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quello della traduzione di
un intuito dall'empiria all'intelletto, ma anche che per siffatta traduzione la
materia dell'intelligibile torna ad essere quel che è nell'empirismo, cioè un
insieme di ontici autocoscienti sensoriali, e che in forza della permanenza
invariabile dell'intelligibile nella sua interezza gli ontici sensoriali
tradotti debbono conservarsi inalterati nella loro materia e in forza della
permanenza invariabile della sussunzione del fenomenico ad intelligibilità
inautocosciente sotto il simmetrico intelligibile autocosciente, o, per dirla
con Kant, in forza della simultaneità dell'attività categoriale, nel fenomenico
o sussunto o unificato simultaneamente deve darsi una identità o somiglianza
delle sue sensazioni con quelle degli altri di identica sussunzione od
unificazione che in certo modo riproducano l'invariabilità dei sensoriali entro
l'intelletto; anche in Kant, dunque, la mera dottrina del rapporto
intelligibile pone direttamente a sua condizione la liceità del sensoriale di
darsi in identità o in somiglianza nonostante il suo divenire e la necessità
dell'intelligibile di darsi a materia del sensoriale, essendo qui la liceità e
la necessità principio e conseguenza l'una dell'altra; d'altra parte, se un
empirismo o una dottrina che ad esso si ricolleghi deve ammettere fra gli
intelligibili il giudizio universale affermativo categorico, un rapporto di
ragione fra le dialettiche intelligibili e le dialettiche fenomeniche, un
sillogismo, fra i suoi presupposti o assiomi deve darsi almeno implicitamente
quello di una equivalenza o per identità o per somiglianza fra sensazioni di
momenti diversi della giustapposizione simultanea di intuiti in divenire: tale
equivalenza condiziona il giudizio categorico, in quanto la esclusione
dall'autocoscienza di un ontico che abbia a materia la sostanza non esclude la
permanenza o costanza di un rapporto di unificazione simultanea come ragione
del giudizio, sicché delle due l'una o è del tutto impossibile l'autocoscienza
di una qualsivoglia equivalenza e quindi omologia dei materiali elementari,
irriducibili a rapporti, unificati, nel qual caso il giudizio categorico,
mutuando la sua intelligibilità dalla necessità solo del rapporto, entrando
solo in una classe che ha a sua ragione l'autocoscienza del rapporto in
assoluto in cui non son date altre classi, la cui ragione sia medio fra il
rapporto e ciascun giudizio, sussumendo di diritto solo un aggregato percettivo
di intuiti fenomenici, quello che gli è simmetrico, è un problematico che non
riflette i dati di fatto delle dialettiche intelligibili, o si voglion
rispettare questi, e allora si devono inserire a medi fra la ragione suprema
del rapporto e i singoli giudizi altre ragioni che son principi di classi entro
la classe e che debbono mutuare la loro materia da una certa omologia degli
unificati elementari: ma questi non sono se non intuiti tradotti
nell'intelligibile per quella qualsivoglia distinzione che separa la sfera
delle dialettiche intelligibili da quella degli intuiti mediati, sicché
l'omologia degli unificati elementari fa tutt'uno con l'omologia degli intuiti,
la quale a sua volta non è lecita senza un'equivalenza della materia stessa
degli intuiti omologhi, ossia senza una loro identificazione o assimilazione in
quanto sensoriale al di là del rapporto che ne consente la traduzione
nell'intelligibile;
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e da questa equivalenza
muove il diritto di ogni giudizio categorico a farsi principio di sussunzione
di una classe di percezione di cui fonda l'intelligibilità inautocosciente;
donde segue che quel rapporto di ragione tra intelligibile e fenomenico ha a
suo principio l'assioma di questa equivalenza fra sensoriali sia in forza di
queste modalità del giudizio categorico sia in forza dei modi di qualsiasi
altra dialettica intelligibile dal momento che per un empirismo e per le
dottrine imparentate l'intelligibilità non solo trova la sua essenza in una
ripetizione di dialettiche identiche fra fenomenici, ma anche in una
molteplicità di queste ripetizioni, molteplicità che, data o nella simultaneità
di una giustapposizione di intuiti o nella successione del suo divenire, è
principio di una classificazione delle dialettiche fenomeniche e insieme di
quelle intelligibili in classi che sono entro la classe che ha a sua ragione il
solo modo generico di quella dialettica; e con ciò si ha l'appello a una
duplice forma di ripetizione che sempre esige identificazione o assimilazione
di sensoriali; resta infine il sillogismo, che Kant rifiuta come operazione
superflua e sovraggiunta data la simultaneità dell'unificazione categoriale
degli intuiti nel fenomenico e dagli stessi intuiti nell'intelligibile, ma che
Stuart Mill a giusta ragione reintroduce nella teoria empirista dal momento
che, se è vero che in essa non trovano diritto di autocoscienza, di legittima
pertinenza a un intelligibile, la pluralità di gradi gerarchici tra
intelligibili ammessa da un razionalismo, è altrettanto vero che almeno quattro
piani di ontici autocoscienti debbono essere ammessi in rapporto tale da
provocare dialettiche intelligibili fra essi la cui unità ripete quella del
sillogismo; se infatti non è lecito escludere entro un giudizio intelligibile
una dialettica fra la sua materia dialettizzata e la ragione che fa dell'unità
provocata dalla dialettica un intelligibile, e se questa unità è di due modi,
quello generico che prescinde dal modo peculiare dei vari intuiti unificati e
che ha a materia il nesso generico della dialettica in sé, quello speciale che
coinvolge il modo o materia peculiare degli intuiti unificati in quanto
definiente quanto di generico si dà nella dialettica in sé, se le due unità
entrano in un rapporto tale per cui l'una si fa ragione della intelligibilità
dell'altra, se lo stesso giudizio, in quanto esplicitamente coincidente con la
dialettica che lo costituisce e in quanto implicitamente coinvolgente le altre
due dialettiche che fondano l'intelligibilità della sua duplice unità, è non
solo simmetrico ma anche sussumente una molteplicità di dialettiche fenomeniche
simultanee o successive, di cui è o pone l'inautocosciente intelligibilità, se
per tutto ciò ogni giudizio intelligibile è membro conclassario sia di altri in
una classe la ragione della cui unità è l'unità generica stessa
dell'intelligibilità in quanto immanente in intuiti equivalenti ed omologhi,
sia di tutti gli altri in una classe la ragione della cui unità è l'unità
generica dell'intelligibile sic et simpliciter, e insieme è ragione dell'unità
della classe delle dialettiche fenomeniche simmetriche che si fanno insieme
conclassarie di tutte le altre che ripetono nel loro nesso il rapporto
dell'unità generica, saranno lecite tante dialettiche sillogistiche quanti sono i rapporti che necessariamente
connettono tre a tre i vari ontici autocoscienti
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ordinati gerarchicamente
dall'unità generica all'unità definita, al giudizio, alla percezione: poiché
tutte le dialettiche sillogistiche mutuano la loro validità e verità formali
dalla verità e validità formali di quella che è spostamento d'attenzione
dall'autocosciente, che è ragione della classe dei giudizi che è nella classe
con a ragione l'unità generica, al giudizio e dal giudizio alla dialettica
fenomenica, e poiché la validità e verità formale di questa è in funzione della
sua verità e validità materiali, costituite dalle condizioni per cui è data
l'attribuzione alla dialettica fenomenica di immediato con intelligibilità
inautocosciente e di principio dell'autocoscienza di questa, tutti i sillogismi
hanno a ragione della propria legittimità quella equivalenza tra sensoriali
omologhi che è tra quelle condizioni; se poi si tien conto di questo che la
scienza e i razionalismi o induttivi o deduttivi non hanno la liceità di
escludere o di prescindere dall'equivalenza delle sensazioni omologhe, la prima
perché ad essa deve rifarsi come alla condizione che se non altro rende lecito
l'esperimento, i secondi perché o che facciano della sensazione l'ontico
autocosciente simmetrico dell'attuazione entro la materia della forma
intelligibile - è indifferente per la conclusione cui qui si vuol giungere che
la forma sia o un ontico inautocosciente a modalità sostanziale come quello che
accoglie delle relazioni e dei relati che non sono relazioni o, come vuole
Russel, un reticolato di rapporti universali e necessari, perché anche in
quest'ultimo caso l'intelligibilità non si dà fuori di un'equivalenza di
sensazioni omologhe -oppure che facciano della giustapposizione delle
sensazioni in divenire con le loro dialettiche o il modo oscuro e confuso di un
ontico autocosciente destinato a correlarsi con il modo chiaro e distinto dello
stesso autocosciente o l'autocoscienza di un modo ontico inautocosciente
simmetrico di un correlato modo ontico autocosciente; si conclude, allora, che
in qualunque teoria che accetti, sotto questa o quella essenza, e giustifichi,
con questa o quella ragione, l'intelligibile, compare con la natura di
presupposto assiomatico e come uno dei principi dell'ontità autocosciente
dell'intelligibile una equivalenza delle sensazioni omologhe, o simultanee o
successive, la quale, o identità o somiglianza che sia, fonda la stessa loro
omologia e quindi una delle definizioni dell'intelligibilità generica, il che,
d'altra parte, trova conferma nella comunicabilità dell'intelligibile la quale
non trova bastevole strumento né nei rapporti spaziali né in quelle temporali
né in quelli dell'intelligibile, ma deve anch'esso far capo a una liceità e
necessità della stessa equivalenza; ritornando al concetto di equivalenza, se
l'osservazione di alcune delle definizioni del contingente, le quali sono
negative come quelle che muovono dall'analisi non del definiendo ma del suo
contraddittorio quasi che il contingente non sia denotante di nessun ontico
autocosciente che sia l'intelligibilità di una serie di molti autocoscienti -
che s'adunano in classe quando la fan propria ragione, ci ha mosso sopra a
definirlo ciò di cui non è data ragion sufficiente, il fatto che anche con
questa definizione si ricada nella negazione che è anche qui analisi del definiendo
con rilievo dell'esclusione apodittica da esso delle denotanti del suo
contraddittorio,
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