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due
metodiche fosse assoluta e onnicomprensiva, dovrebbe verificarsi una univocità
totale di tutte le dottrine che fanno di sé altrettanti corpi articolantesi
attorno a una delle due metodiche come attorno a scheletro, e non dovrebbe
darsi la liceità per nessuna dottrina di assumere come corpo o come membra del
proprio corpo o il corpo o alcuni organi di dottrine che hanno lo scheletro
opposto al suo; ma dogmatismo assoluto, esclusione dell’opposizione bene e
male, determinazione totale dell’uomo da parte del principio,
ingiustificabilità dell’errore, essenzialità ontica di tutto il naturale
pensato come rappresentazione o come teoria delle rappresentazioni,
annullamento dell’individuo al cospetto del tutto, invalidazione
dell’individuale nelle relazioni coll’individuale, onticità, in una parola, di
tutto il fenomenico, sono organi e corpo di dottrine che hanno
indifferentemente a loro struttura interna
o l’una o l’altra delle due metodiche formali, mentre dottrine che
s’organizzano o intorno al primato dell’uomo nella natura o intorno al primato
assegnato al naturale ad altro da ciò che pare essenziale all’uomo, finiscono
per identificarsi nel contrapporre l’ontico al fenomenico, per accettare
l’errore come un escluso e non come un comunque reale, per opporre al di là di
ogni coincidenza il male al bene, per negare alla mente umana l’attributo
dogmatico di una qualsivoglia delle sue nozioni, o rappresentative o
interpretative di rappresentazioni. Ma quando dati due concetti, A e B, e
dichiaratili al contempo principi e contraddittori, essi si presentano tali che
le loro determinazioni, che sono poi conseguenze, a1, a2,
a3,...an, b1, b2, b3,...
bn, sono in modo che solo contingentemente possono essere denotate
ciascuna dal loro principio e insieme indifferentemente possono ritrovarsi come
connotanti sia insieme alle loro cogeneri sia mescolate ad alcune o a tutte le
eterogenee, si deve concludere o che i due concetti non sono contraddittori o
che i due concetti non sono principi se non relativamente; ma le due metodiche,
che sono state dichiarate principi e insieme opposti, rendono lecita
l’illazione di determinazioni o note opposte che indifferentemente possono
connotare e quindi dedursi o dall’una o dall’altra metodica; quindi o le due
metodiche
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non sono
contraddittorie o le due metodiche, nella loro contraddittorietà, non sono
principi e sono determinazioni diverse di un medesimo principio altro ed
eterogeneo, sotto un certo punto di vista, da esse; ma le due metodiche sono
contraddittorie; non resta se non che esse non possano essere principio e che
esse stesse e le loro determinazioni che le possono connotare divengano
intelligibili se si risale a un principio nuovo, le cui possibili
contraddittorietà spiegheranno il contraddittorio, l’opposizione, che pervade
le determinazioni delle metodiche stesse. D’altra parte, il risalire a un
principio che stia al di sopra di ciascuno dei due metodi comporta da un lato
l’aggiungere un nuovo concetto ai precedenti coi quali si persisteva a voler
determinare nella sua struttura e a voler risolvere il problema - essendo i
concetti accettati la nozione in principio la nozione di uno dei fenomeni come
primo nel fenomenico ((del metodo di)) la nozione di illazione dal principio
((del metodo di)) connotazione del primo nel fenomenico e di tutti i
fenomenici, essendo il concetto sovraggiunto la nozione del principio del
metodo -, dall’altro il ritrovare un’omogeneità di genere entro l’opposizione
dei due metodi:questo suona che l’eterogeneità od opposizione dei metodi
toccherà tutti i momenti o punti di vista che si vogliano, ad eccezione del
fondamento dei metodi stessi che è la loro generalità o essenzialità. E’ certo
che ora il discorso è divenuto di molto più complesso, e il numero delle
relazioni tra i concetti con cui esso deve fare i conti notevolmente elevato al
punto da destare in me preoccupazione grave di riuscire a far chiaro e nel mio
pensiero e nel pensiero di altri. La chiarezza si fa con l’elencare i concetti:
nozione della necessaria mediazione del principio, nozione del principio
stesso, nozione dei fenomeni, nozione dell’ordine dei fenomeni nel processo
deduttivo dal principio - nozione che è l’equivalente di quella del primato che
il momento umano o il momento non umano hanno in tale ordine -, nozione che la
connotazione del primo nell’essere è funzione della connotazione del primo nel
fenomeno, nozione dell’eterogeneità dei due primati, nozione dell’eterogeneità
delle due funzioni, nozione delle ragioni sufficienti della funzione,
dell’eterogeneità dei primati, dell’eterogeneità delle connotazioni dei due
primi nell’essere e nel fenomeno,
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e, infine,
fondamentale, nozione della conoscibilità del primo nell’essere in funzione del
fenomenico in generale; questa nozione già abbiam detto essere di diritto, in
nome di ragioni sufficienti che la rendono intelligibile; questa nozione dovrà
dimostrarsi essere principio dei due metodi, non già in quel che di eterogeneo
sono e hanno l’uno dall’altro, ma in quel che di omogeneo hanno; che se la
dimostrazione sarà possibile e sarà data, verrà offerta la ragione non solo del
limite della loro eterogeneità, ma anche di una loro duplice derivazione; dalle
ragioni della loro eterogeneità da un lato, dalle ragioni della loro
applicazione dall’altro; sicché le due metodiche, quella del primato dell’umano
sopra il non-umano nel fenomenico, e quella del primato contrario, sarò
dimostrato non essere prime né nell’ordine logico-formale né nell’ordine
funzionale, non essere prime nell’ordine logico-formale perché a loro principio
debbono elevare le ragioni sufficienti della loro eterogeneità e del loro
diritto di essere ciascuno nella sua sfera eterogenea dall’altra, non essere
prime nell’ordine funzionale perché,
essendo principi di interpretazione di
tutte le cose e quindi strumenti di un divenire che è arricchimento del
capitale del noto ed è attività del pensiero, dipendono da una modalità
generica di interpretazione del noto in funzione del principio, o piuttosto
dell’enunciato metafisico primo che è connotazione o conoscenza del principio,
modalità che nulla ha che fare con l’eterogeneità delle due modalità. Si deve
dunque dimostrare che due sono i principi di ciascuna metodica, la ragion
sufficiente del suo essere la quale rende il metodo eterogeneo dall’altro
possibile, la ragion sufficiente del suo usufrutto la quale rende il metodo
omogeneo all’altro possibile: duplice, allora, potrebbe e dovrebbe essere il
mio discorso, ponendosi questo come raziocinio della prima e come raziocinio
della seconda ragion sufficiente; e qui si rivela l’utilità di questa mia
analisi: lo sdoppiamento dei principi dei due metodi non consente soltanto di
risolvere la questione se il principio formale della metafisica pura debba
essere o il rapporto tra il principio ontico e il fenomenico in genere o il
rapporto tra il principio ontico e una certa sfera fenomenica, così come vogliono
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gli
idealisti sedicenti umanisti, ma rivela anche una complicazione o complessità
là dove questi indicavano la più pura delle semplicità, ossia la presenza di
una dualità di ragioni sufficienti, ragion sufficiente di questo o di quello
dei due principi formali suddetti, ragion sufficiente per la duplice possibile
scelta tra questa o quella sfera di reale che dovrebbe essere determinazione
funzionale di conoscenza del principio nell’essere; la dualità delle ragioni
non è apparente ma reale, non è riducibile non essendo le due ragioni né
reciproche né inquadrabili in rapporto consequenziario, non è semplificabile
tramite una loro unificazione in un unico e univoco problema perché la
questione della predicabilità del concetto del primo ontico con nozioni del
fenomenico in genere è altra assolutamente dalla questione della predicabilità
del concetto del primo ontico con nozioni di questa o di quella delle due sfere
in cui il fenomenico dovrebbe spaccarsi. Ma la medesima analisi è utile anche
perché sdoppiando quel che si voleva semplice permette di affrontare quel
problema di una contraddittorietà del fenomenico che dovrebbe essere ragione
funzionale della contraddittorietà della connotazione del principio ontico e
dei metodi di connotazione di questo, che è il punto di partenza di certe
metafisiche: si tratterrebbe di vedere il reale fondamento e quindi il reale
essere di siffatta contraddizione, con un discorso che non potrebbe ricondursi
al principio ontico e alla conoscenza di questo, perché il problema che a
questo si connette per primo non è quello della contraddittorietà dei metodi
bensì quello della sua predicabilità con nozione fenomeniche in genere,
bensì dovrebbe rricondursi al
fenomenico stesso da cui ha preso le mosse. Poiché questa mia analisi non
riguarda la domanda della validità del contraddittorio che dovrebbe affettare
una predicazione del principio ontico in funzione di una contraddittorietà
insuperabile del fenomenico, ma riguarda solo la contraddittorietà affettante
la connotazione del concetto di primo ontico in funzione di una
contraddittorietà del rapporto tra fenomeno e principio metafisico, e il
primato che
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