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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 252 - 301 F2
    • 258
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- 353 -


[pag 353 (258 F1 /2)]

di continuo sia nello stesso istante in quanto nessun pensiero è in grado di rapportare a sé l'ontico in quanto rapportato agli altri che lo condizionano, secondo un rapporto che sia identico a quello di un altro pensiero, sia in istanti diversi o perché muta il modo con cui il pensiero ha posto sé in rapporto con l'ontico o perché sono mutati gli ontici condizionatori con cui è entrato in rapporto l'ontico, e infine dalla dipendenza genetica della sensazione dal rapporto e dal variare di questo inferisce la necessaria particolarità della sensazione che non è se non il darsi di essa all'autocoscienza con modi che sono altri da quelli in cui si in altre coscienze simultaneamente o nella stessa coscienza in momenti diversi; il numero delle aporie che colpiscono questo secondo argomento è indefinito, anche se una sua accettazione senza analisi sembri renderlo meno indigeribile dell'altro: in primo luogo, i due argomenti non sono né simultanei né o identici o equivalenti a tal punto da essere adottati come dimostrazioni tolleranti l'una dell'altra e in accordo l'una con l'altra, perché, caduta l'apparente distinzione fra un principio che è mera ragione sufficiente di intelligibilità e un principio che è ragion sufficiente genetica in seguito alla funzione di ragione genetica che acquista il pensiero pel fatto stesso di essere ragion sufficiente di intelligibilità e in seguito alla funzione di ragione sufficiente di intelligibilità acquisita dal rapporto fra pensiero e ontico pel suo essere ragione-causa, non è lecito a una dialettica conservare i due intelligibli eterogenei come ragioni dello stesso conseguente; in secondo luogo, se quel rapporto fra un ontico, il pensiero, e un rapporto, la relazione fra l'ontico e gli ontici che lo condizionano a biffa del suo rapportarsi al pensiero, deve esser posto nell'autocoscienza come un intelligibile ossia come un universale e necessario nella sua essenza di dialettica, il che esige che le sue variazioni siano poste in dipendenza funzionale dalle variazioni dell'una o dell'altra biffa, con la conseguenza che, essendo queste concepite come variazioni quantitative e non qualitative, dal momento che l'invariabilità del nesso relazionale non tollera altre variazioni in seno all'intelligibilità dell'intera dialettica se non quelle quantitative, la particolarità della sensazione cessa di essere un essenziale assoluto, non essendo lecito escludere che nell'immutato nesso relazionale entrino le variabili quantitative in questa loro definizione una volta e una soltanto, e che le variazioni quantitative siano all'infinito, a meno che non si dimostri ulteriormente che a nessun pensiero sarà mai lecito occupare lo stesso modo relazionale di un altro e che le variazioni quantitative sono all'infinito; in terzo luogo, si ha il diritto di chiedersi che cos'è quest'ontico che è biffa di due rapporti, il quale o è un ontico inautocosciente o comunque escluso dall'autocoscienza di un qualsivoglia pensiero di condizione umana, nel qual caso, a parte che la sua ontità contraddice ai presupposti dell'empirismo e della scienza, o esso entra nell'autocoscienza come un problematico perfettamente simmetrico del corrispondente sensoriale, e allora non si vede donde si deduca quel suo modo ontico variabile tradotto dalla sensazione, che pur deve essere coessenziale alla sua essenza che è immutabile se si vogliono immutabili i rapporti con gli altri ontici e col pensiero,


- 354 -


[pag 354 (258 F3 /4)]

o entra nell'autocoscienza come un problematico totalmente dissimmetrico dalla sensazione corrispondente, e allora non si vede la legittimità di attribuirgli quel che è o si pretende proprio del sensoriale, oppure è un ontico autocosciente, ma allora coincide con la sensazione la quale diverrebbe allora un particolare tra particolari, capace ciononostante di entrare in rapporti immutabili con questi e insieme di essere autocosciente e insieme inautocosciente, dovendosi attribuire inautocoscienza all'ontico sensoriale che entra nei rapporti con gli altri onde salire all'autocoscienza, con l'assurdo in più che lo stesso inautocosciente non entra in nessun rapporto se non è autocosciente; altre aporie si troverebbero con maggior spazio;sta di fatto che l'argomento è persuasivo solo perché contraddice ai presupposti di cui dovrebbe essere indiretta dimostrazione, e in particolare a quelli della unicità delle sensazioni come ontici legittimi, in quanto esso o si rifa alla dottrina quotidiana o biologica delle cose che sdoppia il sensoriale in un autocosciente simmetrico e materialmente e formalmente equivalente al suo simmetrico inautocosciente, o si rifa a un razionalismo realistico, da cui mutua l'ontità di ontici altri da quelli d'autocoscienza umana e la permanenza dei loro modi in forza di un'intrinseca intelligibilità che tra l'altro sarebbe ragione non della sola immutabilità dei rapporti fra gli ontici, ma anche di quella di loro modi riprodotti dalle sensazioni; e così ritroviamo anche qui, più celato, più profondo, meno immediatamente ripudiato quindi, lo stesso sofisma di petizione di principio aggravato dalla contraddizione dei principi, giacché si muove dalla sensazione come da ciò entro cui l'immanenza e tanto meno l'immanenza con funzioni di essenza di un intelligibile della particolarità non è né immediatoimmediatamente inferibile, si sale alla ragion sufficiente della genesi e della natura intelligibile della sensazione e surrettiziamente si introduce in essa come immanente con funzioni di essenza una variabilità all'infinito che o è dimostrabile da altro o è inferita dalla particolarità stessa di cui si vuol preda la sensazione, ragion sufficiente che è da un presupposto di ontità di ontici non di autocoscienza umana e insieme dal presupposto opposto, e che è inintelligibile per quella sua indefinita variazione e intelligibile per la sua funzione formale di ragion sufficiente;il concetto di particolarità, dunque, come autocoscienza del modo con cui certi ontici, le sensazioni sono nell'autocoscienza, variabili da coscienza a coscienza se simultanee, variabili nella stessa coscienza se diacroniche, pare tale da non risultare immediatamente immanente o inferibile dalle sensazioni stesse, le quali paiono ripudiarlo sia per la liceità di riunirsi in classi sia per la liceità di un confronto che ne rileva identità o somiglianza sia per la limitatezza delle variazioni che accolgono nell'ambito di una classe sia infine per il fatto stesso che una sensazione ha il diritto di dirsi altra da quella che si simultaneamente in un’ altra coscienza o da quella che si diacronicamente nella stessa coscienza alla condizione che le due confrontate si riferiscano a uno stesso ontico che muta al mutar di autocoscienza o di tempo, il che è consentito o da una medesimezza di tale ontico, che l'empirismo ripudia, o da una identità di rapporti fra le sensazioni e certe altre,




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