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che collegano
dialetticamente l'intelligibile((gli intelligibili??)) con tutti gli altri,
omogenei per l'intelligibilità e l'autocoscienza, coi quali si dialettizza in
rapporti instaurabili entro i dialettizzati una funzione l'uno nei confronti
dell'altro, dall'altro sta l'autocoscienza, la quale accoglie la predicazione
della contingenza alla condizione che o, essendo posta ad eterogeneo dalla
materia essenziale all'intelligibile, riduca la propria materia alla liceità di
una ripetizione dell'intelligibile o nelle dialettiche in cui si è dato la
prima volta che si è accompagnato all'autocoscienza, o in dialettiche altre da
queste, o alla liceità di qualcosa d'altro, oppure, essendo posta a omogeneo
alla materia essenziale all' intelligibile, assuma come propria materia la
liceità di un'inserzione dell'intelligibile come biffa entro una dialettica
indipendentemente dalla necessità della dialettica stessa in sé e quindi di una
distinzione fra la dialettica in sé, che sarebbe apodittica, e la dialettica in
quanto spostamento d'attenzione, che sarebbe priva di apoditticità; in questo
secondo caso, se l'autocoscienza, qui dialettizzata col contingente in
generale, è in generale, e deve essere in generale, come quella denotante che
nella sua funzione di predicato rileva un modo necessario e universale di una
dialettica fra intelligibili e con ciò non riguarda quei modi puri necessari e
universali di questa stessa dialettica che, se son questi son di essa in quanto
di condizione divina, se son quelli son di essa in quanto di condizione umana,
è lecito considerare la sua materia nella condizione divina, ossia in quel modo
della dialettica che è di simultaneità assoluta ed ontica tra le biffe che la
costituiscono e tra la dialettica e tutte le altre fra tutti gli
intelligibili:dovrebbe(ro) quindi in siffatta condizione esser dati spostamenti
d'attenzione problematici di simultaneità assoluta diversi, se non contrari,
alle dialettiche apodittiche in sé di simultaneità assoluta, e dovrebbe insieme
esser data, pel medio dell'autocoscienza stessa, la modalità contingente o
problematiche(ca) dei primi e la modalità apodittica delle seconde; ma nella
condizione divina sono con ontità ossia con autocoscienza tutte le dialettiche
ontiche in sé e insieme è data la simultaneità ontica dell'attenzione posta su
ciascuna biffa di una dialettica, dell'attenzione posta sull'altra relazionata
alla prima, dell'attenzione posta sul nesso delle due biffe la cui materia è
ragione della simultaneità delle due concentrazioni simultanee d'attenzione; e
se la terza concentrazione non è che la conseguenza della concentrazione
d'attenzione sulla prima biffa simultanea a quella sulla seconda, vi è un
rapporto di ragione tale fra le tre per cui l'una è ragione delle altre e
viceversa; il che non è circolo vizioso, ma coincidenza assoluta delle tre la
quale fa tutt'uno col fatto, in cui appunto consiste la condizione divina, che
ogni intelligibile è in questa nello stesso modo in cui è in sé, con la
conseguenza che, ammessa una coessenzialità materiale fra l'autocoscienza in
quanto gioco d'attenzione, e una dialettica autocosciente, dev'essere data per
entrambe un'identica modalità funzionale, l'apoditticità; che, se si pretende
differenziare lo spostamento d'attenzione dalla materia della dialettica sulla
base di una distinzione fra l'autocoscienza di condizione divina e quella di
condizione umana,
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la quale a sua volta è
ricondotta alle differenze di simultaneità e di quantità, si è tenuti ad
escludere dalle due un'intelligibilità unica e a farne due ontici intelligibili
eterogenei ed inclassificabili se non sotto una ragione genericissima che
escluda da sé lo specifico di entrambe, il che né intende né ha il diritto di
fare una dialettica che muova dalla problematica predicazione della contingenza
all'autocoscienza; che, se si pretende opporre alla totalità delle dialettiche
simultanee, costituente la sfera autocosciente dell'intelligibilità di
condizione divina, dalla totalità degli intelligibili simultanei in sé,
costituente la sfera dell'intelligibilità inautocosciente, sulla base di una
differenza materiale delle due, per la quale alla materia intelligibile della
prima tocca un'organizzazione e una struttura che non è della seconda -nel qual
caso, come si è detto sopra, la materia di ogni ontico della sfera
intelligibile inautocosciente dev'essere una unità assoluta e indivisibile e
con ciò irrelata con la materia di qualsiasi altro ontico della stessa sfera -
da un lato si svela il presupposto implicito da cui si è mossi per predicare la
contingenza all'autocoscienza, dall'altro ci si lascia sfuggire che la
differente organizzazione, quella dialettica, dell'intelligibilità
autocosciente deve essere apodittica, non ha il diritto di fare di sé qualcosa
di altro dall'autocoscienza che c'è o non c'è, bensì non solo deve far tutt'uno
con questa che è un altrettanto apodittico, ma trova in questa la propria
ragione, e quindi un apodittico, dal momento che essa stessa che ne consegue è
di per sé un apodittico; dunque, volete trattare l'autocosciente come un
materialmente coessenziale alla dialettica cui si sovraggiunge e come un
formalmente o funzionalmente eterogeneo da essa che è apodittica e che non ha
nulla che fare con la contingenza del sovraggiunto, e allora dovete rilevare la
contraddizione dei due predicati, sicché non vi resta che risalire al primo
caso di una contingenza dell'autocoscienza in quanto eterogenea dall'essenza
materiale della dialettica e dell'intelligibile; ora, è lecito che
l'autocoscienza trovi questa sua eterogeneità o nel fatto che l'intelligibile è
ripetibile in questa o in altre dialettiche o nel fatto che l'intelligibile è,
attraverso la denotante dell'autocoscienza, in sé e insieme una riproduzione o
rappresentazione di se stesso o nel fatto che l'intelligibile si fa, per essa,
termine di applicazione di un'attenzione che è principio di una dialettica come
spostamento autocosciente di attenzione o nel fatto che l'intelligibile da
unico ontico che è in sé si duplica, al sopraggiungere dell'autocoscienza, in
un ontico in sé e in un ontico che è altro da esso nonostante i rapporti di
parte a tutto o di tutto a parte o di parte a parte che lo legano ad esso o nel
fatto che l'intelligibile è e insieme, con l'autocoscienza giustapposta, si
arricchisce di una denotante che è ripetizione di esso, ossia che è quel che è
e insieme sa di essere e sa di essere quel che è, o in tutti questi modi o
alcuni di essi fusi assieme; una ripetizione dell'intelligibile è modalità di
un'autocoscienza di condizione umana e quindi non è di un' autocoscienza di
condizione divina e quindi in generale; l'ontità di un intelligibile come
rappresentazione, a parte il fatto che rimanda all'ontità problematica di un
pensiero in sé, è definibile come correlazione simmetrica
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ed equivalente o fra
l'intelligibile rappresentante e l'intelligibile rappresentato in quanto
inautocosciente immanente in una sfera ontica altra da quella degli
autocoscienti o in quanto inautocosciente immanente entro la sfera ontica degli
stessi autocoscienti, nel qual caso, non essendo i due modi di immanenza
distinguibili se non dal punto di vista di una sostanzialità della sfera degli
autocoscienti ossia dell'ontità di un pensiero in sé, i due modi di immanenza
inautocosciente si equivalgono, o fra l'intelligibile rappresentante e
l'intelligibile rappresentato in quanto esso pure autocosciente, con la
conseguenza che o si ricade nella nozione dell'autocoscienza come ripetizione o
surrettiziamente si tratta il rappresentato, che di diritto e di fatto è un
inautocosciente, come un autocosciente, e quindi si attribuisce all'autocosciente
uno sdoppiamento che di fatto non è e di diritto non ha la liceità di essere o
si pretende che la ripetizione, la cui liceità è posta da un'autocoscienza di
condizione umana, sia la voluta riproduzione con autocoscienza di un
intelligibile già datosi con autocoscienza ai fini di una contemplazione di ciò
che è già stato contemplato e non quel che di fatto e di diritto è, ossia una
voluta riproduzione con autocoscienza di un intelligibile già autocosciente, ma
ai fini o di porlo a biffa di una dialettica altra dalla precedente o di
disarticolare ulteriormente la dialettica precedente; un'eterogeneità poi
dell'autocoscienza che consiste nell'attribuzione da parte dell'autocoscienza
all'intelligibile del nuovo ruolo di termine di applicazione di un'attenzione che
avvii a una dialettica essa pure autocosciente, in questo senso, e con a biffa
l'intelligibile, a parte che ripropone a suo presupposto l'ontità poblematica
di un pensiero in sé una delle cui note essenziali sarebbe quella
dell'attenzione, ignora le condizioni complete sotto cui deve darsi un
intelligibile autocosciente per farsi oggetto di un'attenzione avviante a una
siffatta dialettica, e non tien conto né di questo che la concentrazione
dell'attenzione sull'intelligibile non s'accontenta del fatto che
all'intelligibile s'accompagni l'autocoscienza, perché richiede che
l'intelligibile si dia o disarticolato o disarticolabile in denotanti da
correlarsi dialetticamente o tra loro o con denotanti di altri intelligibili,
sicché si pone la questione se sia lecito distinguere due fasi di elaborazione
dell'intelligibile, una antecedente in cui l'intelligibile con la sua
comprensione materiale e formale, o unitaria e sintetica o già disarticolata ma
limitatamente a quelle denotanti che si son fatte biffe di dialettiche altre da
quella che attende il via dalla concentrazione d'attenzione, si arricchisce
della denotante nuova dell'autocoscienza e con questa si offre alle operazioni
dell'attenzione, e una successiva in cui l'attenzione disarticola quanto di
sintetico si dà nell'intelligibile e spostandosi dalle denotanti così
disarticolate ad altre pone una nuova dialettica, oppure se non si debba
riconoscere che l'attenzione ha la liceità di operare in siffatto modo appunto
perché la disarticolazione è già un ontico grazie appunto all'autocoscienza che
è nota dell'intelligibile e insieme fa tutt'uno con la modalità disarticolata e
analitica dell'intelligibile fattosi per questa stessa sua nuova modalità
termine di una sua applicazione, con la conseguenza che, se non è dato
identificare l'attenzione
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