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la condizione o lo strumento
per cui una dialettica qualsiasi pone tra le proprie denotanti quelle della sua
verità e validità è il suo farsi conseguenza di un duplice rapporto dialettico
in cui si hanno a principi o ragioni rispettivamente un certo ontico
autocosciente che è garante della verità e validità della materia che entra
nella conseguenza e un certo ontico autocosciente che è garante della verità e
validità di tutte le denotanti formali della stessa conseguenza, nella sfera
delle dialettiche ad ogni richiesta di verificazione e convalidazione di una
dialettica risponde una distinzione o separazione di due dialettiche fondate
sulla differenza tra due gruppi distinti di denotazioni entro la dialettica da
verificare e convalidare e tra due gruppi distinti di ontici autocoscienti
ciascuno dei quali si fa biffa di partenza di uno dei due spostamenti
d'attenzione rispettivamente verso questo e quel gruppo di denotanti; la
legittimità delle due dialettiche sovraggiunte costituisce le legittimità dei
due gruppi di denotanti le quali son chiamate verità materiale e verità formale
della dialettica da verificarsi; per decidere della separazione assoluta delle
due verità e dei due insiemi che le costituiscono, il principio materiale e il
principio formale delle due dialettiche di verifica, le due dialettiche di
verifica o di ragione sufficiente della verità, le denotanti che son materia e
le denotanti che son forma della dialettica da verificarsi, occorre stabilire
se la concentrazione d'attenzione sulla sfera delle dialettiche abbia la
liceità di farne un proprio oggetto senz'alcun presupposto all'infuori di
quello che unico e univoco necessariamente dev'essere assunto per promuovere
dialettiche intelligibili che descrivano e fissino i modi di un'intelligibilità
in generale che sia di tale sfera di condizione umana, il che ha luogo alla
condizione che il termine dell'attenzione sia in tutti i suoi aspetti
apodittico e non problematico e offra per dir così un campo la cui
disarticolazione sfocia in una giustapposizione unica ed univoca di
autocoscienti da dialettizzarsi, oppure se la stessa concentrazione
d'attenzione, trovandosi di fronte a un oggetto la cui disarticolazione è
sempre generatrice di una molteplicità discontinua di ontici problematici la
cui dialettizzazione ne fa degli intelligibili problematici a materia variabile
e a forma unica e costante, e non riuscendo a inferire dall'oggetto stesso
ragioni sufficientemente valide a sostituire alla problematicità di questa
materia una sua apoditticità cui consegua l'illegittimità delle restanti
materie problematiche, non sia costretta ad assumere, al fine di ottenere quell'apoditticità
che l'oggetto immediatamente non offre, presupposti da cui inferirla, i quali
saranno a loro volta molteplici variabili e problematici come quelli che non
sono necessariamente disarticolati entro l'oggetto ma sono ipotizzati in forza
di certe denotanti rilevate entro l'oggetto e assunte a privilegiate e
fondamentali fra quante connotano l'intero oggetto, ossia la sfera delle
dialettiche nella sua totalità e omogeneità relativa; basta rifarsi alla
successione diacronica delle descrizioni della ragione per sciogliere la
questione a favore di questo che la sfera delle dialettiche o in sé e per sé,
per sua intima ed essenziale struttura, o per considerazioni che muovono da
ontici autocoscienti che non sono da essa e da problemi che non insorgono in
essa
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non è stata assunta
dall'attenzione che la genera e dalla funzionalità dialettica che la
costituisce ad oggetto unico ed univoco fonte di uno o di un complesso di
presupposti unici univoci apodittici, con la conseguenza che su essa attenzione
e dialettiche si son posate da diversi punti di vista che han provocato
differenti rilievi di differenti sue denotanti e l'enucleazione da esse di vari
o di varie serie di presupposti plurimi ((gemini??)) e quindi problematici; se
si muove da una concentrazione d'attenzione sull'incapacità della sfera di
accogliere dialettiche le cui biffe siano l'autocoscienza di ontici che sian
qualcosa d'altro dalle funzioni e dai modi funzionali della stessa sfera,
l'ontità di ontici autocoscienti che son biffe intelligibili di dialettiche e
la cui autocoscienza investe l'ontità di qualcosa che è altro dalla mera
essenza di una dialettica in generale conduce alla necessità che siffatti
intelligibili entrino nella sfera da ontici che son fuori di essa, con la
conseguenza che o si nega l'immanenza inautocosciente di intelligibili nella
sfera degli autocoscienti sensoriali e intuiti, e allora gli ontici estranei
alla ragione si fanno estranei all'autocoscienza in generale o
all'autocoscienza di condizione umana e gli intelligibili che li riproducono
son dichiarati innati, qualunque sia poi il modo di questa innatezza, qualunque
sia il suo principio, qualunque sia l'attività che sull'ontico autocosciente
innato esercitano le dialettiche per trarne biffe per i propri spostamenti
d'attenzione, o si attribuisce al complesso degli intuiti sensoriali il
possesso di intelligibili che in essi si celano inautocoscienti, nel qual caso
tale complesso è fatto portatore e fornitore di intelligibilità alla sfera delle
dialettiche, e non resta che stabilire i modi e le operazioni con cui le
dialettiche riescono a tradurre nella propria autocoscienza l'intelligibile
inautocosciente nel fenomenico; ma è lecito anche muovere dall'osservazione di
un'inettitudine ancor più grave della ragione di trarre da sé biffe
intelligibili per una dialettica le quali pongano l'autocoscienza di ontici che
siano qualcosa d'altro dalle stesse denotanti della ragione, e precisamente
dall'impossibilità di una dialettica di disarticolare le sue biffe da ontici
innati, e, con ciò, non resterebbe che offrirle come sorgente l'intelligibilità
inautocosciente nel sensoriale la quale tuttavia, se inautocosciente è assente
dalla sfera in generale di tutti gli ontici autocoscienti, se fatta autocosciente
deve coincidere con quanto si dà nel sensoriale e avere tutti i caratteri di
questo, con la conseguenza che le dialettiche disarticoleranno entro il
sensoriale ciò che è tendenzialmente o asintoticamente orientato
all'intelligibilità e assumeranno come biffe non degli intelligibili da sé e
per sé, ma che sono trattati per intelligibili su ragioni che sono altre dalle
denotanti -principi assoluti di intelligibilità; se accettiamo per ora la
rapportazione intelligibile in generale come essenza della forma e
l'accettazione di questa rapportazione come essenza della materia e se, per
comodo, indichiamo le tre differenti dialettiche sulla sfera della dialettica
coi nomi di innatismo, di astrattismo, di empirismo (entro cui c'è anche la
dottrina di Kant), vediamo corrispondere alle tre differenti descrizioni tre
differenti presupposti, quello dell'innatismo che nell'ontico in generale ci
sia una sfera di ontici in sé
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che sono intelligibili, che
sono materiati da materie o forme intelligibili, che sono nelle dialettiche di
condizione umana in forza di un loro darsi con autocoscienza entro queste
indipendentemente da qualsiasi operazione autocosciente e di condizione umana e
sotto forma di ontici autocoscienti di condizione umana del tutto equivalenti
agli intelligibili in sé, quello dell'astrattismo che nell'ontico in generale
ci siano ontici intelligibili in sé che sono tali per l'intelligibilità della
loro materia e della loro forma e che entrano nelle dialettiche di condizione
umana grazie a certe operazioni, autocoscienti o inautocoscienti, ma sempre di
condizione umana sotto la veste di intelligibili autocoscienti di condizione
umana, i quali, tratti come sono dall'intuito sensoriale, conservano la loro
ontità di ontici autocoscienti di condizione umana una traccia del sensoriale
da cui derivano e, con ciò, perdono una parte della perfetta equivalenza che li
dovrebbe correlare agli intelligibili in sé, il presupposto dell'empirismo che
non ci sia altra intelligibilità nell'ontico in generale all'infuori di quella
che costituisce l'essenza pura delle dialettiche intelligibili e che gli
intelligibili che son biffe di questi o sono intelligibili autocoscienti
equivalenti agli intelligibili in sé di siffatta essenza, nel qual caso sono
l'autocoscienza di una porzione sola dell'ontità, o sono autocoscienti con
pretesa di intelligibilità e con autocoscienza di qualcosa d'altro da tale
essenza, e allora non sono che gli stessi intuiti sensoriali i quali, per certi
loro caratteri che non sono dalla materia sensoriale intuita ma dalla
elaborazione che questa subisce ad opera di rapportazioni che o sono
intelligibili o tendono asintoticamente all'intelligibilità, si fanno materia
delle biffe delle dialettiche intelligibili; approfondiamo i presupposti e
troviamo sotto il primo la nozione di un complesso di intelligibili
autocoscienti dialettizzati o dialettizzabili la cui materia e la cui forma
sono entrambe denotate dalle connotanti formali la cui immanenza in un
autocosciente chiamiamo intelligibilità dell'autocosciente, sotto il secondo la
nozione di un complesso di intelligibili autocoscienti, biffe di dialettiche
apodittiche o lecite, la cui forma è costantemente e immediatamente denotata
dalle connotanti formali dell'intelligibilità e la cui materia solo
mediatamente patisce tale denotazione come quella che entra nella rapportazione
formale intelligibile senza ledere o cassare nessuna delle sue denotanti di
intelligibilità, e con ciò ritrae la ragione della sua intelligibilità indirettamente
da dialettiche le cui biffe son tratte dalla sfera dell'intelligibilità in
genere, e come quella che è l'effetto di un effetto di un intelligibile in sé
ed è conseguenza necessaria di una conseguenza necessaria di un principio
apodittico, e con ciò vede la propria intelligibilità ulteriormente confermata
da una ragione che non solo non è da essa, ma anche è da un campo ontico altro
dalla sfera delle dialettiche in sé, sotto il terzo presupposto la nozione di
una serie di intelligibili ch sono forme intelligibili e la cui materia è la
loro stessa formalità intelligibile fattasi autocosciente e biffa di
dialettiche intelligibili, e di una serie di intelligibili la cui forma è
intelligibile perché connotata da una o più denotanti che appartengono alla prima
serie,
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