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accompagnandosi da un lato
alla nozione della necessità delle dialettiche di condizione umana di procedere
attraverso l'esclusione di denotanti di un altro intelligibile dalla
comprensione del definiendo solo quando questo sia un ontico autocosciente
meramente problematico e di comprensione zero il quale sia pensato come il
contraddittorio assoluto e non relativo dell'intelligibile da cui son tratte le
denotanti, ma di sostituire all'esclusione la predicazione categorica di tutte
le denotanti del definiendo che sia il contraddittorio relativo e non assoluto
di un intelligibile in forza di una sua comprensione autocosciente che è da sé
e non da altro, dall'altro alla considerazione che o implicitamente o
esplicitamente tutte le definizioni del contingente hanno superato
l'insufficienza o inesattezza del negativo mediante il ricorso a una ragione
sufficiente dai cui modi ontici sono inferiti i modi di ciascun contingente in
quanto tale, ci induce ora a indagare queste ragioni sufficienti, che sono o il
pensiero di condizione umana in quanto ontico in sé e non dagli e per gli
autocoscienti o un ontico che è principio di altri ontici e che è altro
dall'intelligibile: in primo luogo, questi ontici sono posti come dei mutevoli,
degli esistenti in modo tale che lo spostamento d'attenzione da questo dei loro
modi materiali con autocoscienza a quello deve coincidere con una dialettica
che li rapporta in costante inequazione, e che siffatto stato di ineguaglianza
fra ciascun loro modo materiale autocosciente e qualsivoglia altro è l'essenza
stessa o connotazione necessaria con cui essi debbon venir dialettizzate; in
secondo luogo, son dei problematici come quelli che si danno all'autocoscienza
nella veste di intelligibili dissimmetrici da un ontico autocosciente intuitivo
e immediato e come quelli che entrano nell'autocoscienza((te)) sotto la duplice
necessità di addurre una ragion sufficiente per ogni ontico autocosciente e di
inferire la materia di quella dalle denotanti costanti e immutate di questo;
per questo noi decidiamo qui di ascoltare le obiezioni lecite contro la nostra
prima definizione, sembrando che ragioni sufficienti siano apoditticamente date
del contingente, o di sostituirgli l'altra che fa del contingente l'ontico
autocosciente di cui è lecita una ragion sufficiente la cui autocoscienza è
necessariamente problematica, la cui ontità è necessariamente distinta dal contingente
e non coincidente con la sua essenza, e la cui modalità è necessariamente la
mutevolezza, che assegna al conseguente, come eguale modalità o essenza
necessaria, se stessa in quanto mutevolezza; in tal modo evitiamo anche di
offendere chi ha visto, come Spinoza, nella contingenza l'impossibilità di
inferire la ragione dell'autocoscienza e delle modalità autocoscienti
dell'ontico autocosciente dall'autocoscienza e dalle modalità stesse, e la
implicita liceità e insieme necessità di inferirle dall'autocoscienza e dalle
modalità di altro ontico autocosciente, e di duplicare gli errori della
definizione che, così com'era sopra, è negativa e sostituisce alla comprensione
del definiendo la dialettica in cui esso si pone o ha la liceità di porsi con
altro autocosciente; il contingente è un ontico autocosciente la cui essenza è
la mutevolezza e che inferisce la necessità della sua essenza da un ontico
autocosciente, sua ragione, che è un problematico altro da esso e traente la
sua essenza di necessaria mutevolezza o da sé o da altro;
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conviene accennare appena
all'impossibilità in cui vengon a trovarsi le dialettiche di condizione umana
di accettare la liceità di tale problematica ragione fuori da un qualsivoglia
dualismo metafisico che spacchi in due l'universo e sciolga recisamente
qualsiasi nesso di dipendenza della ragione del contingente dall'intelligibile
e dalle sue ragioni: se infatti si identifica la ragione sufficiente dei
contingenti con il pensiero di condizione umana in sé, questo è ininferibile,
in quel tanto di mutevole che pur deve avere in sé per trasferirlo a quegli
ontici autocoscienti che esso rende contingenti con l'immissione in essi della
propria mutevolezza a titolo di essenza, da un principio che sia essenzialmente
ed esclusivamente inintelligibile come la natura di Spinoza, e non ha diritto di ontità autocosciente legittima in
un empirismo, sia perché ontici autocoscienti legittimi son per questo solo i
dati intuitivi e i loro vincoli associativi, sia pur ininferibili da essi, sia
perché in un ontico per essenza mutevole è illegittima l'ontità di ontici
permanenti e immutabili quali sono i vincoli associativi il cui peculiare nesso
relazionale è nella sua essenza costante e invariato; e così conviene appena
accennare all'impossibilità delle nostre dialettiche di accogliere come biffe
l'ontico autocosciente della mutevolezza in sé, la quale deve essere dialettica
fra almeno due ontici autocoscienti i quali debbono essere identificati in
qualcosa perché lo spostamento d'attenzione dall'uno all'altro instauri una
dialettica, in un qualcosa che non è lecito sia la mera loro autocoscienza, la
quale, tra l'altro, per almeno uno dei due, quello che dall'inautocoscienza è
entrato nell'autocoscienza o viceversa, almeno in questi due modi della
mutevolezza, è del tutto assente, e simultaneamente debbono essere biffe di una
dialettica il cui rapporto è la loro diseguaglianza totale, con la conseguenza
che un'essenza di assoluta diseguaglianza tra i due dev'essere esclusa se è
necessario che qualcosa di identico, o nella materia o nei rapporti, si dia nei
due al fine che essi vengano dialettizzati sia pure sotto il segno della
disequazione, e che la dialettica di disequazione dev'essere insieme dialettica
di identificazione in qualcosa, riducendosi così la mutevolezza non a un
essenza dei due dialettizzati ma a un loro modo che è dell'impossibilità di
rimanere identici nella loro totalità e nella loro unità e della necessità di
diminuire o aumentare queste di ontici autocoscienti prima rispettivamente
presenti o assenti, sicché la mutevolezza di un contingente, conseguenza o
ragione che sia, è sempre parziale e mai essenziale e totale, e sempre connessa
a una totalità o unità essenzialmente immutabili, e, se pare che questa aporia
si rifranga sulla mutevolezza della parte, di fatto l'aporia vien meno quando
la parte non sia assolutizzata, ma rapportata, almeno per le dialettiche
nostre, alla totalità che permane immutata; ma, a parte questo breve cenno alle
difficoltà della nozione di mutevole, su cui si ritornerà altrove, si ammetta
la definizione del contingente almeno relativamente o a quelle dottrine che,
esclusa una dualità dei principi ontici metafisici, ne fanno una ragion
sufficiente per ridurre l'essenza dell'intelligibile a una liceità di
invariabilità dei modi peculiari di certe dialettiche o spostamenti
d'attenzione e al diritto di entrarvi come biffe che è di certi contingenti
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in quanto già fattisi biffe
di altre dialettiche non intelligibili autocoscienti o in tutto o in parte,
oppure a quelle dottrine che, posta la stessa esclusione e accolti i
presupposti di una intelligibilità per l'invariabilità dei rapporti peculiari
di certe dialettiche autocoscienti e per l'immanenza inautocosciente di queste
stesse dialettiche entro l'autocosciente
fenomeniche, assegnano il diritto di entrare nelle dialettiche
autocoscienti come biffe immediate e inalterate o come biffe mediate e
modificate a quegli ontici autocoscienti fenomenici, che sono contingenti e che
acquisiscono il diritto solo pel medio di ulteriori dialettiche volte ad
accertare mediatamente l'immanenza inautocosciente in essi o nelle dialettiche
fra essi in quanto fenomenici di dialettiche intelligibili e a erigere la loro
verifica a ragione di tale diritto; che
se si ammette questo, si deve anche ammettere che o la contingenza è fondata su
un dualismo di principi ontici metafisici o la contingenza ha a sua ragione un
pensiero di condizione umana come ontico in sé, il che è appunto quanto fanno
gli empirismi, ossia le prime dottrine, o le scienze induttive a intelligibili
quantitativi, ossia le seconde dottrine, identificando entrambi i contingenti
con le sensazioni; ma la condizione che deve verificarsi onde i sensoriali si faccian
biffe di quelle dialettiche che gli empirismi fanno essenza delle dialettiche
intelligibili o piuttosto ragione dell'inserirsi nel loro rapporto dei
sensoriali a legittimo titolo di biffe, o che le scienze fanno presupposto
dell'assunzione dei sensoriali in tale funzione, è l'equivalenza dei sensoriali
per una loro certa identità, che per i primi non sarà apodittica né di fatto né
di diritto, che per le seconde sarà apodittica almeno come liceità; e allora si
deve chiedere se un'identità, sia pure di fatto e priva di apodissi, è lecito
che sia dialettizzata con un principio essenzialmente mutevole, se un'identità,
la cui apodissi è da presupporsi lecita, sia da accettarsi come conseguenza di
un principio pure assolutamente mutevole, se, infine, sia da accettarsi come
immanente in ontici autocoscienti essenzialmente mutevoli; per questo dicevamo
sopra che la contingenza è da escludersi che alberghi come nozione che sia un
ontico autocosciente traente da sé la propria comprensione entro la sfera delle
nostre dialettiche ed è da escludersi che sia un intelligibile predicabile di
autocoscienti come attributo essenziale, dal momento che non solo sono
illegittime una dialettica da una ragione con ad essenza la mutevolezza a un
conseguente che deve essere mutevole ed insieme immutabile o di fatto o di
diritto o di fatto e di diritto, e una dialettica da un ontico che per essenza
è mutevole al fatto o al diritto o al diritto e al fatto di una sua
immutabilità, ma diviene impossibile dialettizzare l'intelligibilità
autocosciente di certe dialettiche che attuano se stesse secondo tale modo se
non di diritto certo di fatto, con dialettiche che in alcun modo sono lecite
senza una identità che è immutabilità essenziale dei contingenti; che se questa
esclusione della contingenza non è congruente con le condizioni in cui si
trovano le dialettiche intelligibili ammesse dalla scienza e con le dialettiche
che questa instaura fra le prime e le dialettiche fenomeniche, ossia con le
dialettiche dell'induzione e dell'esperimento, si tratta di vedere se quanto ho
fin qui detto sulla contingenza e sulla sua impensabilità
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