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da eterogeneo dei primi in
quanto in sé all'inautocoscienza e mescolanza con eterogeneo dei primi stessi
in quanto nell'intuito fenomenico, e neppure negano che le prime dialettiche e
quest'ultima dialettica intuita e autocosciente siano a loro volta predicate
con certi attributi che le rendono privilegiate rispetto a tutte le altre, non
essendo affatto disposti ad accettare le conseguenze di quel che Kant vuol far
loro dire, che cioè la riproduzione nella ragione di ciò che unicamente è
ontico, con o senza autocoscienza, nell'unica cosa in sé dell'intuito
fenomenico dovrebbe svuotare la ragione di qualunque contenuto e privare di
intuizione autocosciente qualsiasi rapporto fra contenuto di ragione e fenomeno
o dovrebbe riempire la ragione di contenuti la cui dialettica, intuita ed
autocosciente, disimmetrica col fenomenico dovrebbe immediatamente risultare
falsa; d'altra parte, non è neppure esatto fondare la differenza fra le
descrizioni dell'ontico autocosciente di tipo razionalista, o innatista o
induttivista, e la descrizione che ne dà un empirismo, sulla verità e validità
formale e materiale che le prime affermano della dialettica di simmetria fra
intelligibile e fenomenico, e sulla limitata funzione di pretesa che questa
dialettica avanzerebbe sulla propria verità e validità, perché, a parte che
siffatto termine di pretesa si dovrebbe interpretare come l'autocoscienza della
materia di suoi modi che l'hanno altra da quella in cui è intuita, lo stesso
termine porta a un'istanza scettica che l'empirismo dovrebbe avanzare di
diritto e di fatto, ma che di fatto non avanza; la differenza fra le due
descrizioni sta piuttosto nella diversità dei modi delle dialettiche che sono
anteposte, con una natura che è necessariamente problematica e in acronia o
diacronia, come ragioni sufficienti alla dialettica di simmetria fra
intelligibile e fenomenico: la descrizione razionalista introduce gli
autocoscienti ontici di una dialettica da un pensiero di condizione divina a un
pensiero di condizione umana e di una dialettica dal primo alla natura come
ontico cui è lecito essere con autocoscienza nel qual caso è fenomeno, fa di
tali autocoscienti la ragione degli ontici autocoscienti sia di molte
dialettiche che nella sfera dell'intelligibile del pensiero di condizione umana
si danno fra un intelligibile innato e gli intelligibili che ne sono inferiti o
fra questo e quello degli intelligibili inferiti, sia dell'immanenza
inautocosciente di tali dialettiche nel fenomenico autocosciente sia della loro
mescolanza entro questo con qualcosa di inintelligibile, di qualsivoglia natura
e genesi questo sia, e infine fa di queste ultime dialettiche la ragione di
simmetria fra le dialettiche fra intelligibili e le dialettiche fra fenomenici
di forma e materia equivalente, oppure muove da ontici autocoscienti di una
dialettica da un pensiero di condizione divina a un pensiero di condizione
umana e di una dialettica da quello alla natura cui è lecito essere un ontico
fenomenico quando si dà con autocoscienza per fare della prima la ragione
sufficiente di una dialettica, che è autocosciente e che è costituita da una
certa struttura e da una liceità di operazioni del pensiero di condizione umana
le quali ne costituiscono l'intelligenza e della seconda la ragione sufficiente
di una dialettica, pure autocosciente e costituita dall'immanenza
inautocosciente e dalla mescolanza
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con eterogenei inintelligibili degli intelligibili entro il
fenomenico autocosciente, muovendo infine da questi due ontici autocosciente
mediatori come da ragioni sufficienti di quegli ontici autocoscienti che sono
le dialettiche fra l'intelligenza di condizione umana e l'intelligibilità
inautocosciente del fenomenico, dialettiche che a lor volta si fan ragione
sufficiente della dialettica, pure ontico autocosciente, di simmetria fra le
dialettiche fra intelligibili dell'intelligenza umana o le dialettiche tra
fenomenici di equivalenti forma e materia; essendo la serie degli ontici autocoscienti,
che son ragione della dialettica di simmetria, dei problematici, ogni
razionalismo è tenuto a porre uno o più altri ontici autocoscienti che sian
dialettiche a funzione di ragion sufficiente del diritto di equazionare
siffatti problematici con ontici necessari, ossia di farne degli ontici che le
dialettiche accolgono come tali non solo di fatto, ma anche di diritto; anche
l'empirismo procede allo stesso modo: poiché non rifiuta ad alcune dialettiche
di condizione umana di esser predicate in sé e nelle loro biffe cogli attributi
dell'intelligibilità e non misconosce l'esistenza di quella dialettica di
simmetria fra queste dialettiche e quelle fra il fenomenico, antepone a
quest'ultima una serie di ontici autocoscienti che son dialettiche a funzione
di ragione ciascuna della acronicamente e diacronicamente successiva:la serie
di Hume è dagli ontici autocoscienti di una dialettica di una liceità di
dialettizzare ontici fenomenici nell'associazione temporale o diacronica con la
dialettizzazione in siffatto nesso diacronico di ontici fenomenici e di una
dialettica di una liceità di ripetere la stessa associazione tra fenomenici già
dialettizzati da essa con la ripetizione di questo nesso diacronico tra
fenomenici già posti nello stesso nesso, agli ontici autocoscienti di una
dialettica di quella liceità che egli chiama abitudine con un'abitudine in
quanto attuata, ossia come ontico ad autocoscienza ontica o almeno problematica
e di una dialettica di quella liceità che egli chiama credenza con la credenza in
quanto attuata ossia come ontico di siffatta autocoscienza, e da questi
autocoscienti agli ontici autocoscienti delle dialettiche che si danno fra gli
ontici fenomenici in quanto affetti dalle tre liceità e che in tale affezione
sono intelligibili e della dialettica di simmetria fra queste ultime
dialettiche e quelle dialettiche tra fenomeni che sono meramente associative: è
priamente apparente che da siffatta serie scompaia del tutto l'intelligibilità
perché, se anche gli associati dialettizzati dopo la loro affezione
dall'abitudine e dalla credenza non godono del diritto di essere predicati in
sé nella loro materia e nella forma con gli attributi della universalità e
della necessità che sian denotanti della loro comprensione in sé in quanto
avulsa da ogni dialettica, è altrettanto vero che le biffe delle dialettiche
che son conseguenza dell'abitudine e della credenza son di diritto predicabili
con una necessità e con una universalità che non è dalla loro comprensione
isolata ed assoluta, ma dalla loro comprensione in quanto dialettizzata con
altre e con certe liceità operative, ma che ciononostante son destinate a
restare tali finché restano queste ultime dialettiche che son loro principio,
sicché sarebbe consentito dire che la necessità
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e l'universalità di Hume
sono degli ontici autocoscienti che in siffatti attributi godono di tutto ciò
che da essi consegue, ma non della primarietà e assoluta incondizionatezza del
loro essere, che essendo secondario e condizionato dipende dai fattori di
costanza e immutabilità che definendo il loro principio condizionante le
conserva nell'ontico autocosciente assieme ai loro effetti, o dai fattori di
transitività e di variabilità che, definendo il loro principio condizionante,
priva esse, gli ontici autocoscienti di cui son denotante e i loro effetti di
ontità autocosciente; che se si obietta che siffatta denotazione
dell'universalità e necessità priva l'intelligibilità dei suoi attributi e che
quindi Hume non ha mai ammesso una razionalità che sia sfera di dialettiche di
intelligibili, si risponde che, a parte il fatto che questa negazione avrebbe
esentato Hume dall'obbligo del lungo discorso intorno all'abitudine e alla
credenza, la classe delle dialettiche che egli fa assumendo a ragione l'associazione
di causa e di effetto, è una serie di spostamenti d'attenzione in cui la prima
e la seconda biffa son l'un l'altra correlate secondo un nesso tale che la
concentrazione d'attenzione su una delle due è ontico autocosciente che si fa
antecedente necessario sia della concentrazione d'attenzione sull'altra sia
dell'apodittico gioco d'andata e ritorno cui l'attenzione è costretta da tale
doppia concentrazione sia dell'autocoscienza della necessità di quella seconda
concentrazione e di questo gioco, indipendentemente da qualunque rapporto in
cui la coppia delle biffe siffattamente correlate entra o con qualsivoglia
altra dialettica di una sfera dialettica di condizione umana o con qualsivoglia
sfera di dialettiche di condizione umana, col che, anche se non si riassume
inalterata l'antica denotazione dell'intelligibilità, s'instaura una
distinzione fra le dialettiche del fenomenico e le altre dialettiche della
credenza, per la quale queste ultime non sono né un fenomenico né del
fenomenico e, quindi essendo eterogenee da esso, sono da prendersi per
intelligibili, se per intelligibilità s'intende in generale qualcosa che sia
almeno eterogeneo dal fenomenico; la serie di Stuart Mill è la semplificazione
di quella di Hume e insieme la sua liberazione da quei medi che finivano per
alterare in parte la fisionomia del razionale: Stuart Mill parte da ontici
autocoscienti che sono dialettiche fra fenomenici in nesso associazionale
diacronico e insieme una coscienza cui andrebbe riferita l'autocoscienza sia di
queste che delle altre dialettiche che di tutti gli ontici che si danno
autocoscienti, trapassa da quelli agli ontici autocoscienti che sono serie di
dialettiche del tipo suddetto ma ripetute in identità o analogia l'una con
l'altra e ne fa le ragioni sufficienti da un lato di un ontico autocosciente
che è una dialettica il cui rapporto ripete quello di una delle serie di
dialettiche analogiche o identiche ma interrelante due biffe che sono ciascuna
la generalizzazione di quanto di analogo o identico si dà in ciascuna delle due
serie di biffe fenomeniche, dall'altro di un ontico autocosciente che è la
dialettica avente a biffe le generalizzazioni di ciò che di identico o di
analogo si dà nelle biffe di tutte le serie di dialettiche fra fenomeni e a
rapporto formale la generalizzazione di ciò che di identico si dà nei rapporti
formali delle stesse serie,
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