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che aveva il diritto di
dimostrare valida la propria pretesa di godere di ontità legittima, ossia entro
le intuizioni sensoriali, ha cercato di sfuggire al dilemma (di negare una
sfera di intelligibili, che non era lecito escludere dall'autocosciente se non
altro rispetto a quel dato incancellabile di avere a denotanti gli attributi
dell'intelligibilità che è dato escludere dall'immanenza legittima in qualsiasi
ontico autocosciente, ma non privare di ontità autocosciente, o di lasciarla
sussistere in dialettiche che, una volta accettate per legittime fin che hanno
a biffe gli attributi dell'intelligibilità e quei rapporti la cui materia
indubitabilmente alberga questi attributi, debbono anche essere legittimate
quando ritrovano in sé gli stessi attributi e gli stessi rapporti ma unificati
con una materia sensoriale che o, contro il dato di fatto immediato della sua
essenza, deve venir connotata da intelligibilità per non offendere la
legittimità delle seconde dialettiche, o, contro la legittimità di queste,
devono venir lasciate nella loro inintelligibilità), riprendendo la struttura
delle dialettiche matematiche e la loro discrezione della forma dalla materia;
ma val la pena di chiedersi se veramente la matematica vive su tale discrezione
in quanto ontico autocosciente intelligibile e legittimo: anzitutto, si osserva
che la riduzione delle dialettiche geometriche a dialettiche aritmetiche vive
su quel dato primo geometrico che sono le dialettiche degli assi cartesiani e
che queste hanno il diritto di prescindere, per la legittimità
dell'intelligibilità del complesso dialettico cui partecipano,
dall'intelligibilità dei modi ontici particolari di cui i loro intuiti
autocoscienti, che sono sensoriali immaginari, si rivestono non intelligibilmente,
ma non di smarrire totalmente il modo ontico generico dell'intuizione di tipo
sensoriale, la quale quindi si riveste di necessità che dona a una parte almeno
dei singoli intuiti in quel certo modo spazio tempo quantità la necessità e l'intelligibilità,
e si nota anche che se è vero che questa intelligibilità pare scissa da quella
delle forme geometriche che connettono le intuizioni delle linee secondo il
rapporto che ne fa degli assi cartesiani, è pure vero da un lato che
l'intelligibilità della forma dona con necessità alle intuizioni quel certo
modo di esistere relazionale che ne fa degli assi, dall'altro che la necessità
e costanza del modo intuitivo secondo cui gli assi esistono in sé dona con
necessità alla forma l'ontità autocosciente e inoltre che, sebbene non siano
dati ontici autocoscienti che, inferiti dagli assi, in quanto mere intuizioni,
come denotanti della loro comprensione, dimostrino apoditticamente l'immanenza
essenziale entro ciascun dato della funzione che lo lega all'altro e quindi
della forma cui le funzioni si connettono, neppure è dato, come vorrebbe Kant,
un ontico autocosciente che sia ragione dell'apriorità e quindi indipendenza,
per ciò che riguarda l'intelligibilità, della forma del dato intuito, in quanto
di fatto e di diritto si ha solo l'autocoscienza della simultaneità dei due,
della intelligibilità, come identità e immutabilità, delle forme, della
intelligibilità, come necessità di una certa essenzialità generica,
dell'intuito che è materia delle forme, sicché nulla impedisce sia di rilevare
che alla dipendenza funzionale dell'ontità della materia dall'ontità della
forma si giustappone la dipendenza funzionale opposta dell'ontità della forma
da quella della materia,
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sia di stabilire che
l'impossibilità di un'inferenza della ragione della funzione e della forma
dalla materia dell'intuito non annulla l'impossibilità della forma e della
funzione di avere ontità senza la materia, e quindi di osservare che o l'
apriorismo della forma è acronico e meramente funzionale, nel qual caso, data
la necessità dell'intuire in generale ai fini di un'ontità autocosciente e
quindi intelligibilità della forma, non si vede come sia lecito distinguere
una, per dir così, matrice del sensoriale la quale sia assolutamente
inintelligibile pur dovendo generare necessariamente del necessario nella sua
genericità, da una per così dire, matrice, la quale sia assolutamente
intelligibile e perciò eterogenea ed onticamente altra dalla prima pur non
avendo la liceità di generare senza di essa, essendo perciò necessario
identificare le due o unificarle in un unico necessario, il che è poi quanto fa
Kant col suo Io Penso che se è matrice del formale lo è anche del sensoriale, o
l'apriorismo della forma è diacronico e di fatto e di diritto ontico, nel qual
caso si ha l'impossibile di un ontico che ha ontità indipendentemente da
quell'intuito senza cui resta privo di ontità autocosciente, e di un ontico che
è condizione di una dialettica e dialettica esso stesso e quindi necessitante
uno spostamento d'attenzione e l'autocoscienza, che è concomitante necessaria
di questo, e che insieme rinuncia all'autocoscienza per porsi indipendentemente
da ciò senza cui non è con autocoscienza; d'altra parte, se resta inamovibile
l'impossibilità di dedurre da quelle due linee degli assi una denotante che sia
ragione sufficiente della loro forma di ortogonali, la necessità di quella loro
essenza generica che è la loro sensorialità, inferita com'è dalla necessità
della forma pel medio della dipendenza dell'ontità autocosciente della forma
dall'ontità autocosciente degli intuiti, ammette, sia pure come concetto
problematico, l'immanenza, entro la stessa essenza generica di un sentire in
generale, di una funzione necessaria nei confronti di un altro sensoriale,
funzione che è insieme un agire su esso e un patire da esso secondo un nesso la
cui manifestazione è il rapporto formale, essendo la problematicità del
concetto coincidente con l'impossibilità di porre nell'autocoscienza un ontico
che sia ragione della funzione senza coincidere con la funzione stessa; ora, la
problematicità del giudizio categorico che predica al sensoriale in genere la
denotante problematica che è ragione della sua funzione, è pari a quella del
giudizio categorico che predica all'Io Puro le due matrici, di cui sopra,
acronicamente e simultaneamente generanti i loro prodotti entro l'autocoscienza
dell'Io Empirico; e non vedo ragioni valide ad approvare la seconda a disfavore
della prima; anzi, il fatto che nulla impedisce di trattare il sensoriale come
un indice o un segno di una ontità, autocosciente oppur no, che è altra dal
sensoriale stesso, se non l'impossibilità di trovare nel sensoriale ontici
autocoscienti che sian fonti necessarie dei rapporti intelligibili che lo investono,
impossibilità che sussiste solo finchè non ci si accorge che il rapporto
intelligibile non è tanto alieno e indipendente dal sensoriale quanto si crede
a prima vista, subentra, in appoggio della prima problematicità, a porre,
ancora come problematica, la connessione del sensoriale con un ontico, privo
dell'autocoscienza di condizione umana, un cui modo la cui ontità sia
condizione necessaria di sé
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