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le prove di Zenone, delle
quali qui non si ha né la pretesa né l'opportunità di definirne l'essenza o di
darne una interpretazione, muovono da un presupposto, o postulato o assioma,
che il rapporto fra l'intelligibile che è per le dialettiche di condizione
umana e l'intelligibile che è in sé, sia poi oppur no autocosciente, sia di
un'equivalenza che è altra da quella che finora abbiamo attribuito come pretesa
della ragione con il giusto diritto non di escludere che essa sia la sola delle
equivalenze secondo cui i due intelligibili sono dialettizzati, ma di stabilire
che essa è quella delle equivalenze sotto il punto di vista della quale noi
accettiamo una certa validità delle dialettiche di condizione umana; ora
l'equivalenza di Zenone è un'identità o identificazione dei due intelligibili
la quale è, per dir così, viziata, e quindi ridotta ad equivalenza, per la
differenza delle due rispettive denotanti, quella di essere per dialettiche di
condizione umana che è dell'un intelligibile, quella di essere in sé che è
dell'altro intelligibile; dal presupposto calano varie inferenze, che
l'autocosciente di condizione umana, il movimento, in quanto ontico circoscritto
e geometrizzato in sé, acquisti la legittimità di intelligibile alla condizione
che il suo simmetrico, che è il movimento, in quanto autocosciente intuito
entro una sfera sensoriale e come momento di questa, entri in dialettiche
autocoscienti intelligibili, che la sfera delle dialettiche abbia la liceità di
operare sul movimento fenomenico la stessa disarticolazione che è lecita su un
intelligibile appunto perché dall' intelligibilità del moto fenomenico, assunto
come intelligibile problematico, deve derivare la legittimità del
corrispondente intelligibile per dialettiche di condizione umana con la
conseguenza che tutto ciò che è valido e lecito per questo secondo deve essere
altrettanto valido e lecito per l'altro, che la stessa sfera abbia il diritto
di assumere sia le disarticolazioni dell'unitario moto sia le disarticolazioni
di tutti i restanti giustapposti fenomenici che si legano con un qualsivoglia
rapporto apodittico con il fenomenico centro d'attenzione come altrettanti
pretendenti intelligibili che debbono sottoporre le loro pretese al vaglio
delle condizioni generali di intelligibilità, infine che sia lecito alle stesse
dialettiche trascorrere o per meglio dire saltare con tutta tranquillità dalla
disarticolazione del fenomenico o delle sue immagini in quanto fenomeniche alla
disarticolazione del fenomenico o delle sue immagini in quanto trattate come
intelligibili, il che è quanto appunto fa Zenone quando scinde il movimento
nelle sue denotanti di modo di un mobile, di spostamento da una linea di
partenza, di stasi in un traguardo, di superamento degli intermedi fra la linea
di partenza e il traguardo, di raggiungimento di un altro mobile, ecc.quando
scompone le concomitanti fenomeniche, assunte come necessarie, del movimento e
divide l'unità spazio-temporale e l'unità superiore che vincola questo uno,
spazio-tempo, alla denotante della velocità propria del moto, quando fonda
l'antinomia del movimento e quindi la sua inintelligibilità non già sulla
scomposizione e disarticolazione di ciò che ha scomposto, ma sulla
scomposizione e disarticolazione dello spazio-tempo-velocità assunti come
intelligibili in quanto variabili funzionali dell' equazione S = V T e non già
sulla contradditorietà del moto come fenomeno ma sulla contradditorietà che separa
questo,
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questo avviene alle sue
condizioni che sono lo spazio fenomenico in cui si dà, il tempo concreto- non
si allude qui alla durata di Bergson, ma solo alla durata di questo movimento
qui che vedo- che si svolge, per dir così, via via che il movimento si dà, la
velocità effettiva che intuitivamente è qualcosa d'altro dalla determinazione
qualitativa della sua quantità indeterminata a livello intuitivo, dalle biffe
autocoscienti quali si danno nelle dialettiche intelligibili costruite, sulla
base di S = V T, in simmetria col movimento fenomenico: nella dicotomia, il
movimento è assurdo perché il moto in quanto denotante necessaria di un mobile
deve provocare il superamento della traiettoria da parte del mobile e insieme
non ha la liceità di provocarlo: ma, il superamento della traiettoria è dato
fenomenico che delle due l'una o è assunto come intelligibile, nel qual caso il
moto dev'essere in rapportazione necessaria con modalità delle concomitanti
fenomeniche, spazio tempo velocità, che siano tali da rendere lecito e
costantemente e uniformemente il superamento, o è assunto come un dato
intuitivo di intelligibilità problematica e da dimostrarsi, e allora, se a
principi della necessità o intelligibilità di esso si assumono queste o quelle
modalità delle concomitanti condizionanti, si deciderà se attribuirgli
intelligibilità o escluderlo dall'intelligibilità; ma Zenone non opera così:
assume il superamento come una denotante intelligibile del moto
indipendentemente dalle modalità dell'unità spazio-tempo-velocità che sono o
ragioni o condizioni della legittimità di tale intelligibilità, va a cercare
queste ragioni in certe modalità o, se si vuole, in una delle due modalità
sotto il cui punto di vista viene disarticolata l'unità spazio-tempo-velocità
nelle sue denotanti, e, poiché per questa modalità lo spazio-tempo-velocità
assume una modalità tale da rendere illegittima e impensabile la denotante del
superamento della traiettoria propria del movimento, giustappone la necessità e
legittimità del superamento all'impossibilità e impensabilità del superamento
come due denotanti connotanti simultaneamente e sotto lo stesso punto di vista
un unico ontico autocosciente che si fa contraddittorio e inintelligibile; ora,
dal punto di vista del suo presupposto Zenone ha tutto il diritto di agire
così, in quanto, posta la sua equivalenza tra l'ontico autocosciente di
intelligibilità problematica e l'ontico autocosciente di intelligibilità da
verificarsi, e stabilita la perfetta identità dei due tranne che nell'essere il
primo un problematico segno di un problematico intelligibile in sé e
nell'essere il secondo un problematico intelligibile per dialettiche di
condizione umana, l'intelligibilità di quello deve consentire l'indifferente trapasso
delle dialettiche da esso al suo simmetrico e viceversa e addirittura la sua
unificazione col suo simmetrico quasi fossero una sola cosa, mentre
l'inintelligibilità del medesimo non solo deve consentire lo stesso trapasso al
simmetrico ma deve anche porsi come ragione dell'inintelligibilità o, se si
vuole, inesistenza del suo simmetrico; e non si pensi che nel presupposto di
Zenone ci sia il concetto di un apriorismo degli intelligibili perché la sua
dialettica accoglie come intelligibile problematico quella denotante del moto
come ontico autocosciente intuitivo e fenomenico che è il superamento della
traiettoria nella dicotomia o il raggiungimento del mobile meno veloce da parte
del più veloce nell'Achille;
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e quando Bergson risolve i due argomenti facendone il frutto della
deformazione che la durata reale patisce facendosi termine della
geometrizzazione che le dialettiche intelligibili operano negli ontici
autocoscienti per farli loro biffe, non si rende conto di accettare lo stesso
presupposto con gli stessi concetti che lo costituiscono, perché a lato della
rottura dell'unità della traiettoria e del movimento in punti o in estremità di
segmenti e in stasi del mobile in queste estremità, punti e stasi che divengono
gli intelligibili biffe delle dialettiche egli deve pure porre la traslazione
del mobile dal punto di partenza al traguardo che è dato intuitivo assunto come
intelligibile al di là di ogni geometrizzazione, ossia deve pure consentire che
la ragione avrebbe il diritto di spostare le sue dialettiche dagli
intelligibili problematici da dimostrarsi apoditti((ci)) agli intelligibili
problematici in quanto fenomenici intuiti o, il che è poi lo stesso, di
unificare i due in un unico autocosciente entro cui le dialettiche sono
equipollenti; ma l'equivalenza che la sfera delle dialettiche assume tra un
complesso di dialettiche unificatrici e l'unità dell'intelligibile in sé come
rapporto asintotico fra un autocosciente e un altro, è anche lecito che sia
altra da quella para-identità da cui parte Zenone; essa ha il diritto di essere
quell'unificazione in via di costante aumento qualitativo e quantitativo che
tende ad adeguare l'unità dell'ontico in sé: e in questo caso la pretesa di
ritrovare l'intelligibilità del movimento deve prendere corpo in una presa di
contatto diretta e costante con l'ontico in sé o con quell'intuito
autocosciente che è assunto o come ontico in sé o come segno dell'ontico in sé,
in quanto sensoriale con tutti i caratteri formali della sensorialità e con
l'immanenza inautocoscienza dell'intelligibile, con la conseguenza che l'unità
che essa deve tradurre nella sua unificazione è il dato di un movimento che è
nota o attributo o momento o porzione di un mobile che supera una traiettoria,
dato le cui denotanti e le cui condizionanti, spazio tempo velocità, con le
loro denotanti debbono essere materialmente connotate in modo da godere degli
attributi dell'intelligibilità e insieme in modo da dialettizzarsi in
un'unificazione il cui contenuto materiale resti il superamento della
traiettoria da parte del mobile; qualcosa di simile la ragione è tenuta a fare
e fa nei confronti di quella contraddizione per successione che è stata uno dei
drammi di Parmenide e di Hegel; in conclusione, l'attacco alla ragione perché
geometrizza è infondato se mira a negare alla ragione la traduzione in sé di
ogni unità e insieme a privarla della liceità di operare una tale traduzione,
giacché non introduce nelle dialettiche con cui intende prendere autocoscienza
delle dialettiche in generale della ragione quel che di fatto queste contengono
e precisamente il costante sforzo delle dialettiche intelligibili di accogliere
come biffe quei dati autocoscienti che siano simmetrici dell'unità e semplicità
di un intelligibile in sé, è invece legittimo quando rileva che l'ontico
patisce sempre una certa deformazione quando sale al livello delle dialettiche
intelligibili, deformazione che però è sempre compensata da strattagemmi che
riparano all'inequivalenza assoluta che dalla geometrizzazione proverrebbe al
rapporto fra l'intelligibile di condizione umana e l'intelligibile in sé;
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