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di quelle forme che
rivestono entro la gerarchia il ruolo di specie infime, e ritrovando in
ciascuna specie infima non solo le denotanti di tutti i generi sovraordinati e
le denotanti specifiche della specie, ma anche la capacità di afferrare con le
tenaglie estreme, di cui è dotata in quanto rapporto, ontici autocoscienti e di
inserire simultaneamente nell'autocoscienza dell'ontità e dei modi dell'uno,
fatto in tal modo biffa di una dialettica della cui comprensione la specie
infima è denotante, la necessità di agire, arricchendole, sull'ontità
autocosciente e sui modi autocoscienti dell'altro, fatto a sua volta e nello
stesso modo secondo biffe della stessa dialettica, necessità di agire che è la
funzione o rapporto funzionale che l'una biffa lega all'altra, genera
dialettiche le cui biffe sono delle quantificazioni variabili, nella qualità o
modo particolare con cui hanno la liceità di definirsi, e indipendenti dalla
essenza natura modalità ontica degli autocoscienti di cui sono quantificazione,
e, in forza dell'intelligibilità in sé e per sé delle forme delle dialettiche e
in forza della loro capacità di principi della funzione reciproca delle
variabili dialettizzate, estende l'intelligibilità delle prime alla dialettica,
alle funzioni, alla materia variabile delle quantità biffate, e addirittura sia
alla materia di quelle quantità biffate che sono modi qualitativi definiti
della quantificazione in generale, sia alla materia di quelle sensazioni
biffate la cui quantificazione sia un modo qualitativo definito della
quantificazione in generale; la matematica, dunque, trae dalla forma
intelligibile e specie infima che è quel certo rapporto in sé e per sé
intelligibile della addizione, ossia della equivalenza tra un certo ontico
autocosciente e un gruppo di certi altri ontici autocoscienti indipendentemente
da qualsiasi rapporto di equivalenza o di identità reciproca e indipedentemente
da qualsiasi rapporto reciproco in genere siano della totalità di quello parti
tali per cui, se uniti in continuità, riproducono la modalità di questa, se
disarticolati in giustapposizioni, riproducono una modalità della totalità che
è una fra le tante che la denotano e che coincide con la liceità della sua
disarticolazione in ontici autocoscienti ordinatamente e simultaneamente
identici ai primi, le intelligibilità della forma, della dialettica A+B=C, che
ha a materia le quantificazioni variabili A, B, C, della funzione che A + B e C
acquistano l'uno nei confronti dell'altro, della dialettica 3+2 =5 e della
funzione che 3 +2 ha nei confronti di 5 e di 5 nei confronti di 3+2, ecc.,
della dialettica a livello sensoriale 3 rossi + 2 rossi = 5 rossi; e per questo
la matematica a un certo momento ha superato la dualità delle dialettiche
aritmetiche, che risultano perfettamente ossequienti a siffatto modo che essa
erige a costante di tutte le sue dialettiche, e delle dialettiche geometriche,
le quali, almeno in un propria porzione o in alcune delle proprie denotanti,
non risultavano del tutto aderenti al modo come quelle che non riuscivano a far
a meno di quei dati sensoriali che sono le sensazioni delle linee, dei piani,
dei solidi, e ha attuato l'elisione del dualismo con l'analisi cartesiana, per
cui tutte le dialettiche geometriche si riducono a dialettiche aritmetiche; la
stessa ragione allora, quando s'è trovata di fronte all'aporia di intelligibili
da dichiararsi immanenti inautocoscienti in quell'unica sfera di ontici
autocoscienti
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