in cui
uno dei molti
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inferisca la necessità della
sua unità dalla unificazione dei molti precedenti fra loro e con l'uno la
necessità della cui unità era prima dedotta, sta tutta nella necessità del
rapporto di unificazione, posto come mera giustapposizione, e nella
invariabilità di esso nella prima e nella seconda equivalenza, invariabilità
per la quale delle due l'una, o l'unitario che è tale dall'unificazione di
altri è un intelligibile che è altro dalla mera unificazione di questi, il che
non è per l'esclusione o riduzione a problematica della prima denotante, o
coincide con siffatta unificazione, e allora l'inferenza della seconda dalla
prima equivalenza comporta o l'identità di un uno con molti o l'identità di due
molti eterogenei oppure è addirittura un flatus vocis perché pretende di
sostituire a un uno di molti un uno in sé; per siffatta denotante, dunque, la
forma problematica di questa seconda classe di giudizi categorici definitori si
fa altra dalla forma della prima, come quella che si fa principio di
illegittimità per qualsiasi deduzione da un giudizio dato in tale forma di
giudizi che utilizzino i suoi stessi intelligibili ma in una equivalenza
differente e che siano l'un l'altro equivalenti e tutti equivalenti al primo;
per tale forma ogni giudizio è destinato a restare immutato e invariabile nella
sua struttura materiale, sicché la differenza fondamentale tra le due classi,
oltre a quella che dà al soggetto e al predicato dei giudizi della prima la
liceità di mutare di funzione e di conservare la materia senza che il rapporto
perda di intelligibilità e che nega tale liceità ai giudizi della seconda, sta
anche in questo che i membri della prima classe saranno ciascuno una
molteplicità di giudizi equivalenti e l'un l'altro sostituibili, mentre i
membri della seconda saranno ciascuno un solo giudizio identico a se stesso e
sostituibile solo da se stesso;quando la scienza utilizza, di fatto, quel
giudizio universale affermativo categorico definitorio che abbiam detto
coincidere con quel concetto di corpo che esso pare non riuscire né ad
eliminare né a ridurre a un giudizio di equivalenza fra quantitativi variabili
funzionali, assegna ontità di diritto alla seconda classe dei giudizi
categorici e la fa uscire da quella problematicità in cui fin qui l'abbiamo
lasciata: è vero che, in quel giudizio la necessità dell'unità del soggetto è
inferita non da sé ma da altro, cioè dall'unificazione dei molti del predicato
e con ciò viene esclusa la necessità di un unitario intelligibile che sia tale
di per sé indipendentemente dal predicato e la necessità di ciò che ne
consegue, e in particolare della sostanza e dell'essenza, è vero che la
legittimità del giudizio sta tutta nella necessità dell'unificazione dei molti
nel predicato, ma è altrettanto vero che tale unificazione è di qualitativi e
che la necessaria unità, che ne scaturisce, del soggetto è anch'essa un
qualitativo se non come unità, almeno come modo ontico necessario dei
qualitativi che lo costituiscono; donde segue che in tale unità non sono lecite
le operazioni dialettiche che son lecite per le equivalenze fra quantitativi, e
che tale unità è un intelligibile che s'affianca, con tutti i caratteri del
qualitativo e quindi in eterogeneità da ciò che il quantitativo è e consente,
agli intelligibili quantitativi, e che, se è vero che la sua intelligibilità
non sta già nella immutabile costanza
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