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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 252 - 301 F2
    • 269
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[pag 388 (269 F1 /2)]

deve fondarne l'intelligibilità su una serie di dialettiche fra la sua totalità unitaria e le singole note della sua connotazione, una delle quali è lecito che sia la viviparità di Socrate; e allora è lecito chiedersi se è sufficiente il mero rapporto di causalità o quello più particolare di generazione a fondare l'intelligibilità del rapporto fra Socrate e la sua viviparità, o se siffatti rapporti divengono intelligibili e definiti rispetto alle loro biffe alla condizione che entrambe alberghino come denotanti degli ontici autocoscienti che non è lecito siano solo rapporti, ma è necessario siano anche sensazioni o gruppi percettivi di sensazioni -; nella stessa situazione degli astrattismi a base qualitativa si trovano anche gli astrattismi a base quantitativa, di tipo galileiano ad esempio, i quali, una volta definito in sé e per sé le classi delle forme che utilizzano e le ragioni categoriali sovraordinate alle une e alle altre, per riempire di materia le biffe correlate dalle forme  si esimono dal trasportarvi pari pari dei dati sensoriali, ma non di immettervi dei quantitativi che hanno pur sempre il loro fondamento su una certa elaborazione dei fenomeni e che non del tutto riescono a ridursi a rapporti, perché ogni loro riduzione siffatta deve pure arrestarsi almeno in parte a dei determinati qualitativi della quantità, ossia a dei numeri, che, per quanto variabili e dipendenti funzionali, sono pur sempre delle problematiche quantificazioni di sensazioni o di gruppi percettivi che si fanno apodittiche quando la dialettica scende a investire direttamente l'intuito fenomenico: e allora delle due l'una: o il regnare dell'astrattismo lascia filtrare entro i suoi presupposti qualcosa delle presupposizioni dall'innatismo, di quello platonico ad esempio, e precisamente la negazione di un qualsivoglia rapporto fra l'intelligibile e il sensoriale, con la conseguenza che, se rinunciano alla totale innatezza dell'intelligibile, non fanno a meno di sottrarre all'apporto dell'autocosciente sensoriale quelle forme pure genericissime che paiono essere il modo per eccellenza di un'essenza intelligibile in genere e le rendono innate, attribuendo loro il compito di farsi ragioni direttamente di tutte le forme particolari delle singole dialettiche e della loro intelligibilità indirettamente dell'intelligibilità del sensoriale che è trasportato come biffa entro le dialettiche e che, se si manifesta tale da non contravvenire mai con le sue denotanti formali alle denotanti di intelligibilità della forma della dialettica, rivela in tal modo e solo in tal modo la sua funzione di indice di quella intelligibilità che sotto di esso si cela inautocosciente e incapace di tradursi in sé e di per sé all'autocoscienza - è questo lo scheletro della teoria della illuminazione di Agostino e del concetto di innatezza della matematica di Galilei -, oppure chi muove dall'astrattismo resta fedele al suo presupposto, ripudiando quel latente platonismo e insieme empirismo di sopra, e, negato ogni innatismo, affidano alla traduzione del sensoriale entro la sfera dialettica l'insorgere di tutte le dialettiche con l'intelligibilità pura e immediata della loro forma e l'intelligibilità impura, o confusa, e mediata di quanto di irriducibilmente materiale albergano; qui ci dobbiamo porre per disarticolare il vero contenuto di un astrattismo, perché non è lecito porre nulla di innato in una sfera dialettica


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[pag 389 (269 F2 /3)]

che astragga da qualcosa d'altro da sé i propri autocoscienti, e, se si obietta un'astrazione in genere, ossia la liceità di una dialettica che ritrae tutti i modi della propria ontità autocosciente fuori dalla sfera degli autocoscienti che sono intelligibili, è impossibile senza un'attitudine preesistente alla dialettica stessa, la quale dev'essere innata e deve coincidere col possesso innato almeno delle forme genericissime la cui ontità è l'essenza di una dialettica in genere, e se si aggiunge che tutti i seguaci dell'astrattismo hanno ammesso questo, anche Aristotele e Tommaso i quali col loro intelletto agente e il loro intelletto passivo non fanno che sostituire all'innatezza di ontici autocoscienti ben definiti, che sono essi stessi dialettiche e con ciò costituiscono la materia o il principio diacronico di una sfera di dialettiche intelligibili destinate poi a riempirsi ulteriormente, l'innatezza di modi che in fondo non si limitano a far le veci di quegli autocoscienti, ma s'identificano con essi, si risponde che è bene osservare che nella sfera dell'autocosciente in generale è da escludersi che esista un'unica ed univoca sfera di dialettiche, quella dell'intelligibilità, come dimostra il fatto che ci è lecito dialettizzare inintelligibilmente o erratamente: di fronte a questo dato che è un ontico autocosciente dell'ontità di due dialettiche, una intelligibile e una aliena dall'intelligibilità, c'è da chiedersi anzitutto se si abbia il diritto di fare della seconda un modo della sfera degli intelligibili illegittimamente albergante in essa come un apolide, il che pare confutato dal fatto che le dialettiche di tale sfera accettano se stesse e si legano ad altre sotto il segno della legittimità e ripudiano o bollano col timbro della problematicità se stesse e qualsiasi altra dialettica che non sia legittimamente intelligibile, dal fatto cioè, in parole semplici, che noi immediatamente scindiamo gli intelligibili apodittici da quelli o falsi o inintelligibli o assertori o problematici, sicché è frutto di una analisi o disarticolazione frettolosa e illegittimamente la classificazione di tutte le dialettiche nell'unica classe avente a ragione la dialetticità in generale e la conseguente classificazione entro gli ontici dialettici sic et simpliciter di tutti i giudizi della modalità, poi c'è da chiedersi se, una volta stabilita tale distinzione, si abbia il diritto di fare della classe delle dialettiche aliene da intelligibilità una serie di ontici autocoscienti che sono conseguenza dell'ontità dell'altra classe delle dialettiche intelligibili, quasi che la liceità e la struttura di una dialettica in genere e quindi di quella che è aliena da intelligibilità abbia a suo principio apodittico la liceità e la struttura di una dialettica intelligibile; una volta ammessa siffatta dipendenza, si avrebbero strane conseguenze, che quelle dialettiche che sono contraddittorie, come la sirena omerica, o che sono prive di intelligibilità, come i nessi associativi, dialettiche della cui esclusione da un'intelligibilità è data piena autocoscienza, dovrebbero avere a loro principio la liceità o essenza pura delle dialettiche intelligibili e dovrebbero inferire il loro inintelligibile nesso dalla forma categoriale intelligibile di queste, che nessuna dialettica dovrebbe darsi a livello dell'intuito autocosciente se non in seguito all'autocoscienza di una qualsiasi dialettica intelligibile,




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