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quando il salto d'attenzione
è dall'intelligibile al fenomenico il primo è apoditticamente ragione della
forma dell'altro e funge da garante apodittico della necessità di esso, con le
conseguenze che tutti i modi del primo trapassano apoditticamente nel secondo,
che l'autocoscienza del fenomenico, parziale o totale che sia, non condiziona
l'autocoscienza che si fa totale della sua intelligibilità in seguito alla
dialettica da cui è stato posto in simmetria con l'intelligibile, e che, se le
dialettiche del fenomenico, una volta fattesi autocoscienti di per sé, non
coincidono con quelle che sono dell'intelligibile simmetrico e che dovrebbero
essere immanenti con inautocoscienza nei loro attributi di intelligibilità
entro il fenomenico stesso, la ragione di tale dissimmetria è o nella forma
della dialettica di simmetria la quale non gode di verità e validità materiali
come quella che, in forza di una qualsivoglia serie di ragioni che sono
altrettante dialettiche acronicamente o diacronicamente antecedenti, ha
rapportato necessariamente due ontici autocoscienti che sono dialettiche a
nesso relazionale eterogeneo, o è nella serie delle dialettiche diacronicamente
antecedenti che sono ragione della verità e validità materiali e formali
dell'intelligibile e una delle quali, o che la serie sia induttiva o che sia
deduttiva, non ha il diritto di essere ragione sufficiente legittima della successiva,
ma mai è in una variazione dell'intelligibilità che giace inautocosciente entro
il fenomenico; se il salto d'attenzione è dal fenomenico all'intelligibile, il
primo non ha mai la funzione di ragion sufficiente della forma e dell'ontità
autocosciente dell'altro, se non nel caso in cui, ammessa la genesi induttiva
dell'intelligibile, l'intelligibile o sia con autocoscienza relativamente però
ad alcune sue denotanti e non a tutte o sia con inautocoscienza nei quali due
casi la dialettica di simmetria è comunque inautocosciente e non è un ontico,
ma gode solo della funzione o di garante della verità e validità formali e
materiali della dialettica di simmetria, ma non dell'intelligibile, o di
postulante la traduzione, entro di sé, di tutte le forme e la materia
dell'intelligibile simmetrico, una volta però che la dialettica di simmetria
goda di tutte le verità e validità che ne fanno un intelligibile, con la
conseguenza che il fenomenico, che sia principio di spostamento d'attenzione in
una dialettica di simmetria con un intelligibile, non ha nessuna liceità di
modificare l'intelligibile in sé e ha solo la liceità o di farsi principio di una serie di dialettiche
che concludono nel sostituirlo con un altro o di patire da esso tutta una serie
di modificazioni formali di sé in quanto ontico autocosciente; la dialettica di
simmetria, se legittima, ossia vera e valida formalmente e materialmente, per
un razionalista è legittima per uno spostamento d'attenzione che dalla verità e
validità formale della dialettica intelligibile inferisca la materia e la forma
della dialettica fenomenica e dalla materia e dalla forma di questa non
inferisca nulla, all'infuori di una superflua dialettica fra questa direzione
dello spostamento d'attenzione e la dialettica di simmetria che è da ragione di
legittimità a legittimità e che esclude da siffatto rapporto sia la denotazione
della dialetica intelligibile sia quella della dialettica fenomenica; anche per
un empirista lo spostamento d'attenzione della dialettica di simmetria è bidirezionale
e nelle due direzioni,
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secondo cui l'attenzione
salta, dona alle due biffe una certa funzione l'una sull'altra, ma i due
movimenti con le rispettive funzioni non godono né di necessità né di una
denotazione identica a quella di un razionalista: quando la direzione dello
spostamento è dall'intelligibile al fenomenico, la funzione di ragione che
quello ha rispetto a questo e la garanzia che la necessità del primo dà della
necessità del secondo non sono mai apodittiche, con le conseguenze che il
trasferimento della forma e della materia della dialettica intelligibile al
fenomenico è lecita, ma sempre problematicamente e mai apoditticamente, come
pure lecita, ma di liceità problematica e non apodittica, è l'equivalenza
biunivoca della forma e della materia delle due dialettiche dialettizzate in
simmetria, che il completamento delle dialettiche del fenomenico, che si diano
solo parzialmente all'autocoscienza prima della simmetria, pel medio di una
estensione al fenomenico di tutto ciò che di materia e di forma è
nell'intelligibile, e con ciò pel medio della nuova funzione equazionatrice
delle due dialettiche acquisita dalla dialettica di simmetria è lecita, ma di
una liceità anch'essa problematica e non apodittica, infine che l'inequazione
delle dialettiche del fenomenico con le intelligibili simmetriche ha a sua
ragione, oltre ai fenomeni dialettici che un razionalista ritrova con questa
funzione, anche quello che un razionalista nega recisamente, ossia una
variazione delle dialettiche fenomeniche stesse le quali non solo si danno
autocoscientemente altre da quelle dell'intelligibile simmetrico, non solo si
danno autocoscientemente altre da quelle di uno degli intelligibili altri da
quello simmetrico, ma si danno autocoscientemente altre da quelle di
qualsivoglia intelligibile dialettizzato o dialettizzabile, come quelle che mai
prima sono state con autocoscienza o hanno avuto la liceità di darsi con
autocoscienza, in forza della novità assoluta dei rapporti che sono immanenti
inautocoscientemente nel fenomenico e di cui le dialettiche autocoscienti
variate sono il segno; se lo spostamento d'attenzione muove dal fenomenico
all'intelligibile, le funzioni del primo di postulante dall'altro la forma e la
materia delle proprie dialettiche e l'intelligibilità loro e di garante della
validità e verità materiali e formali della dialettica di simmetria, si fanno
secondarie e meramente derivate, la prima come quella che è meramente lecita,
di una liceità problematica e non apodittica, la seconda come quella che è
indiretta e condizionata da qualcosa d'altro dalla simmetria dei due, e diventa
invece fondamentale e apodittica la sua funzione di garante della legittimità
di tutte le denotanti dell'intelligibile, donde la mediatezza e il condizionamento
dell'altra garanzia, con la conseguenza che in ogni dialettica di simmetria il
fenomenico è sempre la biffa prima di una direzione dell'attenzione che
necessariamente deve muovere anzitutto da esso per inferirne la legittimità
dell'intelligibile nella sua forma e materia, che nella stessa dialettica il
movimento di tale direzione è l'unica ragione apodittica dello spostamento
d'attenzione in generale dall'intelligibile al fenomenico e delle sue due
direzioni, e quindi anche di quella dall'intelligibile al fenomenico, che tale
movimento in siffatta dialettica non, solo costituisce la riconferma della
validità dell’intelligibile e della sua dialettica
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di simmetria quale è
accettata anche da un razionalismo induttivistico, ma si pone sempre, come
nella prima volta in cui si è data la dialettica dal fenomenico
all'intelligibile fuori da ogni dialettica di simmetria, come l'unica ragione
valida dell'autocoscienza dell'intelligibile e quindi della sua apodittica simmetria
col fenomenico, a tal punto che, invariate restando tutte le concomitanti
autocoscienti che si davano con la e nella dialettica intelligibile e
fenomenica equazionate in simmetria, l'assenza di quella dialettica fenomenica
dall'autocoscienza o una sua variazione sono ragioni sufficienti per privare di
legittimità la simmetrica dialettica intelligibile o per provocarne la sua
sostituzione con un'altra; l'empirismo, allora, attribuisce alla dialettica
simmetrica fra intelligibile e fenomenico la funzione non di ragione della
autocoscienza e intelligibilità delle dialettiche nel fenomenico, ma di
principio della permanenza di certe dialettiche intelligibili, ossia del
diritto di esse a darsi autocoscienti e legittime in tutte le loro denotanti
formali e materiali, identifica tale dialettica con la conseguenza di una
antecedente, o acronica o diacronica, serie di dialettiche generatrici di
intelligibilità ma con il principio di una successiva, acronica o diacronica,
serie di dialettiche intelligibili che ripete una delle serie già datesi
autocoscienza ((ti)) e pel medio della ripetizione la riconferma, interpreta
tale dialettica non con l'ontico spostamento d'attenzione di natura deduttiva
dalla legittimità dell'intelligibilità di quelle intelligibili e della loro
simmetria con le fenomeniche alla costanza delle dialettiche fenomeniche, ma
con l'ontico spostamento d'attenzione di natura induttiva dalla costanza delle
dialettiche fenomeniche alla legittima intelligibilità dell'intelligibile e
della sua simmetria col fenomenico; in tutto ciò l'empirismo ritiene di aver
enucleato la teoria delle cose che è di una scienza induttivo-sperimentale,
immettendo nella sua teoria quanto di legittimamente accettabile si dà
nell'altra, e per questo ha espunto l'ontico autocosciente dell'immanenza con
inautocoscienza di intelligibili entro il fenomenico, e quindi ha sostituito ad
esso quegli ontici autocoscienti che sian principio di una intelligibilità del
fenomenico senza il ricorso a una sua immanenza in autocosciente ((za??)),
destinata a restar priva d'argomento, ma non s'è reso conto che in siffatto
modo ha totalmente alterato la materia e la forma del rapporto di simmetria
intelligibile-fenomenico che per la scienza conserva tutti i caratteri di
quello razionalistico, dovendosi inferire la liceità di una dissimmetria del
fenomenico dall'intelligibile posto a suo simmetrico, la liceità di una
variazione degli intelligibili stessi, l'apoditticità della funzione del
fenomenico di garante immediato e diretto del rapporto di simmetria e di qui
mediato e indiretto della legittimità dell'intelligibile simmetrico, a ragioni
altre da quelle di una liceità di variazioni all'infinito che alle dialettiche
fenomeniche viene dalla loro correlazione con un ontico inintelligibile e immane
inautocosciente nel fenomenico, dovendosi invece per un empirismo inferire le
stesse liceità e quella funzione da una totale intelligibilità del fenomenico
equivalente a una variazione all'infinito delle sue dialettiche, donde segue I)
che il razionalismo induttivistico pone la liceità di una variazione,
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