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se in questa dialettica il pensiero di condizione umana avesse
enucleato dalla classe dei particolari, le sensazioni, quanto di identico, di
necessario, o almeno di simile, si dà in ciascuna, e si fosse limitato ad
aggiungere a questa ragione della classe la ragione sufficiente che ne pone la
necessità e la legittimità nell'autocoscienza sua e dei suoi conclassari, se
cioè si fosse limitato a battere le consuete strade delle dialettiche
definitorie o classificatorie, nessun ostacolo dovrebbe poi sorgere quando a
siffatta dialettica fossero invitati altri pensieri: e invece le menti degli
iniziandi e la nostra stessa recalcitra ad accettare la sussunzione del
sensoriale sotto l'intelligibile del particolare; a ben guardare, la difficoltà
in cui una mente di condizione umana s'imbatte quando vuole o deve instaurare
siffatta dialettica, sta nella definizione stessa del particolare la quale non
è affatto una mera definizione, ma una serie di dialettiche che mira a inserire
coattivamente entro le dialettiche legittime due biffe che altrimenti non vi
entrerebbero: da un lato, infatti, si definiscono il particolare in generale, e
il particolare come essenza degli
ontici autocoscienti, dall'altro si sostituisce alla problematicità della
definizione come comprensione dell'intelligibile e alla problematicità del
definito come ontico autocosciente in cui la comprensione è data in sintesi, se
assunto in sé, o in cui la comprensione è data in sintesi con funzioni di
denotante formale di altri ontici, se assunto come immanente in questi, la sua
apoditticità in quanto conseguente necessario di un ontico autocosciente la cui
essenza necessaria è quella stessa del conseguente; ora, in tutto ciò vi è un
sofisma di petizione di principio: sul fondamento dell'apoditticità di una
dialettica che trasferisca all'essenza di un ontico, inautocosciente rispetto
ad essa o rispetto alla sua necessità o funzione di essenza, l'essenza autocosciente,
in sé e nelle sue funzioni di essenza, di un ontico altro dal primo che ne sia
però principio o ragione o immediata o mediata pel medio di un terzo ontico che
sia conseguenza del secondo e principio-ragione del primo, si inferisce
dall'essenza del pensiero di condizione umana, che è la particolarità,
un'identica essenza dell'ontico autocosciente in generale, il quale è parte
coessenziale di quel tutto che è il pensiero e con ciò ne consegue, e da questa
un'identica essenza del sensoriale e di ciascun sensoriale in quanto ontico
autocosciente, e, poiché nessuna ragione è data della funzione di essenza o
addirittura di un'immanenza della particolarità nel pensiero, dalla pretesa di
un'immanenza della stessa particolarità in ciascun sensoriale si salta a una
sua ontità autocosciente e surrettiziamente si attribuisce all'ontico
autocosciente della particolarità, dedotto dal sensoriale, l'immanenza e la
funzione di essenza entro il pensiero di condizione umana; ma la petizione di
principio blocca automaticamente le dialettiche che con la definizione si
vorrebbero imporre a sé e ad altri, perché da un lato la concentrazione su
quell'ontico autocosciente che è l'intuizione o la riflessione intuitiva sul
complesso degli ontici autocoscienti che chiamiamo pensiero di condizione umana
esclude la sua sussunzione sotto l'intelligibile della particolarità che non
solo è altro dalle denotanti formali comuni a tutti gli ontici,
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e quindi non vi è né
immanente né essenziale, ma, se introdotto, rende contraddittorio e impensabile
lo stesso complesso, come quello a cui si attribuirebbe un modo eterogeneo
assolutamente dai suoi modi o precedenti o successivi e da quelli dei suoi
altri cogeneri, i quali dovrebbero essere tali solo per l'autocoscienza, e da
cui insieme si pretenderebbe quella identità entro i suoi modi e coi suoi
cogeneri che unica consente la definizione, la dialettica, la sussunzione, la
dimostrazione della particolarità di tutto ciò che è particolare, e da ultimo
la comunicazione di tutti questi autocoscienti, dall'altro la concentrazione
sul sensoriale non vi rivela affatto quell'essenza o almeno quell'immanenza
della particolarità che si vorrebbe dimostrare tale attraverso tutto quel che
la definizione pretende di produrre; già questa prima difficoltà rivela
all'insegnante che la strada da lui seguita, quella della deduzione, non è
legittima sia perché il suo principio, ossia il concetto di pensiero di
condizione umana, è o altro dalla definizione o contraddittorio, sia perché il
trasferimento dell'essenza dal principio al conseguente deve darsi attraverso
una dialettica le cui biffe, con la loro intuita comprensione, sono entrambe
autocoscienti in tutte le dialettiche di condizione umana, e che tende a
produrre l'equazione fra ontici autocoscienti, che sono immanenti in entrambe
le biffe e che son posti per ipotesi o come entrambi autocoscienti e quindi
immediatamente equazionabili o come l'uno solo autocosciente, le particolarità
del principio, e l'altro inautocosciente, ma destinato a farsi autocosciente in
seguito alla dialettica, e non ad aspettare l'insorgere di altri fenomenici
autocoscienti, il cui darsi successivo è argomento dell'essenzialità del
trasferito e della validità della dialettica: in altre parole, in ogni pensiero
di condizione umana sono autocoscienti quel qualsivoglia ontico che chiamiamo
pensiero di condizione umana e un buon numero di quegli ontici che chiamiamo
sensazioni, e insieme o sono autocoscienti in entrambe le denotanti della
particolarità, con la conseguenza che la dialettica dall'uno agli altri come da
ragione a conseguenza, rileva la necessità della particolarità dei secondi in
forza della necessità della particolarità del primo e della coessenzailità dei
secondi col primo, o è autocosciente solo la particolarità del primo e insieme
la sua funzione di essenza entro esso, mentre la stessa particolarità è
inautocosciente nei secondi, e in questo caso la dialettica serve a portare
all'autocoscienza quest'ultima senza attendere che si diano altre intuizioni
entro ciascun sensoriale, bastando per tale elevazione all'autocoscienza quanto
di intuito si dà nel sensoriale e la sua sussunzione sotto il suo principio;ma
la dialettica non produce nessuno di questi effetti e d'altra parte non le è
lecito produrli perché, a parte i sofismi della definizione, il rapporto tra
pensiero e sensazione non provoca la necessità della particolarità di questa
come quello che dovrebbe essere stato indotto dalla sensazione e dovrebbe darsi
secondo tale induzione non appena sia fornita l'autocoscienza della deduzione
che ne deriva; il fatto che la deduzione resa autocosciente non genera
l'induzione rivela non tanto l'insufficienza dell'argomento, quanto piuttosto
l'illiceità di un'induzione dal sensoriale di una sua particolarità necessaria,
e insieme depone a sfavore
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