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la quale è impossibile dal
momento che l'identità del rapporto o dei rapporti dovrebbe ridursi
all'identità di un nesso fra due assolutamente eterogenei, sicché non si vede
da dove debba partire una dialettica fra sensazioni al fine di stabilire che
esse, o in coscienza diverse o nella stessa coscienza, non sono identiche,
ossia ci aspetteremmo che fossero in identità, ma le troviamo fuori da questa e
senza concludere che siffatte sensazioni sono degli eterogenei inconfrontabili
e indialettizzabili, tanto più che o sono l'una o l'altra senza autocoscienza
perché di autocoscienza diversa o sono l'una o l'altra senza autocoscienza
perché fuori da una autocoscienza qualsivoglia, dovendosi in quet'ultimo caso
dimostrare che l'autocoscienza del ricordo è di un ontico autocosciente del
tutto equivalente a quello la cui autocoscienza è dell'intuizione; poiché la
sensazione non offre né l'intuizione né l'inferenza della propria particolarità,
si pretende di dedurla, quasi fosse un ontico destinato a darsi per intuizione
all'autocoscienza solo nel futuro, da due ragioni sufficienti diverse e
contraddittorie che ciononostante si pretende di conservare l'una accanto
all'altra e di utilizzare simultaneamente l'una come sussidiario dell'altro col
pretesto che l'una sarebbe meramente intelligibile come quella che
coinciderebbe con il pensiero che più che ontico in sé sarebbe l'autocoscienza
ossia il modo ontico essenziale e comune alla classe degli ontici
autocoscienti, fra cui le sensazioni, e che, avendo immanente in sé la
particolarità o mutevolezza costante e indefinita di modi la trasferirebbe a
ciò cui esso stesso è essenziale, e che l'altra sarebbe invece meramente
causale o genetica di ontità come quella che coinciderebbe con un ontico, il
rapporto fra il pensiero e l'ontico simmetrico della sensazione, che sarebbe
altro dalla sensazione stessa; ma non ci si rende conto, o meglio ci si accorge
solo per l'incapacità dimostrativa delle due dialettiche, anzitutto che esse
sono omogenee e quindi contraddittorie ed esclusive l'una dell'altra, poi che
esse pretendono di estendere tutti gli ontici autocoscienti che sono immanenti
in una dialettica sillogistica categorica, cioè in una dialettica di essenze,
anche a una dialettica sillogistica ipotetica, non avendone il diritto non
tanto pei sofismi da cui son viziate, quanto per il fatto che in un sillogismo
ipotetico non è lecito ritrovare nel conseguente la necessaria immanenza
dell'essenza dell'intelligibile primo che è apodittica nel sillogismo
categorico, ma è lecito solo muovere dall'ontità di fatto dell'intelligibile
primo, di per sé meramente problematico, all'ontità di diritto spettante al
conseguente estremo, estendendosi siffatta liceità alle immanenti materiali e
formali altre dalla mera ontità di fatto od ontità fenomenica, solo se è
fenomenicamente o intuitivamente data l'identità delle immanenti inferite;
perciò come la funzione di ragion sufficiente di un uomo nei confronti di ciò che
nel fenomenico da esso consegue necessariamente assegna il diritto di estendere
l'ontità fenomenicamente data del primo al secondo e pone la liceità di
estendere al secondo qualcosa dell'essenza del primo solo se questo essenziale
è ritrovato intuitivamente nel secondo, così l'estraneità che divide o il
pensiero di condizione umana in sé dalla sensazione, a superar la quale non
basta il rapporto di tutto a parte che li lega se non altro perché lo stesso
rapporto è fonte
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