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di continuo sia nello stesso
istante in quanto nessun pensiero è in grado di rapportare a sé l'ontico in
quanto rapportato agli altri che lo condizionano, secondo un rapporto che sia
identico a quello di un altro pensiero, sia in istanti diversi o perché muta il
modo con cui il pensiero ha posto sé in rapporto con l'ontico o perché sono
mutati gli ontici condizionatori con cui è entrato in rapporto l'ontico, e
infine dalla dipendenza genetica della sensazione dal rapporto e dal variare di
questo inferisce la necessaria particolarità della sensazione che non è se non
il darsi di essa all'autocoscienza con modi che sono altri da quelli in cui si
dà in altre coscienze simultaneamente o nella stessa coscienza in momenti
diversi; il numero delle aporie che colpiscono questo secondo argomento è
indefinito, anche se una sua accettazione senza analisi sembri renderlo meno
indigeribile dell'altro: in primo luogo, i due argomenti non sono né simultanei
né o identici o equivalenti a tal punto da essere adottati come dimostrazioni
tolleranti l'una dell'altra e in accordo l'una con l'altra, perché, caduta
l'apparente distinzione fra un principio che è mera ragione sufficiente di
intelligibilità e un principio che è ragion sufficiente genetica in seguito
alla funzione di ragione genetica che acquista il pensiero pel fatto stesso di
essere ragion sufficiente di intelligibilità e in seguito alla funzione di
ragione sufficiente di intelligibilità acquisita dal rapporto fra pensiero e
ontico pel suo essere ragione-causa, non è lecito a una dialettica conservare i
due intelligibli eterogenei come ragioni dello stesso conseguente; in secondo
luogo, se quel rapporto fra un ontico, il pensiero, e un rapporto, la relazione
fra l'ontico e gli ontici che lo condizionano a biffa del suo rapportarsi al
pensiero, deve esser posto nell'autocoscienza come un intelligibile ossia come
un universale e necessario nella sua essenza di dialettica, il che esige che le
sue variazioni siano poste in dipendenza funzionale dalle variazioni dell'una o
dell'altra biffa, con la conseguenza che, essendo queste concepite come
variazioni quantitative e non qualitative, dal momento che l'invariabilità del
nesso relazionale non tollera altre variazioni in seno all'intelligibilità
dell'intera dialettica se non quelle quantitative, la particolarità della
sensazione cessa di essere un essenziale assoluto, non essendo lecito escludere
che nell'immutato nesso relazionale entrino le variabili quantitative in questa
loro definizione una volta e una soltanto, e che le variazioni quantitative
siano all'infinito, a meno che non si dimostri ulteriormente che a nessun
pensiero sarà mai lecito occupare lo stesso modo relazionale di un altro e che
le variazioni quantitative sono all'infinito; in terzo luogo, si ha il diritto
di chiedersi che cos'è quest'ontico che è biffa di due rapporti, il quale o è
un ontico inautocosciente o comunque escluso dall'autocoscienza di un
qualsivoglia pensiero di condizione umana, nel qual caso, a parte che la sua
ontità contraddice ai presupposti dell'empirismo e della scienza, o esso entra
nell'autocoscienza come un problematico perfettamente simmetrico del
corrispondente sensoriale, e allora non si vede donde si deduca quel suo modo
ontico variabile tradotto dalla sensazione, che pur deve essere coessenziale
alla sua essenza che è immutabile se si vogliono immutabili i rapporti con gli
altri ontici e col pensiero,
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o entra nell'autocoscienza
come un problematico totalmente dissimmetrico dalla sensazione corrispondente,
e allora non si vede la legittimità di attribuirgli quel che è o si pretende
proprio del sensoriale, oppure è un ontico autocosciente, ma allora coincide
con la sensazione la quale diverrebbe allora un particolare tra particolari,
capace ciononostante di entrare in rapporti immutabili con questi e insieme di
essere autocosciente e insieme inautocosciente, dovendosi attribuire
inautocoscienza all'ontico sensoriale che entra nei rapporti con gli altri onde
salire all'autocoscienza, con l'assurdo in più che lo stesso inautocosciente
non entra in nessun rapporto se non è autocosciente; altre aporie si
troverebbero con maggior spazio;sta di fatto che l'argomento è persuasivo solo
perché contraddice ai presupposti di cui dovrebbe essere indiretta dimostrazione,
e in particolare a quelli della unicità delle sensazioni come ontici legittimi,
in quanto esso o si rifa alla dottrina quotidiana o biologica delle cose che
sdoppia il sensoriale in un autocosciente simmetrico e materialmente e
formalmente equivalente al suo simmetrico inautocosciente, o si rifa a un
razionalismo realistico, da cui mutua l'ontità di ontici altri da quelli
d'autocoscienza umana e la permanenza dei loro modi in forza di un'intrinseca
intelligibilità che tra l'altro sarebbe ragione non della sola immutabilità dei
rapporti fra gli ontici, ma anche di quella di loro modi riprodotti dalle
sensazioni; e così ritroviamo anche qui, più celato, più profondo, meno
immediatamente ripudiato quindi, lo stesso sofisma di petizione di principio
aggravato dalla contraddizione dei principi, giacché si muove dalla sensazione
come da ciò entro cui l'immanenza e tanto meno l'immanenza con funzioni di
essenza di un intelligibile della particolarità non è né immediato né
immediatamente inferibile, si sale alla ragion sufficiente della genesi e della
natura intelligibile della sensazione e surrettiziamente si introduce in essa
come immanente con funzioni di essenza una variabilità all'infinito che o è
dimostrabile da altro o è inferita dalla particolarità stessa di cui si vuol
preda la sensazione, ragion sufficiente che è da un presupposto di ontità di
ontici non di autocoscienza umana e insieme dal presupposto opposto, e che è
inintelligibile per quella sua indefinita variazione e intelligibile per la sua
funzione formale di ragion sufficiente;il concetto di particolarità, dunque,
come autocoscienza del modo con cui certi ontici, le sensazioni sono
nell'autocoscienza, variabili da coscienza a coscienza se simultanee, variabili
nella stessa coscienza se diacroniche, pare tale da non risultare
immediatamente immanente o inferibile dalle sensazioni stesse, le quali paiono
ripudiarlo sia per la liceità di riunirsi in classi sia per la liceità di un
confronto che ne rileva identità o somiglianza sia per la limitatezza delle
variazioni che accolgono nell'ambito di una classe sia infine per il fatto
stesso che una sensazione ha il diritto di dirsi altra da quella che si dà
simultaneamente in un’ altra coscienza o da quella che si dà diacronicamente
nella stessa coscienza alla condizione che le due confrontate si riferiscano a
uno stesso ontico che muta al mutar di autocoscienza o di tempo, il che è
consentito o da una medesimezza di tale ontico, che l'empirismo ripudia, o da
una identità di rapporti fra le sensazioni e certe altre,
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