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resta sempre che gli assi
cartesiani sono un tutto solo che permane invariabile e costante e identico a
sé non solo relativamente alla forma ma anche all'essenza della materia, sicché
delle due l'una o noi identifichiamo l'intelligibilità del tutto con quella
della forma e, sganciando l'ontità della forma dalla sensorialità della
materia, in ciò che questa ha di essenziale e di specifico, facciamo delle
linee due assolutamente variabili, e in questo caso siamo tenuti o a fornire a
ragione sufficiente del fatto che tale forma non si dà senza ciò che di
generico si dà in quella sua materia, non un'interpretazione di tipo kantiano,
la quale, a parte le aporie di cui si riempie, offre come ragion sufficiente
del fatto il fatto stesso (la ragione per cui le sensazioni non si danno senza
un rapporto geometrico e per cui la forma degli assi cartesiani non si dà senza
sensazioni è che la materia del sensoriale esiste solo con lo spazio e la forma
dello spazio è autocosciente solo con il sensoriale, e la ragione di questo
rapporto di interdicondizionamento è che gli ontici autocoscienti intuiti
debbon esser fatti così), ma, un'interpretazione che, scavalcando la
specificità delle sensazioni delle linee che sono l'unica variabile entro il
tutto degli assi cartesiani e scendendo entro la necessaria interdipendenza fra
l'essenza generica delle prime e la necessità intelligibile della forma o
riesca a riapprodare alla dottrina kantiana, col fornire sia pure come concetto
problematico un'esistenza della forma fuori dal sensoriale tutto e quindi col
dimostrare la totale variabilità di una qualsivolia materia entro tale forma, e
quindi l'assoluta indipendenza della forma dalla materia, o, di fronte
all'impossibilità, di far questo, della quale lo stesso Kant si rende conto
quando spezza l'omogeneità generica del formale apriori nell'eterogeneità delle
due specie del formale dell'intuito che sarebbe una specie di conformazione
apriori della matrice del sensoriale che costringe questo ad entrare
nell'autocoscienza secondo quei modi che sono i rapporti geometrici uno dei
quali è l'ortogonalità dei due assi cartesiani, e del formale del concetto che
sarebbe un in sé e per sé che entra come denotante in un tutto preesistente e
capace di esistere senza di esso, si adatti ad accettare che il condizionamento
necessario dell'ontità generica del sentire, propria delle linee, sull'ontità
dell'ortogonalità è, entro l'uno-tutto degli assi, qualcosa di più che una
semplice dipendenza di due ontità e deve riferirsi a qualcosa che è del
sensoriale o in quanto tale, ossia in quanto linee che ora sono lì ora sono
altrove, o in quanto tutto qualitativo di figura geometrica di cui linee e
forma non sono che due porzioni; donde è lecito concludere che la pretesa della
matematica di ricondurre il geometrico a quell'aritmetico in cui le forme
paiono totalmente indipendenti dalla materia è infondata sia perché ha a suo
principio ineliminabile un geometrico sia perché in questo la distinzione del
formale dal materiale è da un certo punto di vista impossibile a condursi a
perfezione totale, ossia a discrezione assoluta,
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da un altro punto di vista
problematica, se non altro, se la si vuol fondare su di una dottrina di tipo
kantiano, illecita da un terzo punto di vista quando si tenga conto che la
dipendenza del formale dal materiale per ciò che riguarda la mera ontità del primo
deve pure rimandare alla stessa dipendenza per ciò che riguarda le, diciamo
così, qualificazioni dell'uno e dell'altro; che se poi si tien presente che
quest'ultimo modo di pensare è di quanti han diviso il matematico dal
qualitativo fenomenico e naturale, i quali han dedotto l'intelligibilità del
formale matematico dall'intelligibilità di ontici totali che sono sintesi di
materia e di forma geometrica e che mutuano il proprio intelligibile o
dall'innatezza o da ciò che le dialettiche autocoscienti vi introducono quando
li costruiscono, e se si tien conto di questo che le aporie di un kantismo che
isola la forma della materia non sono né inferiori di numero né meno libere da
una complicazione e moltiplicazione dei presupposti cui si ricorre per risolverle di quanto non lo siano quelle di chi si
ostina a cercare un certo rapporto qualitativo oltre che ontico fra la materia
e la forma, si troverà se non altro sgombra la strada per affermare che negli
assi cartesiani la forma geometrica non è né discreta né discrezionabile dai
sensoriali senza l'ontità e la qualità dei quali non sussiste; in secondo
luogo, si nota, entro gli stessi rapporti aritmetici, che la loro forma gode di
uno sganciamento dalla materia molto meno assoluto di quel che vi si vede e vi
si avverte: una volta che si ripartiscano le forme matematiche nelle tre classi
dei rapporti di equazione, o equivalenza, dei rapporti di giustapposizione di
identici nella sintesi di un tutto unitario, quella che Kant chiama di
successione diacronica di unità o di ontici trattati come unità, dei rapporti
che intervengono entro una molteplicità di ontici diversi o uguali, ma comunque
discreti, a costituirne un'unificazione il cui equivalente o equazionato è un
tutto unico, se è vero che ciascuna di queste forme è un intelligile che è
molto più indipendente dalla materia delle sue biffe di una forma geometrica e
lo è tanto di più quanto meno ha bisogno di avere a materia dei quantificati
definitivamente ossia dei modi qualitativi che la quantificazione in generale
assume se non altro quando si correla con un aggregato fenomenico di sensoriali
a rendere autocosciente l'intelligibile quantitativo che vi immane o che si
pretende vi immanga inautocosciente, se è vero che di questa indipendenza è
conseguenza immediata la liceità di sostituire alla materia delle biffe degli
ontici autocoscienti che sono supposizione di particolari segni e che hanno a
loro materia una quantificazione in quanto però mutevole ossia definibile con
una dei vari modi qualitativi del quantificato in genere, è altrettanto vero
che ciascuna delle tre classi di forme non vede la propria indipendenza farsi
assolutamente discreta e irriducibilmente eterogenea dalla materia delle biffe:
il rapporto di giustapposizione di identici in un tutto sintetico unitario è
vero che sembra a tal punto libero dalla comprensione materiale di ciascuna
delle unità identiche da godere della liceità di ripetersi indefinitamente
assumendo a ogni propria ripetizione una nuova biffa identica alle altre senza
che nessuna incidenza si abbia sul rapporto e sulla sua ripetizione al mutare
della comprensione o modo quantitativo della biffa;
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