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l'equivalenza reciproca dei
sensoriali che entrano in un intelligibile deve pur sempre avere la stessa
portata di qualcosa col timbro dell'intelligibilità; per queste ragioni appare
perlomeno dubbio e degno di ulteriore approfondimento che una dialettica di
condizione umana riesca a spezzare con assoluta soluzione la materia dalla
forma sia di se stessa che di qualsiasi intelligibile: se è vero che il senso
comune pecca di grossolanità quando pretende di ricavare dalle qualità di una
materia costitutiva di un intelligibile delle denotanti qualitative che siano
ragion sufficiente, assoluta e perfettamente definita rispetto a questa sua
funzione di quel qualsivoglia rapporto formale di cui le qualità sono biffa, è
lecito ammettere che quel senso comune riflette con quella sua pretesa
l'effettuale condizione della dialettica di doversi rifare alla materia per
giustificare la forma e viceversa; e anche coloro i quali, come Kant, hanno
preteso di inferire da una scissione irrelata delle due una liceità di
indipendenza reciproca delle dialettiche della verità formale e delle dialettiche
della verità materiale e di ritrovare le prove di tale liceità negli errori
della ragione umana, che essi chiamano nel loro insieme dialettica, non si sono
accorti che di una ragione che costruisca dialettiche col solo sussidio della
forma non c'è traccia dentro di noi, essendo essa un'immagine autocosciente
problematica che perde apoditticità ed ontità non appena la sfera delle
dialettiche, prendendo contatto con se stessa, acquista autocoscienza
dell'illegittima((ità)) di manipolare strutture formali indipendentemente dalla
materia da esse correlata e del fatto che essa a siffatte manipolazioni non
s'abbandona mai: giacchè è vero che una dialettica o una serie di dialettiche
perde contatto con la materia legittima e con ciò cessa di essere conseguenza
di un'inferenza che fondi la sua verità materiale, ma alla condizione di
assumere una certa qualsivoglia altra materia la quale, assunta con la verità
materiale che non le spetta, entra con la forma in quel rapporto di
condizionamento reciproco e di continuità indisgiungibile che è di tutte le
dialettiche, valide per verità materiale o false per offesa alla verità
materiale; per questo è illusorio che sia lecita l'ontità autocosciente di un
ontico che è una forma, pura e assoluta, e che non sia lecita la stessa ontità
per la materia, come pure è illusorio che sia lecita una definizione sia della
forma che della materia la quale non coinvolga denotanti appartenenti di
diritto, o indirettamente o direttamente, alla comprensione dell'intelligibile
altro da quello che definisce; per materia di un intelligibile si intende
l'ontico autocosciente che è biffa di una dialettica, in quanto l'ontico sia
considerato sotto il punto di vista della funzione che la sua modalità di biffa
di questa dialettica autocosciente gli dona, e cioè di essere termine di una
concentrazione d'attenzione e principio e insieme fine dello spostamento
d'attenzione che pel fatto stesso di muoversi da esso verso l'altra biffa, che
è pure materia, cade nella necessità di riflettersi su di sé e di capovolgere
il proprio moto, e in quanto la dialettica sia denotata dall'insieme degli
attributi dell'intelligibilità; per forma di un intelligibile s'intende il
rapporto fra due intelligibili i quali in forza del rapporto si fanno materie
del rapporto e insieme biffe della dialettica o spostamento d’attenzione
dall'uno all'altro, in quanto il rapporto sia denotato da una certa sua
materia,
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costituita dal fatto che si
fa esso stesso biffa di una dialettica che ne disarticola le note peculiari
dalle generiche e dalle categoriali, e dall'insieme degli attributi
dell'intelligibilità e costituisca le modalità ontiche dello spostamento
d'attenzione, venendo così a coincidere con una porzione della comprensione di
questo e quindi a connotare l'intera sua comprensione dei suoi stessi attributi
di intelligibilità, e in quanto i due intelligibili, che son biffe e materie
della dialettica, siano entrambi materia, o apodittica o problematica,
dell'ontico intelligibile della cui forma si tratta e che coincide, per questo
rilievo dato alla sua forma, con la dialettica stessa; dai due discorsi, a
parte che risulta la necessità per l'attenzione disarticolante le comprensioni
di una forma e di una materia di saltare dalla prima alla seconda per
dialettizzare le denotanti della prima stessa e dalla seconda alla prima per
ottenere lo stesso risultato nella seconda, viene a) che la materia di un
intelligibile è la dipendente funzionale, almeno rispetto alla sua ontità e
alla sua modalità autocosciente di materia, delle operazioni che hanno a loro
principio condizionante e motore l'attenzione e il cui insieme chiamiamo
dialettica, con la conseguenza che nessuna materia è ontico autocosciente con
tale attributo fuori da una dialettica e da quei rapporti o forme che la
denotano, b) che data la necessaria inversione di moto dello spostamento
d'attenzione e dati gli attributi di intelligibilità che debbono connotare il
modo secondo cui lo spostamento d'attenzione si rende autocosciente, la necessità
e identità funzionale e qualitativa del duplice movimento esclude che la
materia delle sue biffe goda di attributi altri da questi e quindi non sia essa
stessa intelligibile, in quanto la materia del rapporto peculiare di quel certo
spostamento d'attenzione è elevazione all'autocoscienza e insieme adesione,
come a falsariga, dell'attenzione a ciò che l'autocoscienza dell'ontità e dei
modi ontici della materia dell'una biffa opera sull'autocoscienza dell'ontità e
dei modi ontici della materia dell'altra e viceversa, ossia al dato
autocosciente che l'autocoscienza dei primi arricchisce di nuove denotanti
l'autocoscienza dei secondi e viceversa secondo quel modo ontico che,
intervenendo ad arricchire o definire uno spostamento d'attenzione fra due
autocoscienti che sia indefinito, chiamiamo funzione o rapporto funzionale, con
la conseguenza che lo spostamento d'attenzione, che è una delle denotanti di
una dialettica e che è denotato da un certo rapporto che è uno speciale oltre
che un intelligibile, deve ritrovare in questa sua adesione al rapporto
funzionale delle due materie altrettanti fattori di intelligibilità quanti sono
gli attributi di intelligibilità che esso stesso, con la sua dialettica e il
suo rapporto peculiare, alberga, il che non è lecito se gli stessi attributi
non giacciono entro la funzione e quindi entro l'ontità e almeno alcuni dei
modi ontici di ciascuna materia e quindi in ciascuna materia - sembra che
questo condizionamento dell'intelligibilità almeno parziale della materia
sull'intelligibilità della dialettica e di tutto ciò che denota la comprensione
di questa, sia legittimo per le biffe che non siano né dei qualitativi
sensoriali né dei quantitativi, dei primi perché la loro molteplicità e
variabilità essenziali esclude la garanzia di una loro necessità e identità,
dei secondi perché l'esclusione dalla loro comprensione
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di una necessaria
invariabilità e di una costante coincidenza con se stessi è principio di
esclusione di una loro necessità e identità che sia assoluta ed estranea alla
dipendenza funzionale dalla materia della biffa con cui son equazionati, sicché
di queste l'una o ci si ostina, come io faccio, a ricondurre la materia e
l'intelligibilità di una forma alla materia e all'intelligibilità delle sue
biffe, e allora cade la liceità di un qualsiasi intelligibile, che, se è
qualitativo, deve avere a sue biffe o dei sensoriali, la cui intelligibilità
cassa l'intelligibilità della forma e quindi della dialettica, e, con ciò,
esclude un ontico autocosciente intelligibile in genere, o degli astratti dai
sensoriali i quali non sono che o modi della sensorialità in genere o rapporti
immanenti in un aggregato di sensoriali, modi o rapporti che non si vede da
dove mutuino un'intelligibilità data la loro dipendenza ontica o modale dai
sensoriali, mentre, se è un quantitativo, deve anch'esso lasciare andare una
sua pretesa all'intelligibilità dato che l'inferenza della forma della sua
dialettica dalla sua materia variabile frutterebbe alla forma la variabilità
dell’inintelligibile, oppure si separa nettamente la forma dalla materia e si
fa dipendere l'intelligibilità dell'intelligibile e della dialettica
intelligibile unicamente dall'intelligibilità della prima, lasciando la materia
al suo destino di inintelligibile in sé libero di restare quel che è se le
dialettiche non lo inseriscono nelle loro forme e pronto a salire al livello
dell'intelligibile se una dialettica lo fa biffa della sua forma, senza
tuttavia per questo modificare la sua essenza inintelligibile e giacendo nella
sfera dell'intelligibile come un apolide cui i diritti di cittadinanza sono
temporaneamente donati da qualcosa d'altro dalla sua origine e natura e durano
finché dura questo dono, e allora si concede un certo margine di ontità a un intelligibile
in genere che non sia solo forma ma anche forma con materia altra da quella
della forma, il quale però ha la sua ragione solo dalla forma, come, in fondo,
fa la matematica i cui intelligibili sono anzitutto forme o rapporti
intelligibili i quali o si fanno essi stessi materia di una dialettica, la cui
legittimità di autocosciente intelligibile coincide allora con la forma
dialettizzata, o accettano a materia delle quantità variabili la cui
legittimità di autocoscienti intelligibili non dipende dalla qualità variabile
di questa o quella quantità ossia dalla sua definizione in uno dei modi con cui
una quantità che sia quantificazione è lecito sia autocosciente, ciascuno dei
quali in quanto sostituibile a piacimento da un altro, e in sé e relativamente
a quella forma di cui dovrebbe diventare biffa, non trae da sé nessuna
intelligibilità né per sé né per la forma di cui è biffa, ma dalla funzione o
rapporto con cui si legano fra loro per azione della forma, il qual rapporto,
conseguenza e non principio della forma, o meglio immanenza della forma nel
quantificato, permane costante nonostante l'indefinito variare dei modi
qualitativi definiti della quantificazione in genere e con ciò prescinde al
pari della forma per la propria modalità o materia e per la popria
intelligibilità dalla materia quantitativa in cui immane; infatti, la
matematica sembra operare proprio così: avendo a disposizione una gerarchia di
rapporti intelligibili che scendono da forme categoriali a forme sempre più
speciali sino ad arrestarsi al livello
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