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e il suo concentrarsi con la
disarticolazione della comprensione, non è neppure lecito né identificare
l'attenzione con l'autocoscienza né ridurre le due a un rapporto di principio a
conseguenza o di mezzo a fine né eterogeneizzare l'autocoscienza dalla rottura
dell'unità della comprensione dell'intelligibile, ma è necessario identificare
queste due, né di questo ancora che la condizione per cui sono state distinte
l'attenzione, la sua concentrazione, la dialettica cui essa dà il via,
l'autocoscienza che si pretende sovraggiungersi all'intelligibile, l'unità
sintetica di questo e la sua disarticolazione, sta tutta nelle modalità secondo
le quali una qualsivoglia dialettica deve darsi quando assume a suo oggetto un
intelligibile qualsiasi, per le quali questo vien rotto in tutte le sue
componenti che cessano di essere dei simultanei assoluti per entrare in quella
particolare simultaneità delle dialettiche di condizione umana che sulla
successione diacronica degli spostamenti d'attenzione fonda una distinzione tra
le biffe che son termine d'attenzione e da questa trae il diritto di trattarle
come degli eterogenei non solo formali, ma materiali, e in forza delle quali
una dialettica in generale, eretta a intelligibile oggetto esso stesso di
dialettica nei suoi aspetti formali, vede la sua unità spezzarsi in tante
componenti o denotanti la cui proclamata eterogeneità, dedotta da quella
diversità che è la rispettiva varietà di funzioni formali, dovrebbe venire, ma
non viene, verificata dalla loro eterogeneità materiale, con la conseguenza che
tutte quelle denotanti, attenzione, concentrazione d'attenzione, ecc., distinte
sopra, vengono pensate come eterogenei, mentre sono soltanto dei distinguibili
che attendono la ragione di una loro eterogeneità ontica dall'eterogeneità
materiale denotante la loro varietà formale e con la conseguenza che si estende
all'unità della dialettica in generale ossia di una qualsivoglia dialettica
quella successione diacronica delle sue componenti che è propria della
dialettica esercitata su di essa e che è ontico intelligibile solo se siffatta
unità si manifesta essa stessa pervasa da diacronia: ma, se si guarda alla
forma di una dialettica in genere, ciò che vi vien distinto per eterogeneità e
per diacronia di diritto e di fatto giace in essa in totale unità acronica,
essendovi in essa simultaneamente la disarticolazione dell'intelligibile
dialettizzato con la sua autocoscienza, l'attenzione e la concentrazione di
questa sulla sua comprensione disarticolata con lo spostamento d'attenzione e
con la dialettica autocosciente che fa tutt'uno con questa, ed essendo tale
simultaneità un apodittico perché nella sfera delle dialettiche è falso che, muovendo
da un'autocosciente zero e da un assoluto stato d'ignoranza, venga assunto un
intelligibile e offerto, pel tramite dell'autocoscienza, all'attenzione al fine
di ritrovarvi principi di dialettiche nuove, mentre è vero il contrario che
l'autocoscienza di dialettiche nuove, immediatamente colte, è tutt'al più il
principio di una concentrazione d'attenzione che attraverso la mediatezza di
una dialettica sottolinei e, per dir così industica((??)), l'immediatamente
avvertito, e quindi di una di quelle ripetizioni di cui l'autocoscienza pone la
liceità; è antropomorfico rappresentarsi l'insorgere di una dialettica come il
frutto di un compito che il pensiero di condizione umana si dà,
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