- 366 -
[pag 366 (262 F1 /2)]
da cui si leverebbe per
aggiunta di autocoscienza, perché evidentemente quella sua funzione di forma
deve accompagnarsi a un'unità causatrice che, comunque ci se la raffiguri,
dev'essere quella di un indecomponibile e quindi di un semplice, e insieme
quella di un irrelato da tutte le altre forme, mentre questa sua ontità di
psichico inautocosciente esclude quegli spostamenti d'attenzione, costituenti
le dialettiche e dirompenti gli intelligibili nelle rispettive denotanti, senza
le quali un ontico intelligibile non è né disarticolato né relato e quindi è un
semplice indecomponibile e un assoluto irrelato; fin qui nessuna opposizione al
nuovo punto di vista; questo, poi, sostiene che il sovraggiungersi
dell'autocoscienza all'intelligibile inautocosciente lo lasci quel che è in quanto
inautocosciente e insieme lo correli a un secondo intelligibile che è sua parte
o suo tutto e che insieme è altro da esso; evidentemente questa denuncia di
aspetti generali dell'autocoscienza ha presente quella particolare dialettica
che è la supposizione di un giudizio universale categorico e nella quale due
intelligibili distinti e diversi sono dialettizzati sul fondamento di una certa
loro identità o piuttosto di un certo loro comune appartenere a un unico ontico
autocosciente; si vuole allora che, poiché l'intelligibile in sé ha un certo
modo ontico, l'unità semplice e irrelata, la quale tutt'al più è principio di
ontità di unità identiche e mai ha il diritto di farsi principio di modi ontici
differenti, quali sono quelli di una duplicazione dello stesso intelligibile in
qualcosa che è esso e insieme è altro da esso, questo modo ontico sotto cui
l'intelligibile si dà quando si fa autocosciente non abbia a sua ragione
l'essenza dell'intelligibile, ma l'autocoscienza, la quale, data l'eterogeneità
dei suoi prodotti da quelli dell'essenza dell'intelligibile, dev'essere
eterogenea da questa; è da dirsi, anzitutto, che l'aspetto rilevato dal nuovo
punto di vista, di una duplicazione dell'intelligibile in autocosciente in sé e
in autocosciente altro da sé, pur essendo in un certo rapporto quantitativo con
sé, non è comune di tutte le dialettiche in genere e neppure di tutte quelle
che son supposizioni di quel giudizio: ad esempio, tutte le dialettiche che
sono da più denotanti di più comprensioni all'univocità della funzione che
tutte esplicano nelle rispettive comprensioni non rimarranno certo ciascuna a
una duplicazione di un intelligibile, che, se fosse rimasto inautocosciente,
sarebbe stato sempre e soltanto unico, in quanto sono predicazioni non tanto di
intelligibili, che in quanto denotanti vedono la loro ontità inautocosciente in
sé farsi problematica, quanto di intelligibili che in sé dovrebbero darsi con
quella relatezza reciproca che l'ontità inautocosciente in sé, assoluta com'è,
non tollera; ma si conceda che tali dialettiche siano effetti secondari, o, se
si vuole, ontici meramente soggettivi che nulla hanno che fare con l'ontico in
sé e che traggono origine solo dall'indefinita attività dialettica della sfera
degli intelligibili autocoscienti, e si ammetta, con ciò, che le uniche
dialettiche, alle quali ci si deve rifare per intendere la natura
dell'autocoscienza, non siano né quelle né quante altre muovono da un
intelligibile autocosciente che sia di diritto e di fatto simmetrico di un
ontico inautocosciente; queste dialettiche, allora, sono solo quelle
- 367 -
[pag 367 (262 F3
/4)]
che nel giudizio
corrispondente o hanno a soggetto una specie infima e a predicato una sua
denotante o hanno a soggetto una denotante di specie infima e a predicato una
denotante della denotante o hanno a soggetto una denotante di specie infima e a
predicato la funzione formale che il soggetto esplica nella comprensione in
generale cui appartiene o hanno a soggetto una denotante di specie infima e a
predicato la funzione formale che il soggetto esplica nei confronti di una o
altre denotanti della stessa comprensione cui appartiene: son questi i rapporti
di parte a tutto o di tutto a parte o di parte a parte con cui l'intelligibile
che è duplicato e altro dall'intelligibile in sé si lega a questo; poiché tutti
i casi considerati all'infuori del primo sono conseguenze di questo, che
sarebbe anche lecito trattare come secondari e soggettivi rispetto ad esso,
converrà esaminare solo il primo: qui noi avremmo due intelligibili
autocoscienti che sono la stessa cosa e che insieme sono differenziati l'uno
dall'altro, sicché si avrebbe il diritto di dire che quel che è uno è diventato
due e lo è diventato non per sé ma per l'autocoscienza che ha aggiunto alla
propria essenza; ora, le cose non stanno così: in primo luogo, quel soggetto
del giudizio categorico che è una specie infima o che ha a sua supposizione
l'intelligibile autocosciente di una specie infima, è sì un in sé, se per in sé
s'intende il fatto che la sua comprensione è la ragione prima ed unica di tutti
gli spostamenti d'attenzione che hanno a prima biffa la sua totalità o a
seconda biffa una o più delle note in cui la totalità s'è disarticolata; ma se
per in sé s'intende o l'assolutezza della comprensione, in quanto liceità di
esser autocosciente indipendentemente dal farsi biffa di una qualsivoglia
dialettica, o l'unità semplice che si attribuisce allo stesso intelligibile in
quanto inautocosciente, l'in sé diventa un falso e un privo di ontità, in
quanto da un lato la comprensione dev'essere dialetticamente relazionata almeno
con se stessa pena la sua esclusione dall'autocoscienza, dall'altro è
dialetticamente correlata con se stessa o con una o più delle sue denotanti in
forza di una disarticolazione che l'investe al momento stesso della
correlazione dialettica pena l'esclusione dall'autocoscienza della dialettica e
quindi della comprensione stessa; dunque, l'in sé dell'intelligibile
autocosciente, soggetto del giudizio, non ha nulla che fare con l'in sé
dell'ontico simmetrico inautocosciente; in secondo luogo, consideriamo
l'alterità che dovrebbe distinguere l'intelligibile autocosciente, soggetto,
dall'altro, che gli è predicato, e che sussisterebbe con alterità, nonostante
il suo rapporto da parte a tutto col primo, solo grazie a un'autocoscienza del
primo che non ha niente che fare con la sua essenza: se si vuole che questa
alterità stia nel fatto che l'intelligibile soggetto è semplice e unitario e
insieme disarticolato in modo che una sua componente ne venga separata senza
che il tutto che la perde o cessi di essere quello che è o fuoriesca
dall'autocoscienza, ci si lascia sfuggire che l'intelligibile soggetto accoglie
la predicazione della sua denotante alla condizione di venir simultaneamente
disarticolato almeno rispetto a tale nota e quindi di perdere quell'unità
semplice che, se avesse conservato, gli avrebbe tolto la liceità
dell'intelligibilità: nel giudizio categorico l'intelligibile soggetto è già un
disarticolato e un molteplice di più componenti il quale conserva la sua unità,
|