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in cui qualità, immutabili
nel numero e nella materia, debbono darsi in unità, ma nell'immutabilità
costante di un generico rapporto di unificazione per giustapposizione
necessaria in cui le qualità debbono essere pensate o meglio dialettizzate,
indipendentemente da una invariabilità del loro numero e della loro materia
nell'unificazione, è pur sempre vero che questa intelligibilità limitata è
posta di diritto e di fatto e si pone in simmetria o, se si vuole in
dialettica, con l'intuito fenomenico al quale rimanda come a quell'ontico
autocosciente in cui deve immanere inautocosciente l'intelligibilità o
immutabilità apodittica di una aggregazione di autocoscienti intuiti singoli in
percezioni la cui necessità è in sé e da sé e non dalla qualità e dal numero
degli aggregati come quella che è variabile in questi, ma non nel suo modo
ontico di aggregazione; di fronte alla nozione di corpo, se è appena il caso di
rilevare la caduta della scienza nell'errore di surrezione di trattare l'ontico
come giustapposizioni simultanee di intuiti autocoscienti in una continuità
diveniente, che dev'essere per dir così tradotta in una successione di
giustapposizioni fissate ciascuna in discontinuità dalle altre onde sia dato
arricchire la continuità di una dialettica di confronto fra un'antecedenza e
una posteriorità entro il divenire continuo, e con una immanente intelligibilità
inautocosciente per quantitativi e per rapporti funzionali fra quantitativi, e
di allineare a fianco di esso un ontico, il pensiero, senza il quale la
continuità in divenire della totalità intuitivamente autocosciente in
giustapposizione non entra come biffa in dialettica con l'estremo che è
l'ontico autocosciente della sua intelligibilità in generale per rapporti
funzionali quantitativi e delle sue intelligibilità particolari per questi
rapporti funzionali quantitativi, senza il quale quindi l'identificazione
dell'intuito giustapposto in continuità con un ontico nei cui caratteri fenomenici immane una certa intelligibilità non
ha ragione sufficiente e il quale infine almeno io non vedo come sia
identificabile da un lato con un mera giustapposizione di intuiti in divenire o
con un momento di questa, dall'altro con un intelligibile, immediatamente
inautocosciente e immanente in altro e mediatamente autocosciente e in sé, la
cui intelligibilità sia per rapporti quantitativi funzionali, è tuttavia opportuno
chiedersi quale genesi di diritto la scienza assegni alla nozione di corpo o al
giudizio categorico definitorio che con essa coincide; a parte il fatto che il
presupposto assiomatico dell'univocità di un'intelligibilità che è immanente
con inautocoscienza nell'intuito e che è solo per quantitativi esautora le
dialettiche autocoscienti dall'inferire direttamente dall'intuito stesso, per
quei qualsivogliano spostamenti d'attenzione che son veri e validi formalmente
e materialmente per sfociare in una dialettica formalmente e materialmente vera
e valida che sia tra l'intuito e la sua intelligibilità fattasi autocosciente,
l'intelligibile corpo ossia un giudizio categorico definitorio che stabilisca
la necessità dell'unificazione di questi e non di quegli intuiti, perché,
essendo siffatta unificazione fra qualitativi che in tale nesso non sono da
riguardarsi nella loro quantificazione e nella quantità intelligibile che in
essi immane inautocosciente ed essendo essa stessa in sé un qualitativo
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