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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 252 - 301 F2
    • 273
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- 401 -


[pag 401 (273 F1/2)]

resta sempre che gli assi cartesiani sono un tutto solo che permane invariabile e costante e identico a sé non solo relativamente alla forma ma anche all'essenza della materia, sicché delle due l'una o noi identifichiamo l'intelligibilità del tutto con quella della forma e, sganciando l'ontità della forma dalla sensorialità della materia, in ciò che questa ha di essenziale e di specifico, facciamo delle linee due assolutamente variabili, e in questo caso siamo tenuti o a fornire a ragione sufficiente del fatto che tale forma non si senza ciò che di generico si in quella sua materia, non un'interpretazione di tipo kantiano, la quale, a parte le aporie di cui si riempie, offre come ragion sufficiente del fatto il fatto stesso (la ragione per cui le sensazioni non si danno senza un rapporto geometrico e per cui la forma degli assi cartesiani non si senza sensazioni è che la materia del sensoriale esiste solo con lo spazio e la forma dello spazio è autocosciente solo con il sensoriale, e la ragione di questo rapporto di interdicondizionamento è che gli ontici autocoscienti intuiti debbon esser fatti così), ma, un'interpretazione che, scavalcando la specificità delle sensazioni delle linee che sono l'unica variabile entro il tutto degli assi cartesiani e scendendo entro la necessaria interdipendenza fra l'essenza generica delle prime e la necessità intelligibile della forma o riesca a riapprodare alla dottrina kantiana, col fornire sia pure come concetto problematico un'esistenza della forma fuori dal sensoriale tutto e quindi col dimostrare la totale variabilità di una qualsivolia materia entro tale forma, e quindi l'assoluta indipendenza della forma dalla materia, o, di fronte all'impossibilità, di far questo, della quale lo stesso Kant si rende conto quando spezza l'omogeneità generica del formale apriori nell'eterogeneità delle due specie del formale dell'intuito che sarebbe una specie di conformazione apriori della matrice del sensoriale che costringe questo ad entrare nell'autocoscienza secondo quei modi che sono i rapporti geometrici uno dei quali è l'ortogonalità dei due assi cartesiani, e del formale del concetto che sarebbe un in sé e per sé che entra come denotante in un tutto preesistente e capace di esistere senza di esso, si adatti ad accettare che il condizionamento necessario dell'ontità generica del sentire, propria delle linee, sull'ontità dell'ortogonalità è, entro l'uno-tutto degli assi, qualcosa di più che una semplice dipendenza di due ontità e deve riferirsi a qualcosa che è del sensoriale o in quanto tale, ossia in quanto linee che ora sono ora sono altrove, o in quanto tutto qualitativo di figura geometrica di cui linee e forma non sono che due porzioni; donde è lecito concludere che la pretesa della matematica di ricondurre il geometrico a quell'aritmetico in cui le forme paiono totalmente indipendenti dalla materia è infondata sia perché ha a suo principio ineliminabile un geometrico sia perché in questo la distinzione del formale dal materiale è da un certo punto di vista impossibile a condursi a perfezione totale, ossia a discrezione assoluta,


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[pag 402 (273 F2 /3)]

da un altro punto di vista problematica, se non altro, se la si vuol fondare su di una dottrina di tipo kantiano, illecita da un terzo punto di vista quando si tenga conto che la dipendenza del formale dal materiale per ciò che riguarda la mera ontità del primo deve pure rimandare alla stessa dipendenza per ciò che riguarda le, diciamo così, qualificazioni dell'uno e dell'altro; che se poi si tien presente che quest'ultimo modo di pensare è di quanti han diviso il matematico dal qualitativo fenomenico e naturale, i quali han dedotto l'intelligibilità del formale matematico dall'intelligibilità di ontici totali che sono sintesi di materia e di forma geometrica e che mutuano il proprio intelligibile o dall'innatezza o da ciò che le dialettiche autocoscienti vi introducono quando li costruiscono, e se si tien conto di questo che le aporie di un kantismo che isola la forma della materia non sono né inferiori di numero né meno libere da una complicazione e moltiplicazione dei presupposti cui si ricorre per risolverle  di quanto non lo siano quelle di chi si ostina a cercare un certo rapporto qualitativo oltre che ontico fra la materia e la forma, si troverà se non altro sgombra la strada per affermare che negli assi cartesiani la forma geometrica non è né discretadiscrezionabile dai sensoriali senza l'ontità e la qualità dei quali non sussiste; in secondo luogo, si nota, entro gli stessi rapporti aritmetici, che la loro forma gode di uno sganciamento dalla materia molto meno assoluto di quel che vi si vede e vi si avverte: una volta che si ripartiscano le forme matematiche nelle tre classi dei rapporti di equazione, o equivalenza, dei rapporti di giustapposizione di identici nella sintesi di un tutto unitario, quella che Kant chiama di successione diacronica di unità o di ontici trattati come unità, dei rapporti che intervengono entro una molteplicità di ontici diversi o uguali, ma comunque discreti, a costituirne un'unificazione il cui equivalente o equazionato è un tutto unico, se è vero che ciascuna di queste forme è un intelligile che è molto più indipendente dalla materia delle sue biffe di una forma geometrica e lo è tanto di più quanto meno ha bisogno di avere a materia dei quantificati definitivamente ossia dei modi qualitativi che la quantificazione in generale assume se non altro quando si correla con un aggregato fenomenico di sensoriali a rendere autocosciente l'intelligibile quantitativo che vi immane o che si pretende vi immanga inautocosciente, se è vero che di questa indipendenza è conseguenza immediata la liceità di sostituire alla materia delle biffe degli ontici autocoscienti che sono supposizione di particolari segni e che hanno a loro materia una quantificazione in quanto però mutevole ossia definibile con una dei vari modi qualitativi del quantificato in genere, è altrettanto vero che ciascuna delle tre classi di forme non vede la propria indipendenza farsi assolutamente discreta e irriducibilmente eterogenea dalla materia delle biffe: il rapporto di giustapposizione di identici in un tutto sintetico unitario è vero che sembra a tal punto libero dalla comprensione materiale di ciascuna delle unità identiche da godere della liceità di ripetersi indefinitamente assumendo a ogni propria ripetizione una nuova biffa identica alle altre senza che nessuna incidenza si abbia sul rapporto e sulla sua ripetizione al mutare della comprensione o modo quantitativo della biffa;




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