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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 252 - 301 F2
    • 257
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- 350 -


[pag 350 (257 F1 /2)]

 se in questa dialettica il pensiero di condizione umana avesse enucleato dalla classe dei particolari, le sensazioni, quanto di identico, di necessario, o almeno di simile, si in ciascuna, e si fosse limitato ad aggiungere a questa ragione della classe la ragione sufficiente che ne pone la necessità e la legittimità nell'autocoscienza sua e dei suoi conclassari, se cioè si fosse limitato a battere le consuete strade delle dialettiche definitorie o classificatorie, nessun ostacolo dovrebbe poi sorgere quando a siffatta dialettica fossero invitati altri pensieri: e invece le menti degli iniziandi e la nostra stessa recalcitra ad accettare la sussunzione del sensoriale sotto l'intelligibile del particolare; a ben guardare, la difficoltà in cui una mente di condizione umana s'imbatte quando vuole o deve instaurare siffatta dialettica, sta nella definizione stessa del particolare la quale non è affatto una mera definizione, ma una serie di dialettiche che mira a inserire coattivamente entro le dialettiche legittime due biffe che altrimenti non vi entrerebbero: da un lato, infatti, si definiscono il particolare in generale, e il particolare come  essenza degli ontici autocoscienti, dall'altro si sostituisce alla problematicità della definizione come comprensione dell'intelligibile e alla problematicità del definito come ontico autocosciente in cui la comprensione è data in sintesi, se assunto in sé, o in cui la comprensione è data in sintesi con funzioni di denotante formale di altri ontici, se assunto come immanente in questi, la sua apoditticità in quanto conseguente necessario di un ontico autocosciente la cui essenza necessaria è quella stessa del conseguente; ora, in tutto ciò vi è un sofisma di petizione di principio: sul fondamento dell'apoditticità di una dialettica che trasferisca all'essenza di un ontico, inautocosciente rispetto ad essa o rispetto alla sua necessità o funzione di essenza, l'essenza autocosciente, in sé e nelle sue funzioni di essenza, di un ontico altro dal primo che ne sia però principio o ragione o immediata o mediata pel medio di un terzo ontico che sia conseguenza del secondo e principio-ragione del primo, si inferisce dall'essenza del pensiero di condizione umana, che è la particolarità, un'identica essenza dell'ontico autocosciente in generale, il quale è parte coessenziale di quel tutto che è il pensiero e con ciò ne consegue, e da questa un'identica essenza del sensoriale e di ciascun sensoriale in quanto ontico autocosciente, e, poiché nessuna ragione è data della funzione di essenza o addirittura di un'immanenza della particolarità nel pensiero, dalla pretesa di un'immanenza della stessa particolarità in ciascun sensoriale si salta a una sua ontità autocosciente e surrettiziamente si attribuisce all'ontico autocosciente della particolarità, dedotto dal sensoriale, l'immanenza e la funzione di essenza entro il pensiero di condizione umana; ma la petizione di principio blocca automaticamente le dialettiche che con la definizione si vorrebbero imporre a sé e ad altri, perché da un lato la concentrazione su quell'ontico autocosciente che è l'intuizione o la riflessione intuitiva sul complesso degli ontici autocoscienti che chiamiamo pensiero di condizione umana esclude la sua sussunzione sotto l'intelligibile della particolarità che non solo è altro dalle denotanti formali comuni a tutti gli ontici,


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[pag 351 (257 F3 /4)]

e quindi non vi è né immanenteessenziale, ma, se introdotto, rende contraddittorio e impensabile lo stesso complesso, come quello a cui si attribuirebbe un modo eterogeneo assolutamente dai suoi modi o precedenti o successivi e da quelli dei suoi altri cogeneri, i quali dovrebbero essere tali solo per l'autocoscienza, e da cui insieme si pretenderebbe quella identità entro i suoi modi e coi suoi cogeneri che unica consente la definizione, la dialettica, la sussunzione, la dimostrazione della particolarità di tutto ciò che è particolare, e da ultimo la comunicazione di tutti questi autocoscienti, dall'altro la concentrazione sul sensoriale non vi rivela affatto quell'essenza o almeno quell'immanenza della particolarità che si vorrebbe dimostrare tale attraverso tutto quel che la definizione pretende di produrre; già questa prima difficoltà rivela all'insegnante che la strada da lui seguita, quella della deduzione, non è legittima sia perché il suo principio, ossia il concetto di pensiero di condizione umana, è o altro dalla definizione o contraddittorio, sia perché il trasferimento dell'essenza dal principio al conseguente deve darsi attraverso una dialettica le cui biffe, con la loro intuita comprensione, sono entrambe autocoscienti in tutte le dialettiche di condizione umana, e che tende a produrre l'equazione fra ontici autocoscienti, che sono immanenti in entrambe le biffe e che son posti per ipotesi o come entrambi autocoscienti e quindi immediatamente equazionabili o come l'uno solo autocosciente, le particolarità del principio, e l'altro inautocosciente, ma destinato a farsi autocosciente in seguito alla dialettica, e non ad aspettare l'insorgere di altri fenomenici autocoscienti, il cui darsi successivo è argomento dell'essenzialità del trasferito e della validità della dialettica: in altre parole, in ogni pensiero di condizione umana sono autocoscienti quel qualsivoglia ontico che chiamiamo pensiero di condizione umana e un buon numero di quegli ontici che chiamiamo sensazioni, e insieme o sono autocoscienti in entrambe le denotanti della particolarità, con la conseguenza che la dialettica dall'uno agli altri come da ragione a conseguenza, rileva la necessità della particolarità dei secondi in forza della necessità della particolarità del primo e della coessenzailità dei secondi col primo, o è autocosciente solo la particolarità del primo e insieme la sua funzione di essenza entro esso, mentre la stessa particolarità è inautocosciente nei secondi, e in questo caso la dialettica serve a portare all'autocoscienza quest'ultima senza attendere che si diano altre intuizioni entro ciascun sensoriale, bastando per tale elevazione all'autocoscienza quanto di intuito si nel sensoriale e la sua sussunzione sotto il suo principio;ma la dialettica non produce nessuno di questi effetti e d'altra parte non le è lecito produrli perché, a parte i sofismi della definizione, il rapporto tra pensiero e sensazione non provoca la necessità della particolarità di questa come quello che dovrebbe essere stato indotto dalla sensazione e dovrebbe darsi secondo tale induzione non appena sia fornita l'autocoscienza della deduzione che ne deriva; il fatto che la deduzione resa autocosciente non genera l'induzione rivela non tanto l'insufficienza dell'argomento, quanto piuttosto l'illiceità di un'induzione dal sensoriale di una sua particolarità necessaria, e insieme depone a sfavore




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