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Prot. 252 - 301 F2
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tuttavia, quando ci portiamo
nella teoria che è degli empiristi e anche di Kant, per quel tanto di empirismo
che accetta, viene da chiedersi se quella distinzione, che essi in un modo o in
un altro inseriscono nelle dialettiche umane, coincida con la scissione delle
due sfere operata da un Aristotele o da un Cartesio: non si ha il diritto, per
quanto è stato detto sopra, di escludere una eterogeneità di una dialettica
intelligibile da una dialettica fenomenica, ma si ha il diritto di controllare
se i presupposti degli empiristi e di Kant consentano di connotare la prima con
denotanti materiali e formali del tutto eterogenee da quelle della seconda, il
qual controllo è fornito ad esempio, da un Leibniz per il quale questa
dialettica intelligibile coincidente nella rapportazione con la dialettica
fenomenica ad essa sussunta se ne distingue assolutamente sia perché la forma
della prima è inalterabile e immobile e quindi altra da quella della seconda
che entra ed esce dall'ontità dell'autocoscienza in funzione dell'autocoscienza
in divenire del fenomenico, sia perché la materia della prima, coincida oppur
no con rapporti dialettici o con essenze che non son rapporti, non è quella
dell'altra fatta di sensazioni, il che è l'argomento comune a tutti i
razionalisti; ma si riduca la materia dell'ontico autocosciente in generale
alla sensazione e si pretenda che una dialettica intelligibile sia un
autocosciente altro dalla fenomenica ad essa sussunta, l'alterità sembra di
diritto coincidere solo problematicamente con la mediatezza e inferenza della
prima e l'immediatezza e intuitività dell'altra - questa differenza è
apodittica o per una scienza induttivo-sperimentale la quale, accettando gli
assiomi empiristici deve presupporre l'immanenza inautocosciente nel fenomenico
di quei qualsivogliano fattori che son principi di un'intelligibilità del
fenomenico che, del pari immanente in esso con inautocoscienza, attende di
essere, con una o altra dialettica, rilevata e resa autocosciente entro la
dialettica fenomenica, cui è sottesa, o per un empirismo alla Stuart Mill, che
finisce per diventare una logica dell'induzione ad assiomi empiristici appunto perché
entro la dialettica fenomenica distingue l'autocoscienza dell'intuito
dall'immanenza inautocosciente entro di esso di particolari modi il cui rilievo
o ascesa dell'autocoscienza non è mai in simultaneità con l'immediatezza
dell'intuito; ma non se ne vede l'apoditticità in un trascendentalismo di tipo
kantiano per il quale la coincidenza acronica dell'azione dell'apriori con
l'autocoscienza del sensoriale deve distinguere simultaneamente una dialettica
non intelligibile entro il fenomenico da una dialettica intelligibile e insieme
situare nell'autocoscienza il fenomenico in quanto tale dal fenomenico
intelligibilmente dialettizzato; tuttavia si ammetta di fatto e di diritto
siffatta alterità, per ciò che riguarda la materia che è biffa di una qualsivoglia
dialettica intelligibile, se per materia si devono intendere gli ontici
autocoscienti intelligibilmente rapportati, non pare che, accettati gli assiomi
empiristici, si sfugga alla necessità di ritrovare come elementi di siffatta
materia delle sensazioni, dal momento che, se è lecito porre alcune delle
dialettiche intelligibili come rapporti tra biffe che sono a loro volta
ciascuna dei rapporti intelligibili, diventa necessario a un certo momento,
operando la riduzione della biffa a quanto di materia irrelata vi si dà,
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, far coincidere questo
irrelato con del sensoriale, tanto più se si ha la pretesa che una dialettica
intelligibile sussuma legittimamente la dialettica fenomenica simmetrica; ma
allora la differenza delle due sfere cessa di essere una separazione di due
complessi ontici affatto eterogenei nella forma e nella materia, e la sfera
dell'intelligibile viene a coincidere con quella del fenomenico nella materia
che per entrambe non solo è sensoriale ma è questo sensoriale rapportato
secondo questa dialettica, e nella forma che per entrambe è non solo un
rapporto ma è questo rapporto entro questi sensoriali; che se ci si chiede
allora in che consista la differenza fra intelligibile e fenomenico o a che si
riduca la distinzione fra due dialettiche fenomeniche l'una delle quali
sussunta di diritto sotto un intelligibile e l'altra esclusa da ogni
sussunzione siffatta, si deve identificare la distinzione con una dialettica
immanente nella dialettica stessa fenomenica sussunta sotto l'intelligibile,
per la quale l'attenzione si sposta dal rapporto di fatto in cui le sensazioni
son date all'autocoscienza allo stesso
rapporto in quanto da predicarsi di diritto con gli attributi dell'intelligibilità
in forza o dell'azione che su di esso esercitano la credenza di Hume o
l'apriori kantiano e che lo riempiono di una tonalità che è altra dalle
dialettiche fenomeniche non intelligibili o delle operazioni che in antecedenza
diacronica sono state compiute con uno dei cinque canoni di Stuart Mill per la
ricerca delle cause: in tal modo il fenomenico stesso o mediatamente o
immediatamente è dato all'autocoscienza con due modalità ontiche distinte,
quella dell'intelligibilità della dialettica che vi immane e quella della
fenomenicità di essa, l'una delle quali è ragione dell'intelligibilità
dell'altra in forza di ciò che immediatamente o mediatamente è ragione della
sua propria intelligibilità e in forza della coincidenza assoluta delle due; si
dirà che questo non è per nulla il modo con cui una scienza a dialettiche che
sono equivalenze funzionali fra quantitativi pone in rapporto la sfera dei suoi
intelligibili con quella dei fenomenici, e che quindi l'interpretazione da me
data dell'empirismo come della dottrina che fissa i principi assiomatici di
essa e ne trae le conseguenze, è contraddetta da questa essenziale opposizione
fra la distinzione che la scienza inserisce fra intelligibile e fenomenico e
l'identità in cui l'empirismo li deve porre; ma la scienza a siffatte
dialettiche, se riesce a fondare la separazione tra i due grazie alla modalità
ontica che essa assegna alla materia che è o biffa delle equivalenze funzionali
intelligibili o biffa dei rapporti che son biffe di queste equivalenze, e che è
costituita dall'indeterminazione qualitativa in cui è lasciato il quantitativo
e dalla sua variabilità che è indefinita e pur sempre valida se rispetta i
rapporti funzionali, e grazie alla quantificazione dei sensoriali, la quale, se
è tale da porre i modi qualitativi dei quantificati entro un gruppo fenomenico
nello stesso rapporto funzionale in cui si trovano i quantificati variabili
nella equivalenza intelligibile, e quindi da far coincidere i quantitativi
secondo quei modi qualitativi e in quel rapporto con una delle indefinite
strutture variabili determinate che l'equivalenza intelligibile ha la liceità
di assumere,
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rende legittima la
sussunzione del gruppo fenomenico dialettizzato secondo quel rapporto sotto
l'intelligibile, fonda l'intelligibilità del rapporto entro il fenomenico e
insieme argomenta una volta di più la verità e validità formali e materiali
dell'equivalenza, ricorre all'assioma dell'immanenza inautocosciente entro il
fenomenico di un intelligibile quantitativo, che l'empirismo radicale non
riesce in alcun modo a situare a lato degli altri suoi dal momento che questi
hanno escluso da sé per principio che si diano altri ontici autocoscienti oltre
alle sensazioni e ai loro rapporti, e che neppure quel tanto di empirismo che
Kant conserva accetta in quanto l'unico quantitativo intelligibile lecito per
lui è quello dei rapporti spaziali e temporali che tuttavia non è che una
porzione del quantitativo che una scienza ad intelligibili che sono equivalenze
funzionali tra quantitativi deve ammettere, sicché il primo continua ad essere
quella dottrina che dicevamo della assiomatizzazione totale di tale scienza,
anche se il rilievo, che ne consegue, di certe incongruenze di essa lo porti a
sciogliere le contraddizioni fra gli assiomi, dividendoli in primari e
secondari ed escludendo fra questi quanti contraddicono ai primi, e il secondo
solo in parte legittimi la serie dei presupposti della scienza, una volta
operata un'assiomatizzazione di essa che in fondo ripete quella dell'empirismo;
il che non significa altro che empirismo e kantismo solo per pretesa e in parte
si pongono a teoria della teoria che delle cose implicitamente si dà la scienza
a intelligibili quantitativi; ma quel che qui interessa è la conseguenza che
nell'empirismo e nel kantismo deriva dalla identità formale e materiale di una
dialettica intelligibile con le dialettiche fenomeniche sussunte e dalla
coincidenza delle due sfere intelligibile e fenomenica, e precisamente il fatto
che tutto ciò si dà alla condizione che nella continuità in divenire della
giustapposizione simultanea dei fenomenici, alcuni sensoriali, appunto quelli
dialettizzati intelligibilmente, permangono costantemente invariati o nella
loro totalità o almeno in quel loro aspetto che è assunto ad autocosciente
fondamentale nel momento in cui i sensoriali entrano come biffe di una
dialettica sussunta da una dialettica intelligibile; e poiché la continuità in
divenire del fenomenico non è quella di una totalità ontica autocosciente in
cui i rapporti intelligibili rimangano fissi nella loro forma e nel fenomenico
da essi dialettizzato tanto che il divenire sia da quei fenomenici che non
entrano nei rapporti, non è cioè, tanto per intenderci, l'autocoscienza di una
porzione di natura sempre la stessa, ma è questa e insieme una successione di
totalità ontiche autocoscienti i cui rapporti intelligibili mutano nella forma
e nella materia dialettizzata, poiché dunque la continuità diacronica del
fenomenico coincide anche con la successione di giustapposizioni ciascuna delle
quali coincide solo in parte con quanto di intelligibile si dà nell'antecedente
e nella successiva, il fatto che in questa giustapposizione si dia questo
rapporto intelligibile identico a uno dei rapporti intelligibili immanenti
nella giustapposizione precedente o successiva, unito al fatto che le due
giustapposizioni siano del tutto differenti a tal punto da essere volgarmente
chiamate due porzioni di mondo o di natura differenti,
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